SUNDANCE 2021 Concorso World Cinema Documentary
Sam Hobkinson • Regista di Misha and the Wolves
"È una storia sull'atto di raccontare storie"
di Marta Bałaga
- Abbiamo parlato con il regista del suo documentario, in cui non sono i lupi i veri cattivi
Presentato al Sundance nel concorso World Cinema Documentary, Misha and the Wolves [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Sam Hobkinson
scheda film] racconta la storia di Misha Defonseca, autrice di Sopravvivere coi lupi, un best-seller nel quale l’autrice narra la sua orribile infanzia, che poi si è rivelata essere completamente falsa. Abbiamo parlato del film con il regista Sam Hobkinson.
Cineuropa: Il film richiama alla mente la controversia su The Painted Bird. È pazzesco quanti casi simili conosciamo.
Sam Hobkinson: Le "false autobiografie" sono un genere letterario. Quando il libro di Misha venne pubblicato, c'erano parecchie autobiografie scritte da persone che avevano effettivamente sofferto gli orrori dell'Olocausto. Si trattava di ebrei che avevano solo ingigantito le loro esperienze. Ma per me, questa storia aveva diversi strati di verità, una serie di colpi di scena, e parlava di questa "industria dell'Olocausto", nella quale i sopravvissuti sono quasi attori che "recitano" nelle loro stesse storie. Probabilmente si trattava di una piccola bugia che crebbe a dismisura, fino al punto in cui era impossibile venirne fuori. Non voglio respingere del tutto l'idea secondo cui abbia creato questo mondo immaginario per lenire il suo dolore, poiché penso che quest'ultimo sia parte integrante della sua storia, ma è meglio per noi pensare che lei ci credesse davvero. Non siamo così stupidi, non ci facciamo ingannare. Ma non è stato solo uno stratagemma per fare soldi, perché c'erano modi molto più semplici per farli. Era incuriosita dalla fede ebraica: il suo primo marito era ebreo e lei si identificava davvero nella loro sofferenza.
Ha ragione: non è mai andata a fondo in quella storia. Dopotutto, non è stata in grado di mentire a Oprah Winfrey e rifiutò di apparire nel suo show!
Stranamente, poco dopo, la vediamo apparire dal vivo in uno show belga riuscendo a cavarsela egregiamente. Chi lo sa... Era la dimensione internazionale di Oprah che le fece pensare che [la verità] sarebbe venuta a galla, o forse pensava di non essere capace di mentire a così tante persone allo stesso tempo? Ad essere onesti, penso che fosse irritata col suo editore, e potrebbe aver deciso di non andarci per fargli un dispetto. È tutto molto complesso, ed è questo che lo rende interessante.
Senza spoilerare troppo, ha "preso in prestito" questo concetto di inganno nel film. È come guardare un adattamento di Agatha Christie, in cui ognuno recita la propria parte: il conduttore radiofonico, l'insegnante e così via.
Il sopravvissuto all'Olocausto, l'editore... Strutturalmente, mi sembrava di poter introdurre tutti questi nuovi personaggi che avrebbero potuto gettare nuova luce sulla storia. Volevo fare un film che iniziasse come un documentario storico per poi evolversi in un thriller psicologico. Volevo mettere il pubblico nella stessa posizione dei personaggi del film, in modo che le rivelazioni sembrassero reali.
Lo rende più intrigante, anche se è una storia oscura. Vedere un'anziana signora diventare una detective così capace... Meriterebbe uno spin-off incentrato su di lei.
Non avrei mai immaginato potesse avere un ruolo così importante nel film, ma lei non aveva un secondo fine: voleva solo scoprire cosa stesse succedendo. Non solo ha vissuto le stesse cose che Misha affermava di aver vissuto, ma non ne ha tratto alcun vantaggio. È stato un film difficile da girare: ci sono tutte queste persone che, in qualche modo, sono di parte e non volevo che avessero l'ultima parola. Ma abbiamo fatto in modo che Evelyn avesse questo momento nel quale parla di come sia passata dal ritenere orribile ciò che Misha aveva fatto al comprenderla almeno un po'. È una donna così complessa e, nonostante ciò, fa fatica a esprimere i suoi sentimenti. Questo riassume l'intero film.
C'erano parecchi soldi in ballo, ma quello che davvero colpì le persone è che qualcuno si fosse preso gioco di loro. Volevo includere persone come gli amici e i vicini di casa che per primi avevano sentito questa storia. Si sentivano in colpa per averla incoraggiata.
È quasi come se stesse testando il suo materiale su di loro.
Non credo che fosse tutto calcolato nei minimi dettagli. Era una semplice storia confortante che questa donna si rese conto di saper raccontare molto bene. In cambio, ha ottenuto compassione e fama, ma queste cose possono dare alla testa. Poi arriva qualcuno a chiederti: "Possiamo rendere questa storia ancora più grande?". Non credo fosse nei suoi piani, ma le andava bene. Si potrebbe dire che è una storia sull’atto di raccontare storie.
(Tradotto dall'inglese da Enrico Rossetti)
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