email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

SUNDANCE 2021 Concorso World Cinema Documentary

Salomé Jashi • Regista di Taming the Garden

"C'erano così tante sottotrame e sentimenti inespressi che sono rimasti nascosti"

di 

- Abbiamo parlato con la regista georgiana del suo film poetico, che documenta l'incredibile viaggio intrapreso da alcuni alberi secolari

Salomé Jashi • Regista di Taming the Garden
(© Sergi Barisashvili)

Presentato nel concorso World Cinema Documentary del Sundance Film Festival, Taming the Garden [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Salomé Jashi
scheda film
]
è un'ode surreale sia alla natura in senso stretto che alla natura umana. Nel film, le maestose immagini di alberi secolari che galleggiano sul mare, come sogni inquietanti, prendono forma davanti agli occhi dello spettatore. La regista Salomé Jashi ci ha spiegato qualcosa in più del film.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
madridfilmoffice_2024

Cineuropa: Come è riuscita ad avere il permesso di girare e come si è guadagnata la fiducia delle persone che lei ha seguito con la sua cinepresa?
Salomé Jashi: Gran parte del lavoro di trapianto era svolto in spazi pubblici o era visibile da uno spazio pubblico. Quindi, in alcuni casi, ci recavamo semplicemente nel luogo in cui si stava sradicando un albero o iniziavamo le riprese senza avere un permesso ufficiale. Ma soprattutto, abbiamo costruito una rete di contatti in molte località diverse, stabilendo un rapporto più intimo di fiducia e collaborazione con gli ingegneri e le persone addette all'esecuzione del lavoro. Dato che giravamo da mesi e ormai avevano avuto modo di conoscerci molto bene, abbiamo ricevuto il permesso di filmare momenti abbastanza discreti da vicino. Io e il mio ricercatore eravamo spesso molto sorpresi e ci chiedevamo come avremmo potuto filmare ogni fase del processo, che è anche piuttosto politico, considerando l'orientamento politico e il potere di Bidzina Ivanishvili, il miliardario dietro le quinte. Ma in qualche modo, ci siamo riusciti. Penso che sia stato possibile perché erano molto orgogliosi del loro lavoro: sollevare alberi pesanti oltre 1.000 tonnellate con le loro radici e il suolo e trasportarli via terra e via mare. Erano felici di mostrare quanto fosse eccezionale il loro lavoro.

Riuscire a parlare con gli abitanti del villaggio coinvolti, con i proprietari, è stata una sfida molto più difficile da affrontare. Eravamo considerati alla stregua di un canale televisivo governativo o di opposizione. Se ne stavano lì tranquilli o andavano via non appena la telecamera iniziava a filmare. C'è stato bisogno di molta determinazione e un sacco di spiegazioni per metterli a proprio agio davanti alla telecamera. "Chi sono io in confronto a Lui?" mi ha chiesto una donna anziana, di nascosto. C'erano così tante sottotrame e sentimenti inespressi che sono rimasti nascosti.

Le sue immagini sono molto potenti, come una breve poesia tagliente. Da dove viene la sua estetica così particolare? Come l'ha realizzata e cosa l'ha ispirata?
Quando filmo, penso ad ogni inquadratura come se fosse una singola scena. Deve avere più elementi, non un unico elemento centrale. E per questo scopo, utilizzo i grandangoli e i tagli distanziati. È un piacere riuscire a raccontare, con una sola inquadratura, una storia che ha uno sviluppo omogeneo e un guizzo finale. Per me, usare meno tagli nel montaggio significa rimanere più aderenti all'autenticità, creare una sensazione di presenza e godersi la pura realtà del momento.

Probabilmente sono stata ispirata da altri film e dipinti, come i documentari di Sergey Dvortsevoy e Sergei Loznitsa o le opere di Leos Carax, Gideon Koppel, Ulrich Seidl e Roy Andersson. Per quanto riguarda i dipinti, ammiro Pieter Bruegel e altri pittori fiamminghi. Nei miei film, utilizzo principalmente un'ampia profondità di campo, dove quasi tutto è a fuoco. Ci sono inquadrature che tratto come quadri in movimento capaci di evocare una sensazione a metà strada tra la realtà e l'irrealtà.

Cosa sta cercando di dirci con il suo film?
Che domanda complicata! Ci sono molte cose che vorrei dire con questo film, forse un po' troppe, in effetti. Nessuna di loro è così lampante e diretta. Spetta totalmente agli spettatori scoprire i vari livelli di interpretazione: possono scoprire quanto vogliono, quanto ritengono opportuno, in base alla loro prospettiva ed esperienza personale. Per me questo film è come un'escursione nel bel mezzo della natura. Magari, per un attimo, ti sembra di sentire un ululato in lontananza o di notare l'erba che ondeggia stranamente nella leggera brezza, o di sentire un'improvvisa folata di aria fredda sul collo sudato. A volte, questi momenti evocano sentimenti viscerali e altre volte sono momenti reali. In questo modo, il film diventa un'esperienza individuale.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese da Enrico Rossetti)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy