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Italia

Andrea Romeo • Distributore, I Wonder Pictures

"Non tutto è cambiato, ma non possiamo prevedere tutti gli aspetti di una trasformazione che ridisegnerà radicalmente il processo di fruizione"

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- Il direttore generale e responsabile acquisizioni della società di distribuzione italiana espone le sue strategie di distribuzione e marketing

Andrea Romeo • Distributore, I Wonder Pictures

Durante una chiacchierata, Andrea Romeo, il direttore generale e responsabile acquisizioni della società bolognese I Wonder Pictures, ci ha parlato della politica editoriale dell’azienda, della sua nuova line-up e delle strategie di distribuzione e marketing.

Cineuropa: Qual è la line-up della sua azienda? Può dirci qualcosa riguardo la vostra politica editoriale?
Andrea Romeo: Attualmente la nostra politica editoriale invita gli spettatori a guardare contenuti “intelligenti” ma divertenti, ponendo particolare attenzione alle commedie di qualità, un genere di cui si ha bisogno in questo periodo di difficoltà. Vorremmo regalare agli spettatori un po’ di risate, magia e ottimismo. L’azienda è stata istituita nel 2013 per la distribuzione dei documentari Searching for Sugar Man [+leggi anche:
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(2012) di Malik Bendjelloul, e The Act of Killing [+leggi anche:
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(2012) di Joshua Oppenheimer. Entrambi erano conformi alla politica editoriale di I Wonder, essendo impegnativi e allo stesso tempo appassionanti, grazie alle meravigliose modalità di storytelling, come suggerisce il nome stesso dell’azienda! [ride]. Successivamente, ci siamo dedicati ai film di finzione come Jimi: All Is by My Side (2013) di John Ridley, Frank [+leggi anche:
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(2014) di Lenny Abrahamson e Dio esiste e vive a Bruxelles [+leggi anche:
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(2015) di Jaco Van Dormael, molto ben accolto in Italia. Abbiamo poi distribuito anche altri titoli come Morto Stalin, se ne fa un altro [+leggi anche:
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(2017) di Armando Iannucci, La Belle Époque [+leggi anche:
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intervista: Nicolas Bedos
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(2019) di Nicolas Bedos e Palm Springs (2020) di Max Barbakow. Abbiamo lanciato più di 150 film dall’avvio della nostra compagnia. Nel complesso, ci siamo concentrati sulle commedie di grande importanza culturale e cinematografica – principalmente francesi, ma non solo. Abbiamo aggiunto al nostro programma anche film britannici, statunitensi e bulgari – per esempio, ci siamo occupati anche dei film di Kristina Grozeva e Petar Valchanov Glory [+leggi anche:
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(2016) e The Lesson [+leggi anche:
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(2014) – insieme ad altri documentari da tutto il mondo, tra i quali Gunda [+leggi anche:
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(2020) di Viktor Kossakovsky, My Generation [+leggi anche:
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intervista: David Batty
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(2017) di David Batty e Collective [+leggi anche:
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(2019) di Alexander Nanau.

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Quali sono le principali sfide e peculiarità del vostro mercato?
Ciò che conoscevamo riguardo al mercato, prima dell’arrivo del Covid, ovviamente non conta più. Dobbiamo iniziare a rivalutare l’industria con un giusto atteggiamento di comprensione e di ascolto. Non tutto è cambiato, ma non possiamo prevedere tutti gli aspetti di una trasformazione che ridisegnerà radicalmente il processo di fruizione. Per quanto riguarda l’Italia, è molto difficile distribuire titoli in tutto il Paese e c’è bisogno di instaurare di nuovo la fiducia tra i distributori e gli esercenti. Tuttavia, non posso escludere che lo scoppio della pandemia possa incoraggiare maggiore complicità e scambi tra i due settori. Inoltre, la sfida maggiore consiste nel trovare strategie integrate che aiutino gli esercenti a sentirsi più sicuri del potenziale dei loro titoli, e ciò può accadere solo attraverso una solida alleanza tra distributori ed esercenti.

Come vede il lavoro del distributore? Quale valore aggiunto comporta, specialmente nella promozione di film europei?
Per me la professione del distributore è una sorta di lavoro editoriale. Ho detto molte volte che mi sento più come un “editore di film”, poiché il termine “distributore” non descrive a pieno le nostre attività. Il nostro compito è quello di selezionare un certo titolo, curarlo e creargli un’identità per la stampa e per il pubblico. Questa è una parte importante del nostro lavoro, perché non possiamo semplicemente importare film, essi hanno bisogno di essere tradotti, adattati e valutati. Questa è la magia della nostra professione. Per esempio, abbiamo distribuito un film di Olivier Assayas intitolato Non-Fiction [+leggi anche:
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(2018). In Italia lo abbiamo presentato con il titolo “Il gioco delle coppie”, il che ha molto sorpreso i cinefili locali. Per questo film, abbiamo adottato una strategia di marketing più inclusiva e convenzionale, che ha permesso di conquistare un pubblico più variegato, diverso dal solito attratto dai film d’autore, diverso da quello coinvolto in Francia. Abbiamo lavorato su questo titolo insieme ad un’agenzia di vendite di cui mi fido ciecamente, Playtime. Il film è stato presentato a Venezia ed ha avuto un ottimo riscontro. Il titolo internazionale originale era molto elegante e abbastanza chiaro, per noi del settore. La Francia ha scelto di presentarlo con il titolo “Double Vie”, ma non lo abbiamo ritenuto un titolo abbastanza convincente per il mercato italiano. Abbiamo dunque proposto di mostrarlo in anteprima tre settimane prima del lancio francese, partendo con una distribuzione limitata durante il periodo natalizio per poi aumentarla verso la fine dell’anno. Abbiamo deciso di dare al film un titolo, un poster e un trailer completamente nuovi, promuovendolo come una commedia romantica e dando meno importanza al nome del regista. Il mercato italiano conosceva già le opere di Assayas grazie ai suoi film precedenti come Sils Maria [+leggi anche:
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(2014) e Cold Water (1994), che non hanno superato i 280.000 € di entrate. Grazie al lavoro editoriale di I Wonder Pictures, Non-Fiction ha incassato €695.873 e ha registrato 113.000 ingressi in Italia. Ovviamente, la nostra strategia volutamente fuorviante ha causato delle perplessità. Alcuni spettatori hanno espresso su Facebook il loro stupore trovandosi a vedere qualcosa di più impegnativo rispetto alla commedia leggera e divertente che si aspettavano.  Nonostante ciò, hanno gradito questo tipo di sorpresa. La gente ha percepito l’inganno, e devo aggiungere che generalmente la strategia opposta è rischiosa [cioè vendere un film più banale per uno d’essai]. È stato divertente! Ma questa non è una regola da seguire. Per esempio, per La Belle Époque (2019) di Nicolas Bedos abbiamo allineato la nostra distribuzione con quella francese – solo un giorno dopo – ed abbiamo mantenuto lo stesso titolo e lo stesso poster. Abbiamo però apportato delle modifiche al trailer. La versione francese infatti era più cupa, così abbiamo speso una fortuna per aggiungere la canzone di Burt Bacharach Always Something There To Remind Me. Il trailer italiano era forse meno “cinematografico”, ma certamente più gioioso.

Come è ripartito il guadagno per ogni uscita dei vostri film? Come si sta evolvendo?
È in continua evoluzione. In precedenza, la distribuzione cinematografica rappresentava il 45% delle nostre entrate, ma ora è scesa al 35%. Un’altra importante fonte di guadagno sono i servizi pay-per-view (VOD) e il restante ricavo proviene da altri tipi di vendite di diritti.

Per quanto riguarda la crisi dovuta al coronavirus, quale è stato il contributo del governo italiano in termini di misure di aiuto ai distributori?
Stiamo ancora attendendo delle misure ufficiali. L’improvvisa chiusura dei cinema il 25 ottobre è stata molto dannosa. Il governo sta lavorando per dare sostegni per le perdite di entrate subite a causa della chiusura dei cinema. In particolare, la distribuzione di due dei nostri titoli ne ha risentito molto – uno è Palm Springs, proiettato per quattro giorni, e l’altro We Are The Thousand [+leggi anche:
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(2020) di Anita Rivaroli, vincitore del premio del pubblico al South by Southwest (SXSW) e proiettato un solo giorno.  Stiamo aspettando anche l’attuazione di un’importante detrazione fiscale sui film italiani.

In chiave più personale, cosa l’ha portata a lavorare nel campo della distribuzione cinematografica?
Ho iniziato la mia carriera come un giovane critico cinematografico, all’età di 17 anni. Dopodiché, ho iniziato a lavorare come direttore di festival – ne ho fondati diversi e ne dirigo uno da 15 anni, il Biografilm Festival – International Celebration of Lives di Bologna. Nel frattempo, ho aperto un’azienda che si occupa della distribuzione dei film e di servizi ad essa legati, chiamata The Culture Business. Ho collaborato con la DreamWorks, la Warner, la Universal e molte altre società di distribuzione, specialmente per la fornitura di servizi di promozione mediatica e promozione di terzi. Nel 2013 il mercato ha iniziato ad arretrare: a seguito della diffusione delle uscite digitali, la distribuzione è diventata in qualche modo più semplice, ma anche molto più economica. Ho deciso quindi di vendere la filiale fornitrice di servizi correlati alla distribuzione, Fanatic About Films, ad uno dei miei concorrenti, l’agenzia milanese Echogroup. Ho iniziato poi a lavorare con I Wonder Pictures per raccogliere documentari per il festival [Biografilm], documentari che i distributori italiani non avrebbero considerato, e che quindi qui erano difficili da proiettare o presentare in anteprima. In seguito, ho incontrato Joshua Oppenheimer a Telluride e mi ha colpito molto il suo film The Act of Killing. Ho pensato che dovesse essere distribuito in Italia e quindi gli ho detto: “Se nessuno ha intenzione di comprarlo, aprirò una società e lo distribuirò in Italia”. Poteva sembrare un po’ uno scherzo, e non mi sarei mai aspettato di vincere questa sfida, soprattutto perché ho visto molti fallire e conoscevo bene tutte le difficoltà di questo lavoro. I primi titoli di successo hanno dimostrato che c’era un vuoto di mercato nella distribuzione di documentari, vuoto che ero pronto a colmare tramite la competenza e i contatti ottenuti grazie al Biografilm Festival. Abbiamo iniziato poi ad aggiungere anche film di finzione al nostro programma e l’azienda è cresciuta, incassando €250.000 il primo anno e superando poi i €2.500.000. Inoltre, la politica editoriale sulla quale abbiamo lavorato durante la programmazione del Biografilm Festival, è stata ulteriormente sviluppata all’interno di una sezione speciale del nostro programma di I Wonder Pictures, chiamata Unipol Biografilm Collection.

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(Tradotto dall'inglese da Chiara Morettini)

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