Mia Hansen-Løve • Regista di Sull'isola di Bergman
"Si può pensare che la sua onnipotente presenza fosse particolarmente intimidatoria, invece per me era il contrario"
di Jan Lumholdt
- CANNES 2021: Il nuovo film della regista francese non è solo un omaggio al grande cineasta e alla sua mitica casa, ma anche una sorta di ritorno alle origini
Dopo anni di preparazione, Mia Hansen-Løve presenta Sull'isola di Bergman [+leggi anche:
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intervista: Mia Hansen-Løve
scheda film] nella competizione principale del Festival di Cannes. Non solo un omaggio al grande autore del cinema svedese (e mondiale) e alla sua mitica casa sull'isola di Fårö, ma anche una sorta di ritorno a casa per la regista francese del film, alle sue radici nordiche.
Cineuropa: Può raccontarci in breve il percorso dal suo primo ricordo di Ingmar Bergman alla creazione di questo film?
Mia Hansen-Løve: Ci vorrebbe un'ora, ma posso provarci. Non ho un primo ricordo immediato. È diventato più profondo e progressivo, anno dopo anno, film dopo film. Ho iniziato a guardare i suoi film a vent'anni e da allora non ho mai smesso. Alcuni li ho visti così tante volte che non ricordo nemmeno la prima volta. Ricordo di aver letto la sua autobiografia, Lanterna magica, dopo aver visto solo alcuni dei suoi film. Il mio film è nato prima di essere ambientato a Fårö, come un'idea su una coppia di registi alle prese con le difficoltà, i misteri e i punti di forza di un processo creativo, e il potere che puoi trovare nella tua stessa vulnerabilità una volta che la affronti. Fårö era già un luogo mitico per me, come lo è per chi ammira Bergman. Quando è morto, c'è stata un'asta per vendere tutti i suoi averi. E questo incontro tra il Bergman delle leggende e la persona reale, l'essere umano attraverso i suoi oggetti – alcuni banali, altri di grande significato – mi ha ispirato. Poi ho sentito parlare della Bergman Week e ho incontrato Greta Gerwig e Noah Baumbach, che erano appena stati lì. Quindi, strato dopo strato, è cresciuto fino al punto in cui ho pensato che questa mia idea per una storia potesse funzionare in quel posto. Poi ci sono andata nel 2015 ed è stato un colpo di fulmine!
Nonostante l'ammirazione, ci mette anche un po’ di malizia, come durante il "Bergman Safari", un tour in autobus pieno di critici appassionati che si comportano come turisti mentre analizzano le teorie della trilogia lungo la strada.
Sicuramente malizia, ma anche tenerezza e nessun disprezzo, almeno non di proposito. Adoro il fatto che i cinefili vogliano andare lì e fotografare una casa che esisteva solo come sfondo che hanno demolito 60 anni fa. Il turismo tende a sembrare abbastanza ridicolo e superficiale, e io lo guardo con un certo umorismo ma anche rispetto per la passione dei cinefili. Ma proprio come Chris nel film, mi piace anche creare il mio rapporto con l'isola, cosa che fa quando incontra Hampus, la sua connessione locale.
Com'è stata la sua esperienza di regista sull'isola, lavorando con la stessa luce di Sven Nykvist?
[Ride] No, sentivo che stavo lavorando con una luce del nord, che era molto forte e molto stimolante. Ho un nome danese, un nonno danese e parte della mia famiglia è danese, anche se molti di loro sono morti prima che io nascessi. Ma sentivo un'attrazione per questa cultura da molto tempo, e ora, stranamente, mi sono sentita a casa a Fårö. Si può pensare che la sua onnipotente presenza fosse particolarmente intimidatoria, invece per me era il contrario. È stato molto accogliente.
Si immagina un giorno a portare avanti il percorso di Bergman, magari facendo una versione di uno dei suoi film?
Una volta mi è stata offerta la possibilità di lavorare su un adattamento di Bergman – non dirò quale, perché la persona che l'ha proposto potrebbe non volere che si sappia – ma sarei troppo timida per seguire direttamente le sue orme. Quello che mi piacerebbe fare di nuovo è tornare a Fårö e scrivere un altro film, forse del tutto estraneo a Bergman. Non mi è mai piaciuto scrivere un film quanto mi è piaciuto lì. Non ho mai trovato da nessun'altra parte la stessa qualità di quiete meditativa che ho trovato lì, nella stanza che vediamo nel film.
Qual è il suo film di Bergman preferito e perché?
Non ho un film di Bergman preferito. In questo momento, sono un po' ossessionata da L’adultera, uno di quelli meno famosi. Già quando vedo le immagini della città di Visby all’inizio, comincio a piangere. Mi commuove molto, quel film.
(Tradotto dall'inglese)
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