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LES ARCS 2021

Michel Hazanavicius • Regista

"Sarebbe comunque bello se rimanesse un po' di cinema"

di 

- Sale, cronologia dei media, piattaforme, Coupez !: incontro con il regista premio Oscar, presidente di giuria al 13° Festival di Les Arcs

Michel Hazanavicius  • Regista
(© Alexandra Fleurantin/Les Arcs Film Festival)

Sale, cronologia dei media, piattaforme, il suo nuovo film Cut! Zombi contro zombi [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Michel Hazanavicius
scheda film
]
: abbiamo parlato con il regista premio Oscar Michel Hazanavicius, presidente di giuria del 13mo Les Arcs Film Festival.

Cineuropa: Il cinema in sala sta attraversando un momento di grande difficoltà, tanto che alcuni ne prevedono la scomparsa. Cosa ne pensa?
Michel Hazanavicius:
Fa sempre un certo effetto annunciare che siamo in una fase terminale, ma è una cosa che si sente dire da quasi 100 anni. L'ex direttore del CNC, David Kessler, ha raccontato che quando ha assunto il suo incarico, il suo predecessore gli ha mostrato la prima pagina di un giornale del 1927 che annunciava che il cinema era in crisi. Quindi il cinema è sempre stato in crisi, o addirittura morto se vogliamo, ma le cose stanno cambiando. L'importanza che le serie stanno assumendo, non solo dal punto di vista economico ma anche artistico, e l'interesse che molti spettatori e creatori di immagini nutrono nei loro confronti, stanno cambiando le carte in tavola. Questo significa parricidio? Non ne sono sicuro.

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Il pericolo è che il cinema in Francia è sempre stato protetto dalla volontà politica,

con fondi destinati all'industria cinematografica e alla creazione di film, anche perché è un'industria che genera molti posti di lavoro ed è una forza economica importante. Ma se gli stessi professionisti cominciano a fare serie, non vale la pena di difendere il cinema in quanto tale da un punto di vista politico, perché l'interesse dei politici è il lavoro. Tuttavia, le serie e il cinema non sono proprio la stessa cosa, quindi sarebbe comunque bello se il cinema sopravvivesse.

Quando era presidente dell'ARP, lei era favorevole a una maggiore flessibilità in termini di cronologia dei media. È ancora sulla stessa linea dopo la spettacolare ascesa delle piattaforme amplificata dalla pandemia?
Non si tratta di eliminare i partner storici, ma di pensare partendo dai film. Se un film costa 500mila euro, non è affatto detto che la cronologia dei media applicata a un film da 180 milioni di dollari gli giovi, che il sistema sia equo e che vada bene per entrambi. Ci sono film per i quali è perfettamente concepibile che una prima vita digitale consenta loro di avere una vita decente nelle sale, o addirittura di non uscire affatto se ci rendiamo conto che non ha senso farlo. Molti film distribuiti nelle sale non escono veramente: sono uscite tecniche. Ovviamente tutti vorremmo che i nostri film venissero visti nei cinema e in sale piene, ma le sale vanno comunque riempite. Quando parlo di flessibilità, parlo di pensare partendo dai film e di adattarsi ad essi nel modo più intelligente.

Sta per presentare il suo nuovo film Cut! Zombi contro zombi. Da dove nasce l'idea di questo remake di One Cut Of The Dead del regista giapponese Shin'ichirô Ueda?
Avevo l'idea di fare un film sulle riprese di un film. L’accennai a Vincent Maraval, il quale mi disse di aver appena acquistato i diritti per il remake di un film che mi consigliò di vedere. Così ho guardato il film, che era stato realizzato in un'economia molto particolare, trattandosi di un film studentesco. Ho pensato che sarebbe stato interessante farne un remake perché non avrei fatto esattamente lo stesso film, perché sarebbe stata la mia interpretazione. Tra l'altro, il film stesso è basato su un'opera teatrale. È da lì che nasce la storia. Non mi sono svegliato una mattina e mi sono detto: "Oh, mi piacerebbe fare un remake di un film giapponese". Credo di aver fatto un film molto divertente, o almeno è una commedia pensata prima di tutto per far ridere. Questo film non è stato concepito in una logica di festival, ma in una logica di commedia.

Non ha ancora fatto il grande passo di lavorare per una piattaforma, che sia una serie o un film. Ci sta pensando?
Per il momento voglio rimanere nel formato cinematografico, perché mi ci è voluto molto tempo per abituarmi a una durata di 1h30-2h00 poiché venivo dalla scuola d'arte e poi da formati molto brevi per la televisione. Se volessi fare un film che i circuiti cinematografici tradizionali non possono finanziare, ma una piattaforma sì, non avrei problemi a fare un film per una piattaforma. Per me le piattaforme non sono il diavolo. Ho l'impressione che più luoghi ci sono dove i film possono essere mostrati, meglio è per la cinefilia, sebbene ci sia anche qualche insidia.

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(Tradotto dal francese)

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