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VENEZIA 2022 Settimana Internazionale della Critica

Isabella Carbonell • Regista di Dogborn

"Non ho mai voluto che questo film fosse solo un'esperienza traumatica per pochi eletti"

di 

- VENEZIA 2022: La regista residente a Stoccolma bilancia luce e oscurità nella sua avvincente storia di disperazione, odio e sottomissione

Isabella Carbonell • Regista di Dogborn
(© Isabella Carbonell)

La sorella (la rapper svedese Silvana Imam) e il fratello (Philip Oros) stanno solo cercando di sopravvivere – o di trovare un posto dove dormire per una notte. Quando gli viene offerto un lavoro, sembra che la vita gli stia finalmente sorridendo. Ma solo se, faccia a faccia col male, sceglieranno di voltarsi dall’altra parte. Abbiamo parlato con la regista Isabella Carbonell di Dogborn [+leggi anche:
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intervista: Isabella Carbonell
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, proiettato alla Settimana Internazionale della Critica al Mostra del cinema di Venezia.

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Cineuropa: Suscita sempre curiosità quando qualcuno decide di parlare di argomenti così oscuri. Di solito non saltano fuori dal nulla, per lei com’è iniziato?
Isabella Carbonell: Se fosse saltato fuori dal nulla, sarebbe stato un po’ inquietante. È sempre difficile pronunciare la frase: “Ho una passione per la tratta di esseri umani.” Ma ce l’ho, l’ho avuta per anni. Tutto è iniziato quando ero al liceo. Alcuni agenti di polizia venivano a parlarcene; i rapporti divennero molto confidenziali e ci mostrarono foto da scene del crimine. Non so se fossero autorizzati, ma grazie al cielo lo fecero e la mia vita cambiò. Sono affascinata da questi meccanismi, da come possano essere normalizzati. Devo anche ringraziare tantissimo [Lukas Moodysson] Lilya 4-Ever [+leggi anche:
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[di Lukas Moodysson].

È un film meraviglioso, ma così difficile da guardare.
Ultimamente l’ho rivisto. È cambiato tutto per me: come regista e come persona. Tuttavia, non volevo che Dogborn fosse troppo legato a questo film dal punto di vista creativo, perché Lilya è autosufficiente.

La cosa interessante del suo film è che è molto realistica su tutta questa “industria”. E sul fatto che, come dice qualcuno qui, le persone ci si abituano dopo un po’.
Certo. Si possono vedere molti collegamenti tra questo e i tempi di guerra, quando le persone compiono i gesti più orribili perché è solo un lavoro. È un lato dell’umanità che molti di noi, me inclusa, hanno paura di esplorare. Intendo che tutti sono capaci di tutto? Non necessariamente. Ma è preoccupante notare, quando si studia cos’è la tratta, quanto possa essere “normale” per coloro che la supervisionano. Questo dilemma del “meglio loro che me; meglio vendere che essere venduto” è qualcosa che la maggior parte di noi non considera. Ma alcuni sì. Tuttavia, per me la questione principale è il fatto che c’è domanda. Se non ci fosse questa domanda mondiale e irrefrenabile, questo problema non esisterebbe nemmeno.

Le scene con i cosiddetti “John” sono inquietanti, soprattutto la scena in cui le ragazze vanno alla festa e si ride e si scherza.
È talmente normale che queste situazioni sono diventate spiritose per gli acquirenti. Sembrano non capire che dietro c’è una tristezza umana. Penso sia anche perché ci sono molti miti che circondano le persone che sono costrette a vendersi: il mito che lo stanno facendo per divertimento, che è un modo “carino” per fare dei soldi in più. Questo fa sì che le persone lo prendano come uno scherzo. Anche se forse ora un po’ meno, dopo #MeToo.

Con una storia come questa, è facile sperare in una conclusione migliore, in un po’ di vendetta. Come ha deciso di gestire questa tentazione?
Questa domanda ha influenzato gli ultimi anni della mia vita. Di solito, quando si fa un film sulla tratta, si tende a plasmarlo in un certo modo, ma non ho mai voluto che Dogborn fosse solo un’esperienza traumatica per pochi eletti. Volevo che “intrattenesse”, se è questa la parola giusta, che stimolasse e anche che desse un’idea di questo mondo oscuro.

Si trattava di dare qualche soddisfazione, ma senza esagerare. Questo non è Io vi troverò [+leggi anche:
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. Neanch’io riesco a guardare alcuni di questi film – a volte sembrano dei porno stupro. Non volevo che fosse quel tipo di esperienza da dimenticare; voglio avviare un dialogo, incoraggiare le persone che non sanno nulla della tratta ad andare a vederlo. Quando guardo film e spettacoli, mi colpiscono quelli che esprimono qualcosa di reale, ma in cui non si vuole affogare. Al contrario, si pensa: “Ok, è stato difficile, è stato profondo, ma mi è piaciuto”. Penso che ora stiamo andando nella giusta direzione per mescolare i generi e le espressioni.

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(Tradotto dall'inglese da Bianca Ambrosio)

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