email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

VENEZIA 2022 Fuori concorso

Benedetta Argentieri • Regista di The Matchmaker

“Ci è voluto molto tempo per trovare il giusto equilibrio, per mostrare Tooba esattamente come la vedevo”

di 

- VENEZIA 2022: Abbiamo parlato con la giornalista e regista italiana del suo intrigante documentario che ritrae una donna jihadista

Benedetta Argentieri • Regista di The Matchmaker

Benedetta Argentieri ha presentato il suo affascinante documentario The Matchmaker [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Benedetta Argentieri
scheda film
]
alla Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Fuori Concorso. Abbiamo parlato con la giornalista e regista della sua ambigua protagonista Tooba Gondal, di come si è avvicinata a lei e di come è stato girare in un campo profughi in Siria.

Cineuropa: Come hai conosciuto Tooba?
Benedetta Argentieri: Ho iniziato le mie ricerche nel 2019, durante la fase di agonia dell'ISIS. È stato il momento in cui è diventato chiaro che un numero enorme di donne vi era coinvolto, ed è questo che ha attirato la mia attenzione. Quando sono andata al campo, è stata Tooba ad avvicinarsi a me. Ha visto la telecamera ed era interessata a raccontare la sua storia. Non ho capito subito chi fosse, ma l’ho cercata su Google e l'ho scoperta.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Com’era la situazione durante le riprese?
Per prima cosa ho dovuto chiedere il permesso di filmare nel campo, e l'attesa è stata lunga. Quella parte della Siria è governata dall'Amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale. [...] Ho aspettato un mese e mezzo, cercando di convincerli. [...] L'accesso per i giornalisti era limitato a un'ora al giorno e i reporter potevano recarsi al campo non più di due volte, ma ho continuato a insistere e ho ottenuto l'accesso esclusivo. È il primo film che ho dovuto girare da sola perché l'accesso era limitato solo a me. Le condizioni di ripresa sono state molto difficili, perché era estate e faceva molto caldo, a volte fino a 48 gradi. A queste temperature l'attrezzatura non sempre funziona correttamente: ad esempio la telecamera si spegneva improvvisamente. Inoltre nel campo c'erano molti bambini che correvano in giro, quindi era rumoroso e caotico.

Quanto tempo hai impiegato invece per le ricerche e la preparazione del film?
Ho fatto molte ricerche prima di iniziare a parlare con Tooba. Ho intervistato molte altre persone, per esempio alcune donne yazidi. In totale, ho trascorso un anno in Siria, lavorando come giornalista e scrivendo articoli e pezzi che analizzavano la situazione. Ero interessata al ruolo delle donne nell'ISIS e ho fatto ricerche risalendo fino al 2015. È un argomento molto controverso. So che per le donne c'erano molte possibilità di partecipazione, non erano solo confinate in casa. Con questo film volevo sfidare il modo in cui i media tradizionali le guardano. Dobbiamo capire perché tante persone decidono di lasciare le loro case e di unirsi a un gruppo terroristico, come hanno fatto queste donne.

Ti sei mai trovata in pericolo durante la lavorazione del film?
Mi sono trovata spesso in prima linea, ma il campo stesso è un luogo molto pericoloso. Nel 2020, le Nazioni Unite hanno dichiarato il campo di Al-Hawl il luogo più pericoloso della Terra. Anche ora è molto violento e segregato. Quando ci si presenta lì con una telecamera, i detenuti cercano di attaccare la troupe e le attrezzature. Ma ho sempre cercato di essere molto rispettosa. Ma ho visto molte rivolte e incidenti.

Hai avuto problemi con Tooba?
Ci è voluto molto tempo per trovare il giusto equilibrio, per mostrarle esattamente come la vedevo. All'inizio era molto dolce con me, poi è diventata più distante e diffidente quando ha visto che non poteva manipolarmi come voleva. È molto intelligente e capace. Ha pianto molto e c'era una parte di me che era empatica, ma non volevo che usasse il film per scusarsi. Mi sono chiesta come comportarmi con una persona che aveva preso la decisione di unirsi all'ISIS. Però la situazione in cui si trovava non può essere ignorata: stava combattendo per la sua vita e per quella dei suoi figli. Credo sia importante mostrare che nessuno è totalmente buono o cattivo; si tratta di sfumature. E di comprensione. L’aspetto particolarmente interessante per me è stato quando ha parlato della sua vita a Londra, quando ha detto che stava cercando la felicità, anche se dall'esterno si sarebbe detto che aveva una bella vita. Mi sono resa conto che, proprio come lei, molti di noi vivono una vita molto frammentata, e cercano di trovare un significato. Credo che questo sia il punto chiave. Non si tratta solo di follia, ma del tipo di società in cui cresciamo e dei valori che abbiamo.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy