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VENEZIA 2022 Fuori concorso

Lav Diaz • Regista di When the Waves Are Gone

“Considero il mio tipo di regia simile alla scrittura di un romanzo: creo personaggi veri, con un loro spessore, e li vediamo vivere sullo schermo”

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- VENEZIA 2022: Abbiamo parlato con l'autore filippino del suo attesissimo nuovo lungometraggio: una storia di vendetta calata nel contesto della guerra tra narcotrafficanti del suo paese

Lav Diaz • Regista di When the Waves Are Gone
(© La Biennale di Venezia/Foto ASAC/Giorgio Zucchiatti)

Nonostante non abbia visto l’intera filmografia di Lav Diaz (che una medaglia di qualche tipo e una bottiglia di champagne venga data a chiunque sia riuscito nell’impresa!) posso affermare con sicurezza che When the Waves Are Gone [+leggi anche:
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, oltre ad essere uno dei lavori di Diaz che più si avvicina ad un autentico crime-thriller o film poliziesco, è anche uno dei suoi titoli che maggiormente si ispira al passato del regista nel giornalismo, pregresso alla cinematografia. Giornalismo di cronaca nera e di “police beat”, nello specifico, con il principale personaggio secondario nelle veci di un fotogiornalista che denuncia le infinite guerre al narcotraffico nella sua nazione, le Filippine, mettendo a rischio la sua stessa vita. Diaz sembra molto tranquillo quando, la scorsa settimana, abbiamo parlato del suo film fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

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Cineuropa: Quanto ci è voluto per sviluppare questo progetto? Ricordo che è stato annunciato un po’ di tempo fa. La pandemia ha avuto un impatto sul suo progresso?
Lav Diaz: Abbiamo cominciato sei anni fa, ma non a girare. Quando ho formulato il concetto, l’idea, l’ho buttata giù e ho passato lo scritto alla producer filippina Bianca Balbuena. Le ho detto: “Mi puoi aiutare? Ho in mente questo film di gangster”. È una classica storia di vendetta, nella quale due amici che si sono traditi a vicenda si trovano alla resa dei conti. Siamo riusciti a raccogliere i fondi necessari, ma i due attori con cui volevo lavorare non potevano esserci perché impegnati con programmi TV e altri film. Ho detto: “Okay, facciamo altro; mettiamo da parte questo progetto per un po’”.

Un giorno, Bianca mi ha detto che aveva un po’ di fondi da parte, e che quindi avremmo potuto riprendere il progetto. Io nel frattempo stavo lavorando ad altri film, quindi ho posticipato ulteriormente. Poi, due anni fa, il vulcano Taal eruppe, e quello è stato un buon inizio! Siamo andati al vulcano e abbiamo cominciato le riprese. L’attore che volevo per questo film era disponibile e siamo riusciti a oltrepassare il cordone di forze dell’ordine che ostruiva il passaggio a quell’area. Quindi abbiamo girato alcune scene, e il ruolo principale si è trasformato in quello di un investigatore che si trovava lì per investigare un delitto irrisolto. Poi è subentrata la pandemia e ci siamo dovuti fermare con le riprese. Ci sono voluti mesi prima che potessimo ricominciare.

Nel novembre del 2020, io volevo continuare questo film. Sono andato su un’isola in cui sono rimasto per due mesi, ricercando la location. Nel gennaio del 2021, ho chiamato gli attori e tutta la troupe: “Preparatevi, fatevi dei tamponi”. Sono arrivati tutti, portando ciò di cui avevamo bisogno. Ci stavamo preparando, e poi il disastro: tre persone della nostra troupe hanno preso il COVID. Siamo dovuti stare in quarantena per dieci giorni, e poi altri quattordici. Alla fine siamo riusciti a ricominciare con le riprese. Abbiamo finito il tutto dopo mesi passati sull’isola, poi siamo andati a Lisbona a girare altre scene. Questo era per un’estensione del lavoro, che raffigurava un altro investigatore, portoghese. Il lavoro originale dura nove ore. Ma la parte centrale si reggeva da sola, quindi l’ho estratta e ne ho fatto il film. Uscirà un altro film nel 2023 che connette il tutto!

Può questo film possa essere definito una rivisitazione de Il Conte di Montecristo di Dumas, nei suoi dettagli?
In realtà non ho pensato a Il Conte di Montecristo quando l’ho creato; era una classica storia di vendetta. Mi ispiro molto al lavoro di Dostoevskij. Considero il mio tipo di regia simile alla scrittura di un romanzo: creo personaggi veri, con un loro spessore, e li vediamo vivere sullo schermo.

Il contrasto tra il fotogiornalista e i due poliziotti è molto interessante. Il fotogiornalista dovrebbe rappresentare una parte più virtuosa della società filippina? Una generazione più giovane che pensa di poter portare l’attenzione sul problema della corruzione?
Il personaggio del fotogiornalista è vero: il suo nome è Raffy Lerma. Ho parlato con lui prima di iniziare con le riprese. “Raffy, vorrei che tu facessi parte del film”. I suoi libri, i racconti di omicidi, sono stati di grande ispirazione per me. Ma lui è una persona piuttosto timida e non voleva recitare. Gli ho detto: “Tu devi solo parlare, e io ti registro”. E lui ha detto: “No, qualcuno dovrebbe recitare la mia parte nel film”. Così ho inserito il personaggio vero, Raffy Lerma, interpretato da qualcuno che gli assomiglia parecchio, mentre lui mi ha permesso di usare le sue foto.

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(Tradotto dall'inglese da Viola Bellei)

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