SAN SEBASTIAN 2022 New Directors
Rocío Mesa • Regista di Secaderos
“Sono rurale e psichedelica”
- Con il suo primo film di finzione, la regista ricrea la sua infanzia e adolescenza nel sud della Spagna, con uno stile onirico/fantasy e interpreti non professionisti
Rocío Mesa ha presentato in anteprima il suo primo lungometraggio di finzione, Secaderos [+leggi anche:
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intervista: Rocío Mesa
scheda film], nella sezione New Directors del 70º Festival di San Sebastian. L’azione del film si svolge a metà tra l'immaginazione di alcuni bambini e la realtà rurale, per parlare di disagio adolescenziale, perdita e nostalgia.
Cineuropa: Il suo film condivide la stessa tematica con altri titoli recenti, Alcarràs [+leggi anche:
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intervista: Carla Simón
intervista: Carla Simón
intervista: Giovanni Pompili
scheda film] e El agua [+leggi anche:
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intervista: Elena López Riera
scheda film].
Rocío Mesa: Quest'ultimo non l'ho visto, ma mi è stato detto che assomiglia molto al mio: adoro Elena López Riera, anche se non ci conosciamo personalmente, ma ci seguiamo molto. La connessione di cui parli mi sembra una delle cose più belle che possano accadere a una generazione di creatrici. È uscito fuori che noi tre registe abbiamo girato la stessa estate e nello stesso momento; nessuna delle tre ha letto la sceneggiatura delle altre e, tuttavia, una in Catalogna, un’altra a Levante e un’altra ancora in Andalusia, abbiamo fatto film simili. Ciò significa che siamo in un momento in cui alle donne è stata data voce ed era chiaro che, all'interno del femminile, ci fossero degli universi comuni che volevamo esplorare; così abbiamo realizzato film che dialogano tra loro, anche se ognuno ha il proprio sigillo autoriale. Inoltre, ci vogliamo bene e ci sosteniamo a vicenda: quando Carla Simón ha vinto la Berlinale ho capito cosa provano i tifosi quando la loro squadra vince il mondiale, perché ho pianto. E lo stesso quando Elena era a Cannes. C'è un'incredibile sorellanza tra di noi. Sono grata di essere inserita in questo gruppo.
Le protagoniste di Secaderos hanno qualcosa di lei? La bambina rappresenta la sua infanzia e la ragazza la sua adolescenza?
Anche se non è un film autobiografico, nasce da sentimenti che ho vissuto: sono stata quella ragazza selvaggia e selvatica che ha scoperto la natura in modo timido, visitando il paese dei miei nonni, e quell'adolescente che, quando raggiunge quell'età, non si interessa a niente e non riesce a vedere quella bellezza che ha davanti agli occhi perché ci sono altre domande che le frullano per la testa. E in quella sequenza lisergica, che filmo in Super 8, torna a vedere la bellezza della natura. È uscita questa storia rurale psichedelica, che è quello che sono: una ragazza di provincia che vive in California e a cui piace il rock and roll.
Secaderos ha un tono onirico che ricorda film come Nel paese delle creature selvagge o Lo spirito dell'alveare, con i bambini che vedono un mondo magico che gli adulti non percepiscono...
È perché quella ragazza ero io: quando vivevo a La Vega de Granada e vedevo gli enormi essiccatori di tabacco, pioppo o mattoni, immaginavo che lì vivessero creature magiche. Da adulta ho cominciato a vedere gli essiccatoi in chiave politica: sono fantasmi architettonici che ci ricordano che in quel paesaggio c'erano cultura e industria, fagocitate da un'espansione immobiliare che sta divorando terreni agricoli che dovrebbero essere intoccabili. Il fatto che stiamo distruggendo la terra che ci nutre e dobbiamo importare cibo dal Sud America in contenitori, distruggendo il pianeta, è una cosa molto forte. La creatura del film è emersa anche da quella visione politica: perché c'è anche una forza collettiva del popolo operaio, una memoria storica che per me diventa una creatura magica; come nella religione shintoista, un'energia collettiva crea gli esseri.
Su cosa si è basata nella scelta degli attori non professionisti?
La cosa più importante è trovare persone che abbiano la capacità di immaginare, dimenticando ciò che li circonda. Inoltre, che somiglino ai personaggi che hai scritto. E che siano contadini con quel linguaggio del corpo, come nel caso della madre dell'adolescente, che appende tabacco da quando era bambina. Per trovare queste persone bisogna vederne migliaia e per questo ci vuole tempo e, soprattutto, un budget: Carla Simón ha ricordato in ogni intervista che ha fatto Alcarràs perché era una coproduzione e aveva un budget. Non chiedeteci di fare magie, perché i miracoli non esistono. Il mio è un film da un milione di euro in cui non è stato possibile fare un casting di nove mesi, è stato girato senza fare prove ed è stata una sfida enorme. Consiglierei ai produttori che se vogliono fare questo tipo di cinema, devono adeguare i calendari di produzione e i budget, perché gli attori non professionisti devono avere tempo per sviluppare il talento che hanno: questo va trovato e lavorato.
(Tradotto dallo spagnolo)