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LANZAROTE 2022

Theo Montoya • Regista di Anhell69

"Stiamo entrando in un'era trans"

di 

- Il regista colombiano sorprende con il suo pluripremiato film d'esordio, dove ritrae in modo poco ortodosso la gioventù disincantata del suo paese

Theo Montoya  • Regista di Anhell69

La 12ma edizione della Mostra del cinema di Lanzarote ha aperto la sua sezione ufficiale in concorso con Anhell69 [+leggi anche:
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, debutto alla regia di lungometraggi di Theo Montoya (Medellín, 1992), con cui abbiamo parlato di questo titolo che ha raccolto premi in manifestazioni come  Gijón, Márgenes, DOK Leipzig e Zinebi, tra le altre.

Cineuropa: Il suo film, quando era un progetto, è passato per diversi laboratori: come hanno giovato al risultato finale? E come si riesce a mantenere l'essenza di un film quando riceve così tante opinioni diverse durante la sua gestazione?
Theo Montoya: Anhell69 ha avuto l'opportunità di partecipare a diversi laboratori, soprattutto quando eravamo all'inizio della realizzazione del film. Non ho mai studiato cinema e in quei laboratori ho trovato colleghi e collaboratori che mi hanno aiutato molto. Più che le opinioni o qualche prezioso consiglio che gli altri possono darti sul tuo processo creativo, credo che i Lab servano a creare comunità. Ricordo il primo internazionale a cui ho partecipato, il Torino Film Lab: lì ho conosciuto Bianca Oana, siamo diventati amici e col tempo è diventata la nostra coproduttrice rumena. Ora penso che l'essenza del film sia stata trovata mentre lo stavamo facendo: vi hanno contribuito tutte le persone che ho incontrato in questo processo, dall'inizio alla fine.

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Sembra che il cinema colombiano stia vivendo un buon momento oggi, con il successo suo, quello di La jauría [+leggi anche:
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– che è stato alla Settimana della Critica di Cannes – e Los reyes del mundo [+leggi anche:
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, vincitore all'ultimo San Sebastian. Coincidenza o vera rinascita creativa della vostra cinematografia?
Il tempo lo dirà.

In che modo la realtà della violenza nel suo paese ha influenzato il contenuto e la forma di Anhell69?
Credo in tutto.

A cosa allude esattamente il titolo, che mescola l'angelico con l'infernale?
Al nickname su Instagram di un amico; questo soprannome ha sempre attirato la mia attenzione e nel film dico che quel nome definiva perfettamente il film che volevo fare: angeli che vivono in un inferno di desideri. Questo nickname racchiude la dualità: angeli e demoni, Amore e Odio, Eros e Thanatos, ying e yang, ecc...

Come è stata costruita la coproduzione con tre paesi europei?
Con molta pazienza, a volte me lo chiedo anch'io. La verità è che abbiamo creato una famiglia, una di quelle atipiche: una familia moderna dove ci sono diverse madri e padri che cercano di allevare un mostro chiamato Anhell69.

Nella presentazione del suo film a Lanzarote, lo ha definito un film trans: questo perché ha tanti generi o nessuno in particolare?
In un momento in cui gli esseri umani si interrogano più che mai sull'identità di genere, anche Anhell69 la mette in discussione. Secondo me, dovremmo riconsiderare ciò che intendiamo per cinema, perché i film di finzione sono diventati arcaici, come lo stereotipo dell'uomo super macho e della donna femminile. Il rinnovamento dell'audiovisivo, così come quello dell'umano, sta nel comprendere qualcosa di più essenziale, accettare il mix, la sperimentazione, il nuovo, smettere di etichettare e accettare l’arrivo dei tempi nuovi. Perché alla fine stiamo entrando in un'era trans, di trasformazione, dove l'egemonia sta vacillando, giusto?

Il cineasta Víctor Gaviria (Sumas y restas) appare brevemente nel suo film: omaggio meritato, maestro riconosciuto, cosa rappresenta per lei la sua figura?
Un omaggio alla trasmissione del sapere, alla memoria, al suo cinema, alla sua figura, perché Anhell69 è un omaggio al cinema e soprattutto a quello del mio paese, la Colombia, a cineasti come Marta Rodríguez, Luis Ospina, Carlos Mayolo. A volte mi piace pensare che questo film sia un misto di cinema, letteratura e poesia; l'ho pensato come un film dentro tanti film, e ho pensato a tanti registi e sceneggiatori che mi hanno influenzato: Harmony Korine, Reygadas, Apichatpong, Jennie Livingston, Kiarostami, Almodóvar, Jack Kerouac, Gonzalo Arango, Andrés Caicedo, e così via.

Il suo primo film può essere considerato come un manifesto politico?
Sì, come un manifesto politico o poetico, come un atto di psicomagia o una poesia, una canzone o un collage di pensieri.

Come è stato accolto il suo film dal pubblico nei diversi festival in cui è stato proiettato?
Non presto molta attenzione a questo; a volte piace, altre volte no.

Ha qualche progetto o idea in cantiere per il suo prossimo film?
No, di recente sono diventato membro di un gruppo di artisti chiamato Lazy artist forever: uno dei principi è non creare per il gusto di creare e prendersi del tempo per contemplare.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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