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LES ARCS 2022

Fulvio Risuleo • Regista di Notte fantasma

"Quando il tempo è ridotto, c'è più attenzione"

di 

- Il regista italiano parla del suo terzo film, presentato a Venezia e in concorso al Les Arcs Film Festival

Fulvio Risuleo • Regista di Notte fantasma
(© Maëva Benaiche/Les Arcs Film Festival)

Rivelatosi a Rotterdam nel 2018 con Guarda in alto [+leggi anche:
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, il regista italiano Fulvio Risuleo ha realizzato l'anno successivo Il colpo di cane [+leggi anche:
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. Il suo terzo lungometraggio, Notte fantasma [+leggi anche:
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intervista: Fulvio Risuleo
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, è stato presentato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, nel programma Orizzonti Extra. Lo abbiamo incontrato al 14° Les Arcs Film Festival dove il suo film è stato presentato in concorso.

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Cineuropa: Da dove nasce l'idea di questa notte con due personaggi che si aggirano per le strade di Roma?
Fulvio Risuleo:
Mi è passata per la testa un'immagine suggestiva, quella di due personaggi in un bar, uno più anziano, l'altro più giovane, e il primo costringeva il secondo a ballare con una ragazza. Mi è piaciuta questa dinamica narrativa e ho iniziato a pensare: perché lo fanno? Chi sono? Quando ho risolto il fatto che il più anziano era un poliziotto, ho pensato: ok, è una storia del genere, quindi devo tornare indietro. Ho iniziato a scrivere la trama dall'inizio, cercando di scoprire come questi due personaggi si sono incontrati e quale poteva essere il motivo per cui uno diventava schiavo dell'altro. Ho costruito la sceneggiatura in questo modo, con un'idea di partenza molto precisa, ma senza sapere dove sarebbe andata a parare, tanto che la storia ha preso direzioni diverse da quelle che avevo immaginato all'inizio.

La scelta di una sola notte per la storia è stata presa da subito?
Sì, mi è venuto in mente mentre scrivevo. Come spettatore mi piacciono molto i film che si svolgono in una notte, le storie compresse in poche ore, l’ho fatto anche nei cortometraggi che ho realizzato. Quando il tempo si accorcia, c'è più attenzione, le piccole cose diventano molto più importanti e ci si può concentrare su dettagli che nelle storie più lunghe si devono tralasciare.

Perché  per il ruolo del giovane protagonista ha scelto un italiano di origine cambogiana, un adolescente della seconda generazione di immigrati?
Ho iniziato con l'idea che fosse di seconda generazione perché mi serviva dal punto di vista narrativo, innanzitutto come innesco per la prima scena del suo arresto, ma anche perché apriva altre prospettive narrative. Ma non ero sicuro del paese di origine, non aveva molta importanza. L'ho scelto al momento dei provini. Avevo anche iniziato con l'idea di un ragazzo marocchino. Ma quando Yothin Clavenzani ha partecipato al casting, tutto è cambiato. Era completamente diverso, anche solo per la sua corporatura. Così ho riscritto il ruolo per lui, il che non è stato complicato perché mi piace che i miei copioni siano abbastanza vaghi da poterli cambiare a seconda degli interpreti e delle ambientazioni. Non sono uno di quei registi che hanno in mente tutto fino all'ultimo dettaglio. Non lavoro a partire da immagini, ma attraverso inneschi narrativi, dialoghi e atmosfere. Con Yothin, quindi, il personaggio ha preso una piega completamente diversa.

Il film descrive in dettaglio la meccanica del potere di un essere umano su un altro.
Sì, questo è stato il punto di partenza. Ma non volevo riflettere tanto sul potere in sé, quanto piuttosto sul modo in cui viene applicato e soprattutto sulle parole che vengono usate. Perché quando il ragazzo viene arrestato, è chiaramente nel torto, ma il modo in cui il poliziotto opera è un piccolo abuso di potere che dà inizio alla storia. Ma quello che mi interessava era che il poliziotto è sempre in bilico tra il far rispettare il suo ruolo e essere umano, e a volte le due cose non vanno d'accordo perché nella vita non si è sempre radicali come si dovrebbe nel far rispettare la legge. La polizia è sempre piuttosto ambigua in generale, ma in questa storia, dove il poliziotto ha anche problemi psicologici che scopriamo gradualmente, il potere è ancora più pericoloso.

Il film rivela una Roma che non si vede spesso al cinema.
Non è una Roma sconosciuta, perché questi sono i quartieri più frequentati dai romani, ma è una Roma non turistica. Ci sono luoghi molto simbolici come il cimitero del Verano, il più grande e antico della città, l'isola Tiberina, Trastevere, San Lorenzo che è una zona dove vivono molti studenti. Volevo dare un'immagine di Roma che fosse quella di un romano. La storia si muove molto, ma volevo che tutto fosse perfettamente credibile perché qualche ora è qualche chilometro, e i viaggi in macchina erano assolutamente realistici. Mi sono ispirato a un'intervista di Scorsese su Taxi Driver. Inoltre, la notte nasconde un po', trasforma le ambientazioni e in questo senso ho lavorato molto sulla luce e sull'atmosfera. E volevo che il film finisse sul Tevere, nel cuore della zona più antica.

Girare di notte ha creato dei problemi?
In precedenza avevo girato molto raramente di notte. Ciò che mi interessava di più era la costruzione della luce senza il sole, che è la fonte di luce più utilizzata nel cinema. Inoltre, l'illuminazione notturna di Roma è strana perché c'è la vecchia illuminazione, che è gialla, e quella a LED, che è blu. La miscela non è molto bella dal punto di vista cinematografico perché è molto confusa. Non volevo che accadesse, così ho fatto spegnere tutti i lampioni e ho illuminato tutto con mezzi cinematografici. La notte è una sorta di studio dove si ha la possibilità di ricreare completamente l'atmosfera.

Qual è il tuo prossimo progetto?
Ho iniziato una sceneggiatura con la scrittrice Simona Vinci. Sarà un film che esce un po' dal quadro realista, ma che rimane comunque realista, con elementi di fantascienza, horror e dramma. Lavorerò con gli stessi produttori di Notte fantasma, ma non so quando il film vedrà la luce perché è un progetto più complicato e più costoso.

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(Tradotto dal francese)

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