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SOLETTA 2023

Niccolò Castelli • Direttore artistico, Giornate di Soletta

“Il cinema svizzero vuole giocare un ruolo sociale e prendersi delle responsabilità”

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- Abbiamo incontrato il nuovo direttore artistico delle Giornate di Soletta che ci ha parlato con passione del suo incarico e del futuro del cinema svizzero

Niccolò Castelli  • Direttore artistico, Giornate di Soletta

In occasione della presentazione dell’edizione 2023 delle Giornate di Soletta (18-25 gennaio) abbiamo discusso con il nuovo direttore artistico Niccolò Castelli delle sfide che il festival deve affrontare ma anche della nuova generazione di registi e registe svizzeri.

Cineuropa: Come affronta questo primo anno alla testa delle Giornate di Soletta? Come riesce a conciliare questo incarico con la sua carriera di regista e direttore della Ticino Film Commission?
Niccolò Castelli: Le Giornate di Soletta sono nate quasi sessant’anni fa proprio con l’idea di offrire un festival che potesse unire mondo del cinema, industria, pubblico e istituzioni. Affronto questo mandato con l’esperienza di un cineasta ma anche con un background più teorico acquisito a Bologna durante i miei studi in storia del cinema. Diciamo che per la parte puramente “festivaliera” mi ha sostenuto un team molto solido. Non sono qui per rivoluzionare e cambiare tutto. Le Giornate di Soletta sono un festival consolidato che ha una grande tradizione ma bisogna comunque essere al passo coi tempi, fare dei cambiamenti che vogliamo però graduali e ponderati. Bisogna capire perché il pubblico va ad un festival. Ci sono tanti cambiamenti in corso, il festival di Soletta deve seguirli, capirli, anticiparli.

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Come faccio a mettere insieme i differenti ruoli che incarno? Bella domanda! Attualmente mi sono messo il cuore in pace e so che per qualche anno non lavorerò più sulle mie storie, il mio lavoro sarà piuttosto raccontare le storie degli altri. Per quanto riguarda il mio incarico alla Ticino Film Commission, le due cose possono benissimo interagire e coabitare. Con la Ticino Film Commission sono anche legato al mondo delle produzioni e coproduzioni e questo può essere fruttuoso per Le Giornate di Soletta, allo stesso tempo posso portare un po' di Ticino, di cultura minoritaria, non solo a Soletta ma anche nel resto della Svizzera.

Quale direzione vorrebbe prendessero le Giornate di Soletta? Quali sono le novità importanti di questa nuova edizione?
La prima cosa che mi sono chiesto è perché io in quanto cineasta vado ad un festival ma anche perché uno spettatore dovrebbe andarci. Secondo me l’esperienza cinematografica che il festival propone è decisiva, un’esperienza che a casa, con un film in streaming, non posso fare. Da qui nasce la nuova sezione “Fare cinema” che rimpiazza gli storici film brunchs che erano pensati soltanto per i professionisti.

Le Giornate di Soletta sono nate negli anni ‘60, ‘70, un’epoca di grandi discussioni, ma con il passare del tempo questo fervore collettivo si è un po’ affievolito. L’idea è quella di tornare a discutere liberamente con il pubblico su tematiche specifiche legate ai film proposti. Un’altra novità è la sezione “Atelier” che esplora i punti di contatto tra linguaggio cinematografico e teatro. Nei prossimi anni passeremo alle altre arti: danza, musica, letteratura, performance, ecc.

Afferma che nella programmazione di quest’anno sono presenti molti film che propongono modi di narrazione originali, cosa intende con questo?
Malgrado la presenza sempre importante di documentari, quello che ci ha sorpreso in modo molto positivo quest’anno è il numero particolarmente elevato di film forti di giovani registi e registe. Vari film osano di più a livello formale, non sono prettamente narrativi nel senso classico del termine, giocano sulle linee temporali attraverso il montaggio, si raccontano con pochi dialoghi. Si tratta di film molto diversi tra loro anche se ogni tanto trattano tematiche simili. Trovo interessante questo dialogo, questi punti di contatto.

Quali sono secondo lei i punti di forza ma anche le debolezze del cinema svizzero? Si può parlare di una nuova generazione?
A mio parere, soprattutto quest’anno, il cinema svizzero vuole giocare un ruolo sociale e prendersi delle responsabilità. Rispetto ad alcuni anni fa, in cui molti film erano in un certo senso autoreferenziali, tanti film attuali trattano tematiche che ci coinvolgono tutti i giorni come la guerra, il mondo lgbtiq+, il genere, l’ecologia, il patriarcato, il diritto a manifestare, gli estremismi ecc. e lo fanno con il linguaggio del cinema. Forse una delle sue “debolezze” si ritrova nel non riuscire a comunicare al pubblico questo cambiamento. È nostro compito in quanto festival quello di far capire al pubblico che i film svizzeri possono parlare della società. Una sfida che il cinema svizzero deve affrontare è quella di capire come dialogare, collaborare tra attori dell’industria cinematografica, in modo orizzontale.

Secondo me si può parlare di una nuova generazione nel senso che ci sono vari autori e autrici che hanno voglia di implicarsi socialmente, di fare un cinema politicamente impegnato, nel senso filosofico del termine. Potrei citare Foudre [+leggi anche:
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