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GÖTEBORG 2023

Abbe Hassan • Regista di Exodus

"Volevo davvero che il senso di umanità nei confronti degli altri emergesse nel film"

di 

- Abbiamo parlato con il regista del suo film che ha aperto il Festival di Göteborg e del suo percorso di vita fino ad ora

Abbe Hassan • Regista di Exodus
(© TriArt Film)

Il viaggio di una giovane ragazza dal Medio Oriente devastato dalla guerra a una nuova vita nel Nord Europa è il tema centrale del film Exodus [+leggi anche:
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, presentato al Concorso Nordico, che apre il Göteborg Film Festival di quest'anno. Il regista Abbe Hassan, che è salito alla ribalta come produttore di A Hustler's Diary [+leggi anche:
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nel 2017, ha condiviso alcune riflessioni sul suo viaggio.

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Cineuropa: TI sei fatto conoscere a livello internazionale come produttore di A Hustler's Diary, il film, e hai poi diretto metà della serie. Ti ritieni più produttore o più regista?
Abbe Hassan: Direi che sono al 70% regista, ma mi occupo di tutti gli aspetti possibili. Mi piace avere a che fare con il processo di casting, il budget e altre cose. In poche parole, porto a termine le cose e so come fare per ottenere risultati! Tuttavia, ho prodotto A Hustler's Diary un po' per necessità - eravamo un piccolo gruppo e qualcuno doveva farlo - e questo ha portato alcuni addetti ai lavori a vedermi principalmente in quel ruolo. Ma io sono prima di tutto un regista, formatosi come tale alla Swedish School of Television di Göteborg, e ad oggi ho realizzato una dozzina di cortometraggi.

Uno di questi cortometraggi, Gold, è uscito nel 2018 e ha avuto una buona visibilità ai festival, vincendo una serie di premi. Tratta di una giovane ragazza, Amal, che vive in un rifugio antiatomico in Siria in tempo di guerra. In un certo senso è una sorta di prologo a Exodus.
A.H.: Decisamente. L'ho realizzato per esercitarmi e anche come vetrina per potenziali produttori e finanziatori del film principale. È una sorta di opera magico-surrealista strettamente basata sui ricordi delle mie esperienze di guerra e di rifugi antiatomici. Sono libanese, nato e cresciuto a Beirut, da cui la mia famiglia è fuggita nel 1987 quando avevo sei anni. Ci siamo separati lungo la strada, ma siamo riusciti a riunirci in seguito in Svezia.

Cosa ti ha spinto a scegliere il contesto siriano?
A.H.: Per diversi motivi. La Siria è vicina al Libano, parliamo la stessa lingua e ho dei parenti lì, quindi la conosco bene. Ho pensato a un luogo non specificato, ma alla fine ho deciso di non farlo. Gli eventi siriani del 2015-16 sono così ben documentati: le persone hanno filmato molto e coloro che ho incontrato durante la mia ricerca mi hanno mostrato i loro filmati. Ho potuto facilmente mettere in relazione la mia storia con la loro, anche grazie al calore che c'era tra loro, al fatto che nonostante il loro " essere vittime", mantenevano alto il morale e si aiutavano a vicenda. Volevo davvero che questo senso di umanità verso gli altri emergesse nel film.

Hai descritto Gold come un "surrealismo magico". Exodus, invece, si presenta come una storia piuttosto diretta. È una valutazione valida?
A.H.: Quella è l'ambizione, e mi fa piacere che la vedi così. In parte deriva dai produttori e dai finanziatori, che hanno suggerito un tono diretto. E per un formato lungo di 100 minuti ha avuto senso anche per me.

Questa volta i protagonisti principali sono due: Amal, la ragazza, e Sam, il contrabbandiere, che insieme intraprendono il viaggio verso la Svezia. Sam è interpretato da Ashraf Barhom e Amal da Jwan Algatami: un giocatore esperto contro un nuovo arrivato. Ci puoi parlare del casting?
A.H.: Inizialmente avevo pensato di scegliere la ragazza di Gold. Ma la pandemia ha colpito e lei è cresciuta troppo per la parte. Ho telefonato a sua madre per darle la brutta notizia, ma mi è stato detto che nella casa accanto c'era una ragazza dell'età giusta a cui piaceva recitare e mi ha chiesto se volevo vederla. Quella ragazza si chiama Jwan Algatami, ed è perfetta.

Per la parte di Sam, ho chiesto consiglio a due amici registi e talvolta " compagni di battaglia", Tarik Saleh e Josef Fares, che mi hanno suggerito Ashraf Barhom. Wow, ma accetterà? "Beh, chiedi a lui", mi hanno detto. Ho trovato un indirizzo e-mail online e gli ho scritto un messaggio: mi ha risposto! Già durante il nostro primo incontro Zoom, ho sentito la sua presenza attraverso lo schermo. "Devo convincerlo", ho pensato. E lui si è sentito fortemente coinvolto nel tema e ha accettato di partecipare.

Stai lavorando a qualcosa di nuovo al momento?
A.H.: Insieme a Kristoffer Cras, con cui ho scritto Exodus, stiamo finendo una storia sul traffico di organi umani. Il titolo provvisorio è Exchangeables. Si svolge in Svezia, Danimarca e Regno Unito ed è basata su eventi reali, molto avvincenti. Ho anche realizzato una serie per la televisione svedese, Beloved Samir, con Ahmed Bozan di Caliphate [+leggi anche:
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nel ruolo di un trentenne che è stato appena scaricato. Si tratta di un dramma umoristico, una sorta di coming-of-age.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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