email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2023 Forum / Encounters

Mehran Tamadon • Regista di Where God Is Not and My Worst Enemy

Where God Is Not è come un campo lungo, e My Worst Enemy è un primo piano”

di 

- BERLINALE 2023: Il regista iraniano analizza il suo approccio e discute le delicate questioni etiche poste dai suoi due film, proiettati in diverse sezioni del festival

Mehran Tamadon  • Regista di Where God Is Not and My Worst Enemy

Il regista iraniano Mehran Tamadon è arrivato quest'anno alla Berlinale con due film: Where God Is Not [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Mehran Tamadon
scheda film
]
(in Forum) e My Worst Enemy [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Mehran Tamadon
scheda film
]
(in Encounters). Entrambi sono realizzati sulle testimonianze di ex prigionieri politici iraniani, ma sono raccontati da due angolazioni opposte. Abbiamo incontrato il regista per discutere il suo approccio e le delicate questioni etiche che i due film pongono.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Cineuropa: Come sono nati questi due film?
Mehran Tamadon: Ci sono voluti otto anni per realizzare My Worst Enemy, mentre Where God Is Not è stato completato in un solo anno. Mentre realizzavo il primo ho iniziato a lavorare all'altro film e questo mi ha aiutato a capire come completarlo.

My Worst Enemy contiene molti strati psicologici e filosofici. È sul potere e su ciò che facciamo a noi stessi. Il personaggio che Zar Amir Ebrahimi incarna rappresenta un mio doppio, il mio specchio, la mia cattiva coscienza. È stato molto difficile mettere insieme tutto questo. Where God Is Not è come un'inquadratura più ampia, un paesaggio; My Worst Enemy è un primo piano.

In Where God Is Not lei dice che se i torturatori del regime vedessero questo film, si renderebbero conto di quanto siano orribili i loro crimini. Lo crede davvero?
Lei non ci crede?

Francamente, sembra un po' ingenuo.
Non sono sicuro che ne sarebbero scossi, ma non posso pensarla diversamente. Altrimenti significherebbe che sto diventando come loro, perché vogliono farci credere che non cambieranno. Loro hanno il potere, ma noi dobbiamo trovare la convinzione in noi stessi che tutti possono cambiare. Io naturalmente devo continuare a percorrere il mio cammino, anche se loro continueranno a percorrere il loro. E la mia strada è questa, che sia ingenua o meno. Non credo che si possa cambiare l'altro, ma un'esperienza può cambiare una persona. Penso che questi film siano esperienze.

In My Worst Enemy, lei dice che porterebbe questo film in Iran e che una volta arrestato lei, lo guarderanno. È una cosa che intendeva fare davvero?
Sì, è così. È da giugno dell'anno scorso che voglio andarci. Penso che se lo facessi, forse avrei dei problemi, ma non è la fine del mondo. I problemi fanno parte della vita e forse ne varrebbe la pena anche se finissi in prigione. Ma devo trovare un equilibrio: ho figli piccoli e mia madre è molto anziana, quindi da questo punto di vista vincono loro.

Nei due film i suoi protagonisti rivivono il trauma del periodo trascorso in carcere. Può dirci cosa pensa a riguardo?
In Where God Is Not, ho cercato di essere delicato con i miei personaggi perché il trauma è enorme e dovevo prendermi cura di loro. Ho sempre cercato di fare in modo che potessero andare avanti; ho continuato a chiedere loro come si sentivano. Ero davvero con loro e ho capito che ricreare queste scene poteva anche aiutarli un po'. Ma il mio unico obiettivo non era aiutarli, bensì fare il film. Non credo che un regista sia un angelo o che abbia solo buone intenzioni. Ha il suo ego, e tutte queste questioni che vengono messe in discussione ne My Worst Enemy ne fanno parte.

I protagonisti di Where God Is Not volevano raccontare al mondo ciò che sta accadendo in Iran. In My Worst Enemy l'ho fatto con Zar, che come attrice ha gli strumenti per farlo e ha reso possibile il progetto. Poiché è stata interrogata per un anno ogni giorno e, a differenza di altri, poteva vedere la persona che la interrogava, aveva tutto questo dentro di sé ed è stata in grado di attingervi.

Si confronta con lei sul fatto di costringere i protagonisti a rivivere il loro trauma, e quando lei dice che avevano una scelta e che avrebbero potuto dire di no, le chiede se è sicuro che sia davvero così. È una domanda molto interessante sul libero arbitrio e sulla responsabilità di un regista.
È per questo che l'ho inserita nel film, perché è una critica al mio film e al lavoro di un regista, non solo al mio, ma a quello di tutti i registi. Ho cercato di inserire nel film tutte le critiche possibili al cinema, agli iraniani, al potere, a tutto questo. Ma il giorno dopo ogni ripresa ho chiamato i protagonisti e ho chiesto loro come si sentivano. Per i personaggi di My Worst Enemy non è stato così difficile; non sono stati imprigionati per tanto tempo e non hanno subito torture così orribili. Ma per i personaggi di Where God Is Not è stato diverso, soprattutto per Homa Kahlori, che è stata in prigione per cinque anni. È stata una scena molto difficile con lei, le ’abbiamo girata praticamente in un'unica ripresa; era l'unico modo possibile per farlo. Ci siamo concentrati e abbiamo continuato.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy