email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2023 Berlinale Special

Lars Kraume • Regista di Measures of Men

“Nel corso della storia, il cinema ha ricavato la maggior parte dei suoi guadagni dallo sfruttamento della violenza”

di 

- BERLINALE 2023: Il regista tedesco si concentra sui moderni standard etnologici e sul motivo per cui ai suoi connazionali va ricordato il loro ruolo nel colonialismo

Lars Kraume  • Regista di Measures of Men
(© Anatol Kotte)

Trattando del passato coloniale della Germania nell'Africa sudoccidentale, Lars Kraume rivela l'etica problematica della scienza obsoleta e il genocidio avvenuto sulla scia di un simile approccio. Il suo film Measures of Men [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Lars Kraume
scheda film
]
segue un giovane scienziato da Berlino alla moderna Namibia e non si tira indietro quando si tratta di mostrare le atrocità in tutto il loro orrore. Il film è stato presentato di recente alla Berlinale in proiezione speciale.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Cineuropa: I tedeschi sono consapevoli di avere un passato coloniale?
Lars Kraume:
I tedeschi pensano di non avere nulla a che fare con il colonialismo. Questo perché hanno dovuto rinunciare a tutte le loro colonie nel 1919 dopo aver perso la Prima guerra mondiale. Dopo il 1945, durante le grandi battaglie per la libertà in Vietnam o in Algeria, si sono sempre comportati come se non avessero alcun ruolo in tutto ciò. Naturalmente, negli ultimi 70 anni, si sono occupati principalmente delle colpe della Seconda guerra mondiale e dell'Olocausto. Ma una volta la Germania era la terza potenza coloniale del mondo.

Il film non parla tanto dell'imperialismo classico, bensì della scienza. In passato la scienza è sempre stata assolta, ora invece la esaminiamo in modo più critico.
Questa visione critica della storia dell'etnologia è subentrata solo negli ultimi anni. Emmanuel Macron, ad esempio, ha fatto della restituzione delle opere d'arte africane depredate un tema della sua campagna elettorale, e per la prima volta le collezioni etnologiche hanno dovuto raccontare i loro manufatti e tesori d'arte rubati in un modo completamente diverso. Ci sono ancora oggi resti umani nei musei e negli archivi che non sono stati adeguatamente sepolti.

I suoi personaggi sono radicati nel loro ambiente storico, il che significa che non cerca di imporre loro visioni moderne. Il protagonista, Alexander Hoffmann, non è volutamente malvagio, ma è piuttosto cresciuto in questa scuola di pensiero.
Non volevo che noi registi fossimo in prima linea. Raccontiamo la nostra storia entro i parametri del periodo. Questo è, ad esempio, il motivo per cui usiamo anche parole razziste. Ma abbiamo cercato di mantenerlo il più possibile al minimo in modo che i personaggi non usassero sempre la parola “negro”.

Hoffmann ruba anche ai morti. Prende giocattoli e gioielli che probabilmente scompariranno negli archivi 100 anni più tardi, perché non puoi esporli e non hai alcuna fonte sul loro scopo originario.
I distributori volevano che tagliassi alcune di queste scene ricorrenti a causa della lunga durata. Ho detto che il film ne aveva bisogno in modo che lo spettatore potesse avere esattamente questa epifania. Lui ruba ai morti e trasporta tutto in Europa. Non ho inventato io il furto di teschi nel deserto. C'è una lettera di Felix von Luschan, il professore che è servito da modello per il personaggio di Peter Simonischek, che scrive agli ufficiali in Namibia e dice che se la popolazione locale muore comunque di sete, tanto vale che mandino qualche teschio in Germania.

Quando si parla di genocidio al cinema, si rischia sempre che le vittime siano una moltitudine che rimane sullo sfondo, sofferente e senza nome, e che la storia sia raccontata dal punto di vista dei carnefici.
Tecnicamente, la voce delle vittime in questa storia dovrebbe essere più forte di quella dei carnefici. Ma come tedesco bianco, non ho il diritto di raccontare le storie degli Herero o dei Nama, perché sarebbe un'appropriazione culturale. Devo raccontarla dal punto di vista dei perpetratori del reato. Nel corso della storia, il cinema ha ricavato la maggior parte dei suoi guadagni dallo sfruttamento della violenza. Se racconti la storia dal punto di vista della vittima, crei queste immagini di violenza, e noi non lo volevamo. Spero che un giorno i cineasti Herero e Nama saranno in grado di realizzare film dal loro punto di vista e, nel farlo, troveranno il tono e il vocabolario giusti per queste storie.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy