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BIF&ST 2023

Luca Lucini • Regista di Le mie ragazze di carta

“Ci piaceva l’idea di raccontare la perdita d’innocenza di questo ragazzo e farla corrispondere alla perdita d’innocenza di un intero paese”

di 

- Abbiamo parlato con il regista del suo nuovo film, presentato al Bif&st 2023, che racconta in modo poetico la scoperta del cinema e del sesso da parte di un adolescente degli anni ‘70

Luca Lucini  • Regista di Le mie ragazze di carta
(© Bif&st)

Nella sua nuova commedia intitolata Le mie ragazze di carta [+leggi anche:
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intervista: Luca Lucini
scheda film
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, Luca Lucini (Tre metri sopra il cielo, Amore, bugie e calcetto, Nemiche per la pelle [+leggi anche:
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scheda film
]
) trasporta lo spettatore alla fine degli anni Settanta, in Veneto. Protagonista è la famiglia Bottacin (mamma Anna - Maya Sansa, papà Primo - Andrea Pennacchi e l’adolescente Tiberio - Alvise Marascalchi), che lascia la campagna per trasferirsi in città, a Treviso, dove finalmente potranno vivere in un appartamento con un bagno decente e acquistare un televisore. Il mondo sta cambiando, e le sale cinematografiche, per non fallire, cominciano a programmare film erotici. Abbiamo incontrato il regista al 14° Bif&st - Bari International Film&Tv Festival, dove il suo film è stato presentato in anteprima mondiale, in concorso nella sezione ItaliaFilmFest/Nuovo cinema italiano.

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Cineuropa: Questo suo nono film di finzione è quello che lei dichiara essere il più sentito e personale. In che senso?
Luca Lucini:
Per certi versi lo considero come un nuovo esordio. È un film a cui sono molto legato, perché l’ho scritto con Mauro Spinelli, che è venuto a mancare due anni fa. Mauro è la persona grazie alla quale ho cominciato a fare cinema. Più di vent’anni fa scrisse il mio primo cortometraggio, Il sorriso di Diana, che ebbe un buon riscontro. In seguito, non ero più riuscito a lavorare con lui. Poi finalmente abbiamo scritto insieme soggetto e sceneggiatura di questo film, che ha vinto il Premio Solinas nel 2007.

Come mai ci sono voluti tutti questi anni per realizzarlo?
È una cosa che mi chiedo anche io, ma per certi versi sono contento così. Forse ora ha più senso raccontare la crisi della sala di quell’epoca, perché stiamo vivendo un’altra crisi simile. Anche raccontare ai giovani di oggi come una volta si scopriva il sesso; ora è completamente diverso, meno poetico. Nessuno lo voleva produrre, per questo devo ringraziare Pepito, 302 e Rai Cinema che hanno creduto in un progetto un po’ diverso da quello che c’è in giro, che non ha i canoni dell’algoritmo: io lo considero un pregio, invece spesso si preferisce andare sul sicuro e fare il remake del remake. Ma noi italiani siamo in grado di raccontare storie che ci riguardano, con una nostra poetica, con tenerezza e amore per i personaggi.

Il film ruota attorno a tre adolescenti, ma tutti i personaggi, anche quelli secondari, lasciano il segno.
Per dei personaggi scritti così bene non era facile trovare i giovani attori giusti. Alvise è un professionista, ha gestito il suo personaggio con grande cura. Christian Mancin, che interpreta il suo amico Giacomo, si è calato perfettamente negli anni ’80: lui adora tutto ciò che è vecchio, ascolta la musica di quegli anni, gli piacciono i motorini dell’epoca. Marika (Marta Guerrini) la immaginavo come una ragazza celestiale. È stato divertente vederli insieme, funzionavano molto bene. Il resto del cast è eccezionale: Pennacchi lo avevo immaginato sin dall’inizio, Maya ha fatto un lavoro straordinario sul dialetto. Una delle caratteristiche di Mauro era scrivere personaggi mai monodimensionali, anche i ruoli minori hanno profondità e umanità. Sono tanti i personaggi a cui ti affezioni: Don Marcello (Neri Marcorè), che ha una famiglia segreta in Bolivia; Bastiano (Giuseppe Zeno), il proprietario del cinema, che è un personaggio chiave; Claudio (Cristiano Caccamo) che sta per affrontare una transizione di genere. Il rapporto tra quest’ultimo e Primo è emblematico di come una storia collaterale possa dare forza agli altri personaggi: è un’amicizia diversa da qualsiasi altra, che dà luce anche al personaggio di Maya, sono tutti collegati.

Mi è capitato anni fa di curiosare nelle pagine del cinema di vecchi quotidiani degli anni ’70, e la quantità di sale che programmavano film erotici era effettivamente sorprendente. Lei che ricordi ha di quegli anni?
Nel film c’è esattamente quello che ho vissuto io in prima persona. Vivevo di fronte a una sala cinematografica. Andavo lì a vedere i cartoni animati, o i film di Bud Spencer e Terence Hill. A un certo punto non potevo più entrare e non capivo perché, mia madre diceva che non erano film adatti a me. Poi, un po’ più grande, entrai di nascosto con un mio amico da un’uscita di sicurezza sul retro, e ci fu questa sorta di cortocircuito tra l’amore per il cinema e la scoperta del sesso. Sullo schermo vedevo questi seni giganti… era in qualche modo poetico. Era proprio quel momento lì, in cui il cinema hard cominciava a essere un business mondiale, rimanevano tutti a casa a vedere la tv e se una sala non voleva chiudere doveva convertirsi. Un fattore divertente del film è sicuramente questo amore impossibile per una pornostar, raccontato in chiave romantica.

È un film in cui c’è un’altalena di emozioni, si piange e si ride. E c’è una certa nostalgia per quei tempi, in cui tutto sembrava più delicato e semplice.
È la sensibilità di Mauro, non a caso molti sceneggiatori importanti del nostro cinema vengono dal Veneto: c’è un cinismo che nasconde un cuore molto grande, il che è perfetto per un racconto cinematografico. Ci piaceva l’idea di raccontare la perdita d’innocenza di questo ragazzo e farla corrispondere alla perdita d’innocenza di un intero paese che stava cambiando. Quando fai certe scoperte non puoi più tornare all’innocenza di quando giocavi con le macchinine e i soldatini, o leggevi Tex Willer ai giardinetti. Stessa cosa per il paese: la fuga dalle campagne, la necessità di avere tante cose, la televisione, iniziava un processo di cambiamento irreversibile: volevamo raccontare qualcosa che non tornerà più, nel bene e nel male.

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