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CANNES 2023 Quinzaine des Cinéastes

Julien Rejl • Delegato generale, Quinzaine des Cinéastes

"Mi sono posto delle domande per poter dare alla Quinzaine un'identità riconoscibile"

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- Il nuovo delegato generale della Quinzaine des Cinéastes spiega i grandi cambiamenti apportati alla sezione parallela del Festival di Cannes

Julien Rejl • Delegato generale, Quinzaine des Cinéastes

Alla vigilia della 55ª edizione della Quinzaine des Cinéastes (dal 17 al 26 maggio nell’ambito del 76° Festival de Cannes), incontriamo a Parigi il nuovo delegato generale, Julien Rejl.

Cineuropa: Cosa ti ha spinto a modificare così fortemente la linea editoriale della Quinzaine?
Julien Rejl: Come cinefilo, ex distributore e anche critico, avevo la sensazione, anche prima di arrivare alla Quinzaine, che ci fosse una certa uniformità nel cinema offerto oggi nei festival. Ero molto amico di Pierre Rissient, che ha contribuito molto a spianare la strada, a scoprire nuovi registi per Cannes e gli altri grandi festival. Secondo lui, a partire dagli anni '90, il panorama dei grandi festival era molto cambiato con la moltiplicazione dei venditori internazionali e dei diversi mercati, e i film invisibili, i registi che erano fuori dai radar, fuori dal mercato, erano molto più difficili da portare all’attenzione generale. La mia ansia di cinefilo alla scoperta di nuovi autori è stato un po' frustrato per diversi anni. Mi sono semplicemente posto la domanda del perché e come avrei potuto rispondere per dare alla Quinzaine un'identità che si distinguesse in modo molto forte dalle altre selezioni di Cannes.

Ovviamente, essendo un ex distributore, conosco molto bene i distributori e i venditori e vado molto d'accordo con loro. Quando sono stato nominato per la Quinzaine e ho detto loro che mi sarebbe piaciuto che si fosse percepita una linea editoriale molto precisa, molti di loro mi hanno detto: non ce la farai perché a Cannes c’è il concorso per i grandissimi nomi da una parte e poi le altre selezioni che si dividono i film che gli rimangono. Mi sono detto che forse questa era la realtà e che avrei dovuto farci i conti. Ma in realtà, quando io e la mia commissione abbiamo iniziato il processo di selezione - cosa che richiede una quantità astronomica di lavoro - ci siamo resi conto  che tra una moltitudine di proposte che ci erano state inviate senza essere raccomandate, senza essere state individuate in un mercato di coproduzione, in un workshop, in un anticipo sugli incassi, in un Aide aux Cinémas du Monde eccetera, molte erano sorprendenti, rinfrescanti, innovative. Quindi il processo è stato naturale: non ho cercato specificamente di andare contro qualcosa, ma abbiamo tolto i nostri paraocchi, sviluppato la nostra curiosità, siamo rimasti aperti a tutti, senza alcuna discriminazione, e improvvisamente ci siamo trovati di fronte a un cinema che pensavamo non esistesse più.

Questi film passano sotto il radar dei venditori o non sono interessati perché li considerano fuori mercato?
È difficile dirlo, ma le reazioni da quando ho annunciato la selezione della Quinzaine parlano da sole. La stampa internazionale mi ha chiesto aiuto perché non riusciva a trovare nulla su Internet. Questo significa che nessuno aveva sentito parlare di queste opere. Non dico che la situazione sia semplice, ma credo che oggi ci siano tanti luoghi nel mondo in cui i progetti vengono aiutati a emergere, in cui si sviluppano partnership di coproduzione e di finanziamento - e penso che sia fantastico che così tanti progetti provengano da queste fonti - e che quelli che non danno aiuti rimangono invisibili poiché tutti vengono a fare affari dove è già tutto stampato. Solo dove mi trovo io, in un grande festival, si vedono arrivare film non identificati, che in un certo senso vengono dal nulla. Si potrebbe anche pensare che c'è il rischio che la ricerca di progetti diventi una ricerca di un algoritmo basato su ciò che funziona oggi, su questo o quel soggetto, questo o quell'attore, questa o quella nazionalità. Non dico che sia così, ma è un rischio, l'estremo in cui non dovremmo cadere. Ma questo sta già accadendo con le piattaforme, quindi non è del tutto fantascientifico.

Avete anche rifiutato qualsiasi quota di genere, il che va contro la stragrande maggioranza delle selezioni che cercano di spingere la rappresentazione delle donne registe.
Selezionare film di registe donne in base alle quote, a mio avviso, è antifemminista, significa considerare i film non per quello che sono, ma per il sesso o il genere della persona che li realizza. Non credo che le vere registe femministe vogliano sapere che i loro film sono stati selezionati perché un certo numero di film che corrispondevano ai criteri doveva essere selezionato. Noi selezioniamo in base al talento dei registi e il talento non è di genere. Tuttavia è necessario fare una distinzione tra il lavoro di ricerca e quello di selezione. Il primo richiede di prestare molta attenzione a tutti i tipi di film, e poiché siamo ben consapevoli che c'è ancora una minoranza di film di donne che si candidano, così come una minoranza di film di transgender,  di certe nazionalità, di documentari, eccetera, che sono scarsamente rappresentati, è qui che dobbiamo spianare la strada: dobbiamo cercare dove manca. Ma una volta fatto questo lavoro, al momento della selezione, ci sono solo opere, registi unici che non possono essere inseriti in categorie, che siano sessuali o di qualsivoglia comunità. Non siamo negli Stati Uniti, non facciamo selezioni basate su criteri comunitari. Tuttavia, senza farlo apposta, la percentuale di film di registe donne nella nostra selezione è comunque superiore alla percentuale di film di donne che si sono candidate. È anche possibile che ci sia un'autocensura e che le donne non si candidino ai festival più importanti, e lo stesso vale per i documentari.

E la scelta di "non dare priorità ai lungometraggi che sono potenziali candidati al concorso ufficiale perché la Quinzaine è soprattutto un luogo di scoperta"?
Non dare priorità a questi film non significa rifiutarli a priori, ma semplicemente che non sono in cima alla lista, con priorità rispetto ai film di scoperta. In termini assoluti, se uno di questi film mi avesse entusiasmato e corrispondesse alla linea editoriale della Quinzaine, lo avrei invitato. Ma negli ultimi 10-15 anni si è verificato un fenomeno: film molto attesi in concorso sono stati rifiutati e hanno cominciato a finire alla Quinzaine. Non per niente Thierry Frémaux ha poi creato Cannes Première per poter dare un posto nella selezione ufficiale a registi che non aveva invitato in concorso e di cui voleva mostrare il lavoro, e forse anche per evitare che venissero presentati altrove. Credo che la Quinzaine faccia un lavoro diverso, che si debba ricordare che è una selezione a sé stante all'interno del Festival di Cannes, totalmente indipendente e, nello spirito del 1969, che è un po' una controprogrammazione. Da questo punto di vista, non posso dire: prenderò i film che la Selezione Ufficiale non vuole. Così facendo, rovinerei il mio stesso programma! Non ho nulla contro questi film, né contro i registi che li hanno realizzati, ma devo creare un'identità. Questi film che avrebbero potuto partecipare alla Quinzaine o alla Mostra ufficiale del cinema hanno già un certo potenziale di notorietà internazionale, di casting e di risultati cinematografici. Dovrei dare la priorità a un giovane regista vietnamita al suo primo lungometraggio, che senza Cannes e la Quinzaine potrebbe non emergere mai, o a qualcuno che era atteso tra i grandi nomi del Concorso ufficiale? Personalmente, do la priorità al primo lungometraggio. E per i registi affermati che volevano entrare in concorso, se trovo che il film di questo o quello non sia all'altezza dei suoi film precedenti, non c'è motivo per cui la Quinzaine debba mostrarlo. Vorrei anche lottare contro un'altra cosa: se un film viene presentato alla Quinzaine contemporaneamente alla Mostra ufficiale,  e siamo abbastanza onesti da dire che Thierry Frémaux ha la priorità, ma che se non lo vuole, vale la pena andare alla Quinzaine, allora prenderò in considerazione il film. D'altra parte, e questo accade sempre più spesso, alcuni aspettano il giorno della conferenza stampa ufficiale del Festival e, se il film non viene preso, all’improvviso vogliono mostrartelo: io sono contrario a questo.

Perché hai ristretto la selezione a 19 lungometraggi in anteprima mondiale?
Per dare una migliore esposizione ai film e per avere una linea editoriale coerente. Affinché l'etichetta Quinzaine abbia un significato, deve essere resa un po' più rarefatta, in modo che ogni film si distingua, abbia spazio per vivere e non sia reso invisibile all'interno di una selezione massiccia. Inoltre ho deciso di portare una selezione di film che non hanno un distributore nelle sale a partire da giugno, in modo che il pubblico d'essai di un certo numero di grandi città possa avere accesso a questi film in anteprima, dando loro la possibilità di avere una migliore visibilità e di incontrare il pubblico, e allo stesso tempo di incoraggiare i distributori a posizionarsi su questi film.

Hai ridotto drasticamente la rappresentanza francese. Perché?
Innanzitutto, c'è un effetto meccanico: con meno film nella selezione, le proporzioni cambiano. Con meno posti, cerchiamo di avere la massima diversità possibile. Per il cinema francese, ho scelto le proposte che mi sembravano più audaci, ma c'è stata anche un po' di delusione per la giovane creazione francese. Mi aspettavo più scoperte e alla fine i quattro registi francesi selezionati non erano al loro primo o secondo lungometraggio. Ma erano i migliori, i più ricchi, i più coraggiosi.

E il resto del cinema europeo, al di là della vostra selezione che comprende una regista spagnola, un duo portoghese, uno o due belgi (uno è  un cineasta camerunense che vive in Belgio)?
Ci sono state proposte dai Balcani che mi hanno fatto esitare a lungo. C'è anche un vero rinnovamento del cinema rumeno e non so se la Turchia sia considerata europea, ma c'erano anche proposte molto interessanti. Parlando di Paesi al confine tra Asia ed Europa, la Georgia è presente nella selezione. Per il resto, abbiamo viaggiato molto, soprattutto in Polonia, e ho fatto un lavoro specifico sulla Repubblica Ceca. Ma per quanto riguarda i Paesi scandinavi, non è emerso nulla di specifico nella rosa finale.

Hai un film preferito in particolare tra quelli della tua selezione?
Non voglio mettere un film al di sopra degli altri, ma c'è una proposta che è in qualche modo emblematica, e cioè aver trovato un film per tutta la famiglia, compresi i bambini, e per gli amanti del cinema: Riddle of Fire [+leggi anche:
recensione
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scheda film
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di Weston Razooli. Vedere che è possibile far riemergere un cinema che non si rivolge solo a una fascia d'età, ma che sa divertirsi con i codici del cinema per l'infanzia per fare una vera e propria proposta cinematografica, credo che sia un buon segnale inviato al settore e spero che il film abbia una buona carriera in sala per incoraggiare questo tipo di proposta nella produzione.

(Tradotto dal francese)

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