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CANNES 2023 Semaine de la Critique

Erwan Le Duc • Regista di La Fille de son père

"Navigare tra emozione e umorismo è qualcosa di simile all'incanto"

di 

- CANNES 2023: Il regista parla del suo secondo film, che affronta temi "seri" e "gravi" sdrammatizzando

Erwan Le Duc  • Regista di La Fille de son père

Rivelatosi nel 2019 alla Quinzaine des Réalisateurs con il suo primo lungometraggio, l’eccentrico Perdrix [+leggi anche:
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, Erwan Le Duc torna sulla Croisette con La Fille de son père [+leggi anche:
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, proiettato in chiusura della 62ma Semaine de la Critique del Festival di Cannes.

Cineuropa: La Fille de son père tratta in maniera del tutto scanzonata, persino burlesca, argomenti "seri" e "gravi". Qual era la sua intenzione iniziale?
Erwan Le Duc: Volevo raccontare l'amore tra un figlio e un genitore. In questo caso, si tratta di una figlia e suo padre, ma avrebbe potuto essere una madre e suo figlio o una madre e sua figlia. Raccontare la storia di un amore che è allo stesso tempo incondizionato e in qualche modo imprigionante. Raccontare la storia della separazione di queste due persone. Mi sono posto questa domanda sul dramma molto presto, un po' come il personaggio del padre nel film. Non stavo scrivendo un dramma, ma mi sono reso conto che l'argomento era drammatico (ndr: una donna abbandona all’improvviso il suo compagno e sua figlia), ma ho risolto dicendomi, come il padre, che non ne avrei fatto un dramma. Come lui, non volevo che l'abbandono fosse l'evento fondante della loro vita, un trauma da superare. Non mi interessava quel tipo di trattamento. Volevo che l'abbandono fosse uno sconvolgimento, ma non un crollo, e non volevo che il padre fosse intrappolato da questo evento, ma che fosse molto aperto. Quando la figlia ha sette anni, le dice: "L'assenza non è un sentimento, si può rinunciare a un amore, basta decidere di farlo". Ovviamente, si tratta di una posizione che si sgretola nel tempo e che viene sottolineata dal personaggio di Youssef quando dice che dal momento in cui tua moglie ti abbandona, la tua vita diventa tragica. Questa domanda percorre tutto il film. Dramma o commedia? Come trattarlo?

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Il film parla di arte e di sport.
Sono cose abbastanza personali. Quando ero adolescente, facevo entrambe le cose. Giocavo a calcio in piccoli club e la sera trasformavo il garage dei miei genitori in uno studio di pittura, anche se non ne sapevo nulla. Quello che è certo è che volevo raccontare la storia di questi piccoli club di periferia o di provincia, con questi allenatori così coinvolti, che vi dedicano tutta la loro vita, personaggi molto toccanti che ho conosciuto bene, che investono troppo della loro vita in questi club e che sono anche educatori, cosa che mi interessava anche in relazione al soggetto del film. Ma per il padre il calcio è soprattutto una cornice, come il quadro lo sarà per la figlia. Perché questi due personaggi, che hanno costruito la loro vita su un'assenza, avevano comunque bisogno a un certo punto di crearsi una cornice, una passione che strutturasse la loro vita. Lei ha le sue pennellate sulla tela e lui traccia le linee sul terreno, anche quando non è necessario ma perché lo rassicura.

Ha spinto il film verso il burlesco? Perché?
Per me il cinema è raccontare una storia e farla sentire alle persone. Sono due forze che devono lavorare insieme. L'umorismo, le gag e il burlesco sono stati molto presenti durante le riprese. Si tratta di piccoli momenti molto gioiosi nella realizzazione del film e credo che questo si veda nel film stesso. Il burlesco funziona per me in modo quasi inconsapevole, ma i miei riferimenti sono Keaton, Kaurismäki, Kitano, persone capaci di imporre uno sguardo molto forte sulla forma e di far entrare una storia in un modo di vedere piuttosto singolare, con l'umorismo sempre dietro l’angolo e che può venir fuori. Navigare tra emozione e umorismo è qualcosa di simile all'incanto.

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(Tradotto dal francese)

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