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CANNES 2023 Quinzaine des Cinéastes

Michel Gondry • Regista di Le Livre des solutions

"Una volta che ho un'idea in mente, devo realizzarla"

di 

- CANNES 2023: Il regista francese racconta la sua commedia drammatica di autofiction su un regista che fa impazzire tutti quelli che lo circondano

Michel Gondry • Regista di Le Livre des solutions

Il nuovo film di Michel Gondry, Le livre des solutions [+leggi anche:
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intervista: Michel Gondry
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, è stato presentato in anteprima alla Quinzaine des Cinéastes del Festival di Cannes. Il film è ambientato in Francia e racconta la storia di una troupe cinematografica nel bel mezzo della post-produzione di un progetto che rischia di sfuggire di mano. Abbiamo parlato con il regista dei suoi metodi di lavoro e della sua ispirazione artistica.

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Cineuropa: Quanto c'è della tua esperienza personale nel film?
Michel Gondry: Quello che vedete nel film mi è capitato veramente, più o meno in questo modo. Questa è stata la spinta per scrivere la sceneggiatura. Volevo inserire ciò che avevo vissuto durante i tre mesi in cui ho lavorato alla post-produzione del mio ultimo progetto. Avevo un sacco di idee, alcune molto originali, altre molto assurde, e non ero molto ben organizzato. Questo ha reso la vita un inferno per le persone intorno a me.

Per un regista il processo di realizzazione di un film forse è più importante del film stesso?
Sì, perché fino alla fine non sappiamo mai se funzionerà davvero. Tra la scrittura e il primo giorno di riprese ci sono così tante fasi in cui si possono ricevere risposte negative. Quando penso al mio prossimo film, mi sento un po' stordito. È come se avessi appena corso una maratona e dovessi farne un'altra subito dopo.

Il protagonista sceglie di fare tutto da solo, come, ad esempio, quando si tratta di comporre la colonna sonora. Vorresti che fosse più facile fare un film o magari avere più libertà?
Non mi piace quando si parla di come raccontare una storia al cinema, o quando si applicano sempre queste regole precise, anche pensando alla storia del cinema e alle scelte dei registi che ci hanno preceduto. È completamente arbitrario e soggettivo. Secondo me chi segue questi passaggi ha solo bisogno di approvare se stesso. Io preferisco pensare alla macchina che è stata inventata 130 anni fa per produrre immagini in movimento e pensare a cosa si può fare con essa. Poi, naturalmente, ciò che viene realizzato può piacere o non piacere. Per quanto mi riguarda, sono ancora affascinato dai semplici aspetti tecnici del cinema. Cerco ancora di capire come combinare due scene con un taglio e farle funzionare. Nella vita reale, non vediamo le cose con dei tagli; tutto scorre e basta. Nei sogni, invece, ci sono tagli o cambi di scena. Come evocare la sensazione che il tempo stia passando nella storia: sono queste le domande che mi pongo.

Quando sei immerso in questo processo, come il tuo protagonista, e hai così tante idee allo stesso tempo, cosa ti permette di concentrarti e andare avanti?
È una sorta di resistenza contro l'opposizione di altre persone. Ho dovuto affrontare così tante opposizioni alle mie idee che ho dovuto rafforzare la fiducia in me stesso. Il fatto che qualcosa possa non funzionare non è un ostacolo per me. E se proprio non funziona, almeno ci ho provato. Ecco perché voglio lavorare con le mie idee: una volta che ho un'idea in mente, devo realizzarla. È fondamentale realizzarla.

I tuoi film sono diversi l’uno dall’altro e toccano vari generi, dalla commedia alla semi-fiction, dal dramma al documentario. C'è un genere che vuoi ancora sperimentare?
Mi piacerebbe fare un film horror. Durante il Covid ho guardato alcune serie, soprattutto crime. Non è molto salutare, ma ti attira. Ne sono stato talmente influenzato che potrei iniziare a scrivere anch'io qualcosa di simile.

Hai dedicato il film a tua zia. Anche la zia del protagonista è molto importante nel film.
Ho pensato a mia zia quando ho scritto il personaggio. Ma non ho chiesto a Françoise Lebrun, che la interpreta, di osservare mia zia o di imitarla. Non mi interessa che l’attore si sforzi di imitare qualcuno. Molti biopic non mi hanno catturato per questo motivo. Non riuscivo a concentrarmi sulle storie. Il film su Ray Charles, ad esempio, non mi è piaciuto proprio perché l'attore gli assomiglia troppo. Quindi per quanto riguarda questo personaggio, c'era una base, ma è stata l'attrice a dargli vita. Non conoscevo la Lebrun, ma mi piacciono molto i suoi occhi chiari e mi ricorda molto mia zia.

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(Tradotto dall'inglese)

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