Burnin’ Percebes • Registi di El fantástico caso del Golem
"La vita reale è molto più folle della finzione"
- Il quarto film dell'imprevedibile duo spagnolo Nando Martínez e Juan González arriva nelle sale spagnole dopo aver sorpreso in festival come Malaga

Se avete visto quell’opera di difficile catalogazione intitolata La reina de los lagartos [+leggi anche:
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scheda film], sicuramente vorrete lasciarvi stupire ancora una volta dalla nuova burla del tandem Burnin’ Percebes (Nando Martínez e Juan González), intitolata El fantástico caso de Golem [+leggi anche:
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intervista: Burnin’ Percebes
scheda film], che arriva venerdì 16 giugno nelle sale spagnole, distribuito da Sideral e interpretato da nomi popolari come Brays Efe, Bruna Cusí, Luis Tosar, Roberto Álamo e Anna Castillo.
Cineuropa: All'inizio del vostro nuovo film un personaggio va in mille pezzi. Quando vi è capitato di sentirvi così (personalmente e professionalmente)?
Nando Martínez: Quando qualcosa non va come ci si aspettava o si ricevono cattive notizie, in qualche modo si rompe ciò che era prestabilito o favorevole. Quindi, ogni volta che un progetto fallisce o non va come pensavamo, ci rompiamo un po'. Non c'è bisogno di una situazione estrema come quella del film per sentirsi fuori posto.
La stranezza (surreale) che vive il protagonista del film è una metafora o un ritratto di ciò che proviamo ogni giorno?
Juan González: È un ritratto, un po' esagerato e manipolato a scopo umoristico, del nostro contesto specifico. A volte abbiamo la sensazione che la vita, a ben guardare, sia molto più folle della finzione, solo che la diamo per scontata. Il personaggio di Juan (interpretato da Brays Efe) si trova a un punto in cui la vita lo ha sorpassato a destra e a poco a poco deve risolvere il problema per mettersi al passo.
Ho visitato il set dove avete ricreato l'appartamento del protagonista, con le sue pareti e il cartongesso. Il film avrebbe avuto un tono diverso se fosse stato girato in un apartamento vero?
N.M.: Sarebbe stato un film diverso, certamente non il nostro. Il progetto era già stato concepito con questa proposta estetica, che alla fine è solo un altro elemento narrativo della storia. Le scenografie, la fotografia, i costumi... fanno parte dei personaggi, dei loro caratteri e avanzano/cambiano con la storia. Abbiamo ritenuto fondamentale creare fin dall'inizio un mondo tutto nostro in cui la storia potesse svolgersi, in modo che il pubblico potesse immedesimarsi.
Qual è stata la scena più difficile e surreale da girare?
J.G.: Sono state riprese piuttosto gradevoli e atipiche. La regia si è basata su molti piani sequenza, il che ha reso le giornate a volte brevi e gratificanti. Le difficoltà derivavano da esigenze tecniche: dover attraversare le strade trafficate di Madrid per lanciare un pianoforte da una gru è qualcosa di molto surreale ed estremamente complicato, ma allo stesso tempo divertente. Aspetti nervosamente di vedere come si rompe il pianoforte mentre gli assistenti di produzione e regia combattono con persone che urlano oscenità a chi blocca loro la strada. In generale, questo è ciò che mi manca di più delle riprese: lanciare le cose dalle gru.
Cosa vi hanno detto i vostri genitori, i vostri vicini e i vostri nonni dei vostri film, sia di questo nuovo che dei precedenti?
J.G.: Ricordo che i miei genitori sono venuti alla prima di Searching for Meritxell (il nostro primo film) a Barcellona. All’uscita, mio padre rideva a crepapelle per una scena in particolare, mentre mia madre si è semplicemente congratulata con me. Credo che nessuno dei due abbia capito bene di cosa si trattasse, ma erano felici che facessi ciò che mi piaceva. Con La reina de los lagartos e El fantástico caso del Golem l’intenzione è raggiungere un pubblico più ampio. Diciamo che sono film più accessibili, e di quelli hanno un'opinione già più netta. Mia nonna, per esempio, si sente sempre dire che i miei film non le piaceranno e quindi non li guarda per mantenere una buona immagine del nipote. È un patto di non aggressione reciproca.
N.M.: La verità è che è la prima volta, con El fantástico caso del Golem, che li vedo uscire da una sala capendo perché ho inseguito il sogno di fare il regista per tanti anni. È un buon segno, significa che – come dice Juan – ci siamo aperti di più al pubblico e ci siamo resi più accessibili senza perdere la nostra impronta. Per i film precedenti hanno sempre aspettato di leggere quello che diceva la stampa per vedere se si trattava di qualcosa di interessante o meno, o se tutti erano d'accordo sul fatto che siamo un branco di idioti.
(Tradotto dallo spagnolo)
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