Marta Savina • Regista di Primadonna
“E’ una storia di emancipazione femminile per il pubblico di ogni provenienza geografica o culturale”
- Abbiamo incontrato la regista italiana che ha partecipato a Europe! Voices of Women in Film dell’EFP al Festival di Sydney

Prendendo posizione a favore della diversità di genere nel cinema, European Film Promotion EFP ha lanciato con successo Europe! Voices of Women in Film al Sydney Film Festival (SFF) nel 2016. Quest’anno, per l’ottava volta, il festival australiano (7 - 18 giugno), ha accolto le registe selezionate con i loro film. Cineuropa ha incontrato Marta Savina, che ha esordito con il suo primo lungometraggio, Primadonna [+leggi anche:
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intervista: Marta Savina
scheda film], ad Alice nella città della Festa del Cinema di Roma nell’ottobre 2022.
Cineuropa: Come è stata l’esperienza a Sydney? Hai avuto confronti e scambi interessanti con colleghe e colleghi e con il pubblico?
Marta Savina: È stata una bellissima esperienza. Ho avuto l'opportunità di immergermi completamente nel contesto di un festival di cinema internazionale, con un pubblico estremamente ricettivo e appassionato. Ma quello che ho trovato più stimolante è stato l'incontro con le mie colleghe europee. Abbiamo avuto la possibilità di condividere e confrontare le nostre esperienze, le nostre visioni e le nostre prospettive sul mondo del cinema e della creazione artistica. In particolare, ho avuto l'occasione di confrontarmi e scambiare idee con alcune registe europee i cui film erano inclusi nel programma "Europe! Voices of Women in Film". Questo scambio di idee e di esperienze è stata una grande occasione di arricchimento, sia dal punto di vista personale che professionale.
Come ha detto il direttore del Festival di Sydney Nashen Moodley, il programma intende "amplificare le voci delle registe in un settore oppresso dalla disparità di genere”. Pensi che iniziative del genere - ce ne sono sempre di più - stiano effettivamente aiutando le donne del cinema a mettersi maggiormente in luce?
Credo che iniziative simili siano fondamentali per promuovere la diversità e l'inclusività nel settore cinematografico. Il cinema, come ogni forma d'arte, dovrebbe riflettere la pluralità di storie, esperienze e prospettive che esistono nel mondo. E questa pluralità può essere raggiunta solo se tutti hanno la possibilità di far sentire la propria voce e di raccontare le proprie storie.
Il tuo film Primadonna è una storia emblematica di indipendenza ed emancipazione femminile. Il cinema - dominato per decenni da maschilismo e misoginia - può essere uno strumento per garantire i diritti delle donne?
Il cinema per me rappresenta uno strumento di comunicazione e di espressione artistica estremamente potente, che ha la capacità di emozionare, di ispirare e di provocare riflessioni profonde. Può darci una nuova prospettiva su questioni importanti, può sfidare le nostre convinzioni e può stimolarci a guardare il mondo con occhi diversi. In questo senso, può sicuramente contribuire a sensibilizzare il pubblico su temi sociali. Tuttavia, non credo che il cinema debba essere relegato a strumento per garantire dei diritti. Questo ruolo dovrebbe essere svolto da strumenti giuridici, politici e sociali. Il cinema è e deve restare arte, e in quanto tale mai sottomesso alle regole e alle convenzioni che invece devono essere proprie della giurisprudenza, della politica e di altri ambiti. Il cinema deve restare libero senza prendersi il carico - che sarebbe ingiusto - di attuare cambiamenti sociali così urgenti, profondi, e radicali.
Il tuo film è una coproduzione tra Italia e Francia. E’ stato pensato in sede di scrittura per un pubblico internazionale?
Quando ho scritto Primadonna vivevo a Los Angeles e penso che questo abbia dato al film un sapore intrinsecamente internazionale. Questa è probabilmente un'identità che mi porto dietro: sono nata e cresciuta in Italia, ma ho vissuto per dieci anni in diversi paesi esteri. Ritengo che la contaminazione culturale e l'esperienza internazionale rappresentino una risorsa immensa, sia dal punto di vista artistico che culturale. Non ho scritto Primadonna con un pubblico specifico in mente, ma piuttosto con l'obiettivo di raccontare una storia universale di emancipazione e indipendenza femminile, una storia che potesse toccare le persone indipendentemente dalla loro provenienza geografica o culturale.
Credi che le coproduzioni europee abbiamo più chance di attraversare i confini nazionali, partecipare a festival internazionali, avere una distribuzione più larga, un maggiore appeal nei mercati?
La coproduzione tra Italia e Francia ha sicuramente facilitato la diffusione del film oltre i confini nazionali. Le coproduzioni europee, grazie alla combinazione di risorse, talenti e sensibilità provenienti da diversi contesti, sono spesso caratterizzate da un appeal internazionale più ampio. Ma, oltre agli aspetti pratici e commerciali, credo che l'elemento più importante sia l’arricchimento culturale e creativo che deriva dall'incontro e dall'interazione tra diversi contesti e prospettive. Nella diversità e nell'internazionalità, vedo una forza incredibile che può arricchire non solo il cinema, ma l'arte e la cultura in generale.
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