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KARLOVY VARY 2023 Concorso

Itsaso Arana • Regista di Las chicas están bien

"Il film è un misto di coraggio e paura"

di 

- L'interprete, sceneggiatrice e ora regista esordiente spagnola parla del suo film, interpretato da lei stessa e da quattro amiche attrici, che ha presentato al festival ceco

Itsaso Arana  • Regista di Las chicas están bien
(© Elvira Iranzo/Los Ilusos Films)

Itsaso Arana è un volto noto della scena teatrale e audiovisiva spagnola che ha fatto il salto alla regia cinematografica con Las chicas están bien [+leggi anche:
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, film in concorso in questi giorni al Festival di Karlovy Vary e che sarà nelle sale spagnole il 25 agosto, distribuito da Elastica. Dall'aeroporto di Praga, in procinto di tornare nel suo paese dopo aver presentato il suo primo lungometraggio nella splendida città termale, ha risposto alla nostra telefonata.

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Cineuropa: Se non sbaglio, lei è stata già a Karlovy Vary con La virgen de agosto [+leggi anche:
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, che ha scritto insieme a Jonás Trueba e di cui era protagonista, giusto?
Itsaso Arana:
Venni con quel film quattro anni fa, sempre nella sezione ufficiale. E l'anno scorso è venuto il team della casa di produzione Los Ilusos, con il film Tenéis que venir a verla [+leggi anche:
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intervista: Jonás Trueba
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, anch’esso nella sezione principale, ma io non ho potuto perché stavo girando Las chicas están bien. Quindi abbiamo già un ottimo ricordo di questo festival, con molti studenti e persone accampate, una città molto vivace ed effervescente, con i cinema pieni.  

Come madre di questa creatura cinematografica, se dovesse definire Las chicas están bien, rientra in un genere o non ne ha bisogno?
Non so di che genere sia, perché non è un documentario o una fiction, è un po' d'epoca e allo stesso tempo moderno... a volte scanzonato, divertente, leggero; trova il suo genere, che è venuto naturalmente, dal suo interno. Non l'ho girato per illustrare un'idea, anche se è una dichiarazione d'amore alle donne della mia vita, in particolare a quattro amiche attrici che si sono prestate a questa generosa avventura in cui riversano esperienze personali, essendo per loro un rischio esporsi in questo modo. E quello che mi piace di più ora, la prima sensazione dopo averlo partorito è che si percepisce la tenerezza con cui è stato concepito, la sua morbidezza e delicatezza, ma ha anche qualcosa di sorprendente e, a suo modo, ferino. Sono orgogliosa di aver trovato la sua natura e la sua dimensione: umano, piccolo, girato in quindici giorni e poi, all’improvviso, visto in una vetrina internazionale come questo festival. L'ho girato senza troppe pretese ed è riuscito a mantenere questa natura fino alla fine.

Ha provato un senso di vertigine all'inizio delle riprese – magari perché non aveva diretto nemmeno un cortometraggio prima – o ha avuto la stessa rilassatezza che il film trasmette?
Dirigo da anni in teatro e gli strumenti che ho acquisito con quel lavoro mi sono stati molto utili per le riprese: non ho avuto la sensazione di essere in un luogo o in una posizione sconosciuta, ma ovviamente tutto ciò che è cinematografico da quella posizione di regia spesso mi sfuggiva. Anche se mi lasciavano fare le cose, bene o male, sentivo che stavo facendo a modo mio: si trattava di una piccola squadra con una pianificazione semplice, come avevo girato in precedenza con Los Ilusos, quindi ho potuto dar vita al film con il mio stile. Ovviamente ho provato paura, la fragilità era presente – non ho mai negato di aver avuto paura a girarlo –, ho proceduto con passo umile e ho fatto il film che sentivo di poter fare, un misto di coraggio e paura.

Il precedente lavoro con Jonás, la serie Las de la última fila o la sua ultima performance, H [+leggi anche:
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intervista: Carlos Pardo Ros
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, in che modo l'hanno influenzata e, in un certo senso, l'hanno plasmata per cogliere le qualità che un regista dovrebbe avere?
Che cosa interessante! Penso che un regista determini in modo assoluto l'atmosfera delle riprese, che è un'estensione della personalità, delle virtù e delle cose non troppo buone della persona che guida: l'ho visto nel tempo. Le riprese di Jonás sono silenziose, rispettose ed esitanti, un ritratto della personalità del regista. In questo senso, ho cercato di creare la mia atmosfera, di mettere in pratica le cose che avrei voluto sperimentare su certi set o che ritenevo necessarie per questo film in particolare. Ho quindi cercato di praticare una leadership decisa ma morbida, tenera, fiduciosa e, allo stesso tempo, di semplificare i processi: un cinema a misura d'uomo, possibilista e comprensibile, anche se le riprese sono una battaglia contro il tempo e lo spazio. Las chicas están bien ha una certa leggerezza estiva, ma è ambizioso nei suoi temi, e ho cercato di generare un'atmosfera in cui la creatività e la cura fossero al centro.

(Tradotto dallo spagnolo)

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