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VENEZIA 2023 Concorso

Saverio Costanzo • Regista di Finalmente l’alba

“Per la mia protagonista mi sono ispirato a un’idea di femminilità imprevedibile, non convenzionale”

di 

- VENEZIA 2023: Il regista ci parla dell’idea di partenza del suo film ambientato nella Cinecittà degli anni Cinquanta, e del cinema a cui si è ispirato

Saverio Costanzo  • Regista di Finalmente l’alba

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, la storia della giovane Mimosa (Rebecca Antonaci), ragazza romana degli anni Cinquanta timida e impacciata che viene “rapita” per una notte da una star americana dell’epoca (Lily James). Abbiamo parlato con il regista dell’idea di partenza e del cinema a cui si è ispirato.

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Cineuropa: Il film mostra un cinema italiano che non c’è più e per le star americane di un tempo.
Saverio Costanzo:
Sono partito da un fatto di cronaca, l’omicidio Montesi del 1953 a Roma. Una ragazza viene trovata morta sulla spiaggia di Capocotta. E’ l’omicidio che rappresenta uno spartiacque, come se l’innocenza del popolo italiano fosse finita in quel momento. Cominciava una nuova era, quella che viviamo ancora oggi. La stampa speculò sul fatto che alcune delle persone coinvolte nell’omicidio appartenevano al mondo della politica e a quello dello spettacolo. Si creò una curiosità morbosa sui possibili assassini, e nessuno pensava alla vittima. Quello che capita oggi a noi, che siamo ormai insensibili a tutto, niente rimane. L’idea iniziale era quella di riuscire a raccontare chi era Wilma Montesi, il giorno precedente alla sua morte. La scrittura mi stava portando verso un epilogo che non mi sembrava utile, allora ho creato il personaggio di Mimosa, una ragazza che segue le tracce nel sentiero percorso da Wilma: anche lei amante del cinema, aspirante attrice, anche lei proveniente da una famiglia della piccola borghesia che la opprime, che vuole toglierle tutte le possibilità che la vita le propone. Attraverso questo personaggio, che cambia l’epilogo, diamo dignità alla memoria di Wilma Montesi. Mi sono trovato allora a raccontare una storia di cinema e mi sono divertito a mettere insieme i frammenti di tanti film diversi. Non è un film nostalgico, parla di cosa è oggi il cinema italiano. Cinecittà è ancora lì. E questo film lo dimostra anche produttivamente.

Nel film c’è Hollywood, c’è Fellini. Chi l’ha ispirato maggiormente?
Si c’è tutto questo. Ma più che Fellini c’è Giulietta Masina. La prima ispirazione rispetto al personaggio di Mimosa è Giulietta Masina. Cioè riproporre un’idea di femminilità sofisticata, buffa, imprevedibile, per niente scontata, non convenzionale. Anche da spettatore di oggi mi sembrava una boccata d’aria fresca rispetto ai personaggi femminili delle serie e del cinema, tutti con la stessa androginità, la stessa chiave. C’è una femminilità più difficile, più inafferrabile, che Fellini ha reso grande. Le notti di Cabiria più che La dolce vita è stata la fonte d’ispirazione. Quando ho incontrato Rebecca Antonaci, ho visto una sua “nipote”, una persona che le somiglia anche nella sofisticatezza della sua femminilità.

E poi c’è un attore frustrato, un esperto d’arte e una capricciosa star di Hollywood.
I personaggi che accompagnano Mimosa durante quella notte faticano a rappresentarsi per quello che sono perché la gente chiede loro di essere altro. Mimosa non ha uno sguardo giudicante nei loro confronti e quando si incontrano lei è un foglio di carta bianco su cui ognuno riesce a scrivere la propria storia. Si specchiano in lei e vedono quello che sono veramente. Una cosa che è accaduta anche sul set. Willem Dafoe mi ha detto che nella scena finale, quando legge la poesia, è stato aiutato dalla semplice presenza di Rebecca: era commosso dalla sua semplicità, il suo non essere artefatta.

Come è stato lavorare con un cast in cui c’erano attori statunitensi?
Ho avuto il privilegio di avere l’ascolto di attori di questo calibro. Un’orchestra è facile da dirigere quando sono tutti bravi musicisti. Che hanno tecnica e cuore. E’ stata una lavorazione molto semplice, tutti si sono affidati alla storia, a me e sono stati molto generosi. La giovane Mimosa era la protagonista e tutti hanno accettato di fare un passo indietro. La dimostrazione che gli attori di tutto il mondo sono alla ricerca di arte. Comprendo e appoggio la loro battaglia ma sono molto triste che non siano potuti essere qui a Venezia per presentare il film.

Il film era dotato di una budget superiore alla media. Questo le ha dato maggiore libertà?
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con 500.000 euro e non c’è nessuna differenza tra i due film. Venivo dall’esperienza di In Treatment e volevo fare un film autarchico, più libero possibile. Questo aveva una diversa necessità produttiva. Ma sono sempre io, e l’approccio è sempre onesto.

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