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Hanna Slak • Regista di Not a Word

"Mi interessava questo confronto immanente con l'oscurità durante la ricerca di un luogo dove il processo di guarigione possa iniziare"

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- La regista si sofferma sul tema genitori-figli al centro del suo nuovo film, sulla Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler, e su come il genere influenzi i suoi drammi

Hanna Slak • Regista di Not a Word
(© Heidi Scherm)

La regista slovena residente a Berlino Hanna Slak ha presentato il suo quarto lungometraggio, Not a Word [+leggi anche:
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, al Toronto International Film Festival. Il film arriva dopo The Miner [+leggi anche:
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, che è stato il candidato sloveno all'Oscar per il miglior film straniero 2018. Cineuropa ha incontrato la regista per parlare delle questioni genitori-figli che sono al centro del suo nuovo film, dell'influenza della Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler e di come il genere tenda a insinuarsi nei suoi drammi.

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Cineuropa: L’idea di questo film è nata da un episodio sconvolgente avvenuto nel suo quartiere di Berlino. In che modo questa osservazione personale ha plasmato il tema di fondo del film, ossia la violenza e le sue conseguenze?
Hanna Slak:
Sono molto sensibile al modo in cui affrontiamo le conseguenze della violenza. L’episodio che mi ha colpito è stato il modo in cui è stata trattata la morte violenta di un bambino nel mio quartiere di Berlino. A parte la stampa scandalistica, aperta a ogni tipo di abuso, sembra che non ci fosse alcun desiderio di parlarne. Ho visto giovani scolari leggere notizie riguardo a questo caso sui tabloid e mi sono chiesta: come elaborano questo tipo di informazioni? Lasciano un impatto, una cicatrice? Hanno le parole per esprimere il loro disagio o questi eventi generano un trauma o un comportamento nevrotico, le cui cause possono essere mal interpretate dagli adulti?

Perché ha deciso di concentrarsi su una frattura tra un genitore e un figlio?
La trama si concentra su una crisi nel rapporto tra una madre e un figlio, ed esplora i vari abissi e sfumature di questo rapporto. Come ogni legame, anche quello tra genitori e figli non è statico: è un processo dinamico, un viaggio di individui che cambiano. Questa relazione deve essere costantemente reinventata, altrimenti può verificarsi un'interruzione della comunicazione. Inoltre, ciò che accade ai personaggi della storia è che entrambi sono colpiti da un evento violento, qualcosa che non è immediatamente visibile per loro, ma che rende le incomprensioni tra loro quasi impossibili da risolvere.

La Sinfonia n. 5 di Mahler è un motivo significativo. In che modo quest’opera ha influenzato la struttura e il ritmo del film?
Mi interessava trasporre la narrazione musicale della Sinfonia n. 5 nella trama di un film. Mahler ha vissuto nella sua vita la tragica morte di alcuni bambini, che credo abbia alimentato in lui una saggezza emotiva unica. Nella sua Sinfonia n. 5 lo sento confrontarsi con il trauma della perdita e navigare nelle complessità del lutto, alla ricerca di una forma di guarigione. Questa è solo la mia personale interpretazione della sinfonia come narratrice; non sono una musicologa. Quello che mi interessava era questo confronto immanente con l'oscurità durante la ricerca di un luogo in cui il processo di guarigione possa iniziare.

Anche il suo lavoro con la natura è significativo nel film.
Questo è un altro aspetto che mi lega alla musica di Mahler. Nella sua musica sento cicli e ripetizioni di idee e ritmi musicali, qualcosa che osservo anche in natura, ad esempio nel movimento delle onde, che è quello che abbiamo cercato di catturare nel film. E poi la natura ha questa imprevedibilità e violenza che non è né benevola né malevola. È solo una forza. Lo si vede nei cambiamenti improvvisi – nella luce, nel vento, nelle onde – che si verificano in natura e che a volte possono cogliere completamente di sorpresa. È spettacolare e affascinante. Volevamo lasciare che la natura dicesse la sua nel nostro film.

Perché ha scelto Maren Eggert come protagonista?
Sono una grande fan del suo lavoro al cinema e in teatro. C'è qualcosa di misterioso, intrigante e ambiguo in lei. Può essere mostruosa e immensamente divertente. Non è mai solo ciò che è visibile sulla superficie del suo personaggio. Non mi interessava costruire una protagonista che ci desse risposte su ciò che sta vivendo, ma piuttosto qualcuno che ci facesse interrogare su ciò che sta vivendo. Credo che questa sia una qualità che Maren porta davvero nei ruoli che interpreta, al cinema e in teatro.

Lei ha detto che le piace fondere il cinema di genere con quello d'autore.
Mi piace lavorare al limite del genere. Mi piace lavorare con la suspense, utilizzando alcuni dei tropi e il linguaggio cinematografico comune al cinema di genere. Nel caso di Not a Word, si tratta di elementi dello psicodramma o del thriller.

Qual è stata la maggiore influenza o ispirazione per Not a Word in termini di cinema di genere?
Forse non è un'influenza diretta, ma filtrata dai miei ricordi soggettivi dei suoi film: direi Alfred Hitchcock. Nel suo cinema, a volte sembra che non stia accadendo quasi nulla, eppure c'è una grande tensione.

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(Tradotto dall'inglese)

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