Massimiliano Zanin • Regista di The Cage - Nella gabbia
“Questo film parla della voglia di uscire dalle gabbie in cui ci troviamo rinchiusi”
- Il regista ci parla del suo primo film di finzione, con protagonista la talentuosa Aurora Giovinazzo nei panni di una lottatrice di MMA

Il regista, sceneggiatore e produttore Massimiliano Zanin (Istintobrass, Inferno rosso. Joe D’Amato sulla via dell’eccesso) ha portato alla 18ma Festa del Cinema di Roma, nella sezione autonoma Alice nella Città, il suo primo lungometraggio di finzione, The Cage - Nella gabbia [+leggi anche:
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scheda film]) interpreta Giulia, un’ex promessa delle MMA (Mixed Martial Arts) che, dopo un brutto incidente, è determinata a tornare a combattere e a liberarsi dalle gabbie che le sono state imposte, specie nella sua coppia.
Cineuropa: Lei ha collaborato per oltre 15 anni con il maestro del cinema erotico Tinto Brass, di cui è stato sceneggiatore e assistente sul set. Il suo primo lungometraggio di finzione è invece un film sportivo. Voleva uscire dalla sua comfort zone?
Massimiliano Zanin: Non la vedo come una vera e propria uscita dalla comfort zone, in partenza il film aveva effettivamente qualcosa di erotico. Ho scelto la lotta perché ti porta a un contatto fisico molto forte, c’è un erotismo inteso come forza vitale. Nella prima versione della sceneggiatura c’era anche un rapporto più intimo tra l’allenatrice e l’allieva, ma poi ho deciso di non portarlo avanti, la storia e i personaggi non ne avevano bisogno. Si andava su un terreno battutissimo e non così necessario, non c’era da dire nulla di più. Il personaggio di Valeria Solarino dichiara di amare le donne, ma questo non ha effetti sul suo rapporto con Giulia. Abbiamo così liberato spazio per seguire altri aspetti, è un film denso di cose e situazioni. Detto questo, Tinto è uno dei più grandi registi della sua epoca e 15 anni di set con lui ti formano. Non dico che si debbano uccidere i padri, ma un po’ me ne sono allontanato, senza rinnegare nulla ovviamente.
È un film molto fisico, in cui si suda, ci si rotola per terra, si sanguina molto. Quale è stato il suo approccio alle scene di lotta?
È stato un approccio istintivo. Ho cercato di usare la macchina da presa come una sorta di terzo lottatore nella gabbia, stavo molto addosso alle attrici, le ho fatte lavorare tantissimo e a ritmi assurdi. I match sono stati girati in due giorni, durante l’ultimo incontro Aurora si è fatta male a una spalla e abbiamo dovuto rimandare le riprese. È stata molto dura fisicamente, anche per noi che riprendevamo. A questo ho voluto aggiungere momenti più rarefatti, quasi onirici, con l’utilizzo di slow motion, flashback, immagini di tigri che lottano in gabbia, scelte musicali precise.
Di recente, le MMA sono state associate a un tragico fatto di cronaca (l’omicidio a colpi di botte di un 21enne per mano di due fratelli che praticavano questa disciplina) e molti lo vedono come uno sport troppo violento. Cosa c’è da sapere su questa arte marziale?
Che è uno sport come un altro, due atleti accettano determinate regole e si scontrano su un ring, che in questo caso è una gabbia. Le arti marziali miste utilizzano tecniche provenienti da varie discipline e c’è un grande rispetto per l’avversario. Ma, fuori contesto, tu che fai quello sport diventi un’arma. La violenza andrebbe usata solo in palestra.
Perché ha scelto di raccontare questo sport al femminile?
La violenza appartiene sia agli uomini che alle donne, ma questo film parla della voglia di uscire dalle gabbie in cui ci troviamo rinchiusi, non solo di MMA. Qui ci sono due tipi di violenza: quella dentro la gabbia, accettata dalle atlete, entro certe regole; e c’è la violenza del fidanzato di Giulia, o del prete che in maniera subdola indirizza la vita di questi giovani, una violenza più psicologica, che, partendo da un presupposto positivo, prova a chiudere l’oggetto del proprio amore in una gabbia.
Nel film recita anche Patrizio Oliva, ex campione del mondo di pugilato. Ha contribuito anche alla preparazione delle attrici?
C’era questo ruolo dell’allenatore in seconda di Valeria Solarino, doveva essere un ex pugile, suo vecchio maestro. Avevo visto diversi attori, ma avevo bisogno di qualcosa di vero, così come è vero Alessio Sakara (artista marziale misto, ndr), che interpreta l’allenatore della rivale di Giulia. Quando l’ho incontrato, ho pensato che Oliva avesse proprio la faccia giusta, lo vedrei bene in un film hollywoodiano. Ed è una persona di una generosità incredibile: sia lui che Sakara hanno dato tantissimo al film, in termini di preparazione e supporto alle attrici, non solo dal punto di vista fisico e tecnico, ma anche psicologico.
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