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BLACK NIGHTS 2023 Concorso

Emma Dante • Regista di Misericordia

“Questa storia nasce nel buio e nell’oscurità del teatro, su un palcoscenico molto vuoto”

di 

- La regista teatrale e cinematografica siciliana ci ha raccontato la gestazione del suo ultimo progetto, partorito dall’omonima opera teatrale del 2020

Emma Dante  • Regista di Misericordia
(© Rosamont)

Abbiamo raggiunto telefonicamente Emma Dante, di ritorno dall’anteprima internazionale del suo ultimo lungometraggio Misericordia [+leggi anche:
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, selezionato nel concorso principale del Tallinn Black Nights Film Festival di quest’anno. Con la regista palermitana, abbiamo ripercorso la produzione del film ed in particolare alcune delle sue principali scelte tecniche e artistiche.

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, anche Misericordia
è l’adattamento cinematografico di una sua opera teatrale. Che tipo di necessità l’ha spinta a riesplorare questa storia tramite il mezzo cinematografico?
Emma Dante:
In effetti, questa storia nasce nel buio e nell’oscurità del teatro, su un palcoscenico molto vuoto, con soltanto quattro personaggi, ovvero Arturo e le tre madri. Avevo voglia di sapere quale potesse essere la sua collocazione spazio-temporale. Avevo il desiderio di conoscere i volti degli altri personaggi che nello spettacolo venivano solo evocati, come il padre che uccide la madre all’inizio ed il resto della comunità che nel film finalmente trova una corporalità, una fisicità nelle donne, nei bambini, negli animali… Volevo saperne di più. Per questo ho trasportato la storia al cinema.

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Soffermandoci sul rapporto tra scrittura teatrale e cinematografica, mi chiedevo quali ostacoli ha dovuto affrontare per dipingere un mondo così estremo e al contempo realistico e, a mio avviso, dotato di un po’ di elementi di realismo magico.
Intanto, devo dire che mi sono fatta aiutare da due co-sceneggiatori – i quali sono anche scrittori – ovvero Elena Stancanelli e Giorgio Vasta. Mi hanno aiutata a distogliere lo sguardo dal teatro per andare invece verso una scrittura più cinematografica. Abbiamo lavorato su questo contrasto tra la verità di questi corpi e di queste donne ferite e mercificate e la magia ed il sogno di Arturo. In fondo, il film è un po’ visto dai suoi occhi. È come se questa storia la vedesse un bambino, perché Arturo in realtà non è mai cresciuto. Sono partita un po’ dall’idea di raccontare una favola. Ci sono degli elementi molto onirici, delle atmosfere che rompono il realismo di questo borgo fatto di capanne e fango.

Spostandoci sull’argomento casting, che tipo di qualità ha cercato per i ruoli di Arturo, Betta, Nuccia ed Anna?
Il cast è opera del mio casting director ma voglio sottolineare che il film arriva così com’è soltanto perché ci sono tante voci autoriali che lo aiutano. Per esempio, è importante citare il lavoro svolto con la direttrice della fotografia Clarissa Cappellani. Questa luce e questi paesaggi li dobbiamo a lei. Emidia Frigato, invece, ha ricostruito di sana pianta il borgo in una riserva naturale che si trova nel trapanese. Maurilio Mangano ha lavorato sulla ricerca dei volti di questi attori. Arturo è interpretato da un danzatore, lo stesso del mio spettacolo. Simone Zambelli è il trait d’union tra queste due storie, raccontate con linguaggi diversi. Lui è fondamentale perché è il portatore sano di Arturo. O forse anche “insano”, direi! (ride)

Le tre madri sono interpretate da attrici diverse da quelle dello spettacolo e sono molto diverse tra di loro perché ricoprono, in qualche maniera, i ruoli di questa famiglia non tradizionale. Ho cercato le loro diversità per sottolineare la completezza di questa famigla. Mi serviva che questa famiglia fosse “abitata” e formata da persone diverse. Per esempio, Anna, si aggiunge alla fine ed è la giovane madre, la madre più “amico” d’Arturo e tra di loro si instaura un rapporto che sembra quasi tra due amici, tra due maschi. È una specie di Lucignolo, ma anche una fata. È una madre che riesce a coprire un ruolo più legato alla giovinezza. Le altre due sono più “strutturate”, anche perché crescono Arturo dall’inizio della sua vita. In ogni caso, si tratta di una famiglia non tradizionale, dove non ci sono legami di sangue ma una fortissima componente d’amore e d’alleanza.

Potrebbe parlarci del lavoro svolto con il compositore Gianluca Porcu? Inoltre, cosa l’ha portata a scegliere Avrai di Claudio Baglioni?
La musica è arrivata prima di fare il film perché Porcu, ad un certo punto, mi ha mandato questo disco che aveva appena inciso. Qui c’erano alcune musiche che lui ha poi riformulato e ricomposto per Misericordia. In queste musiche c’era qualcosa che richiamava un motivetto della colonna sonora di Pinocchio di Fiorenzo Carpi [ndr, il compositore dello sceneggiato televisivo del 1972 Le avventure di Pinocchio, diretto da Luigi Comencini]… Le sentivo giuste per questa storia. Per me, in fin dei conti, Arturo nasce un po’ come un burattino di legno, nasce “difettoso.” […]  Avrai, invece, è legata ad un trascorso personale ed è la canzone che ho fatto sentire a mio figlio quando lui è arrivato a casa [ndr, la regista ha adottato un bambino nel 2017]. È stata la prima canzone che gli ho fatto sentire e della quale si è innamorato. Contiene un futuro semplice che dà speranza e per me è la chiave di tutto.

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