BLACK NIGHTS 2023 Concorso Opere prime
Grazia Tricarico • Regista di Body Odyssey
"Volevamo creare la voce del corpo"
di Teresa Vena
- La regista italiana ci ha parlato di ciò che i corpi sono in grado di dirci, nonché della sua esperienza con il mondo del bodybuilding e del suo approccio artistico a questo mondo

Il Concorso Lungometraggi del Black Nights International Film Festival di Tallinn ha ospitato la premiere del film Body Odyssey [+leggi anche:
recensione
intervista: Grazia Tricarico
scheda film] della regista italiana Grazia Tricarico. Il film è incentrato su una donna bodybuilder e sul suo rapporto mutevole con il proprio corpo. Abbiamo incontrato la regista, che ci ha parlato della sua esperienza nel mondo del culturismo e del suo approccio artistico.
Cineuropa: Qual è il suo legame con il mondo del bodybuilding?
Grazia Tricarico: È da un po' che me ne interesso e avevo già realizzato un cortometraggio. Ciò che mi affascina è innanzitutto il rapporto che abbiamo con il nostro corpo. Il bodybuilding è per me uno strumento per parlare di qualcosa che esiste a diversi livelli in tutti gli esseri umani. Tutti lavoriamo per trasformare il nostro corpo, e per i bodybuilder questo è vero in modo molto intenso. Per loro non è solo una questione fisica, ma anche mentale. Ho incontrato delle culturiste e sono rimasta stupita dalla loro forza di volontà. Mi interessava parlare del concetto di bellezza anche in questo contesto. Come le guarda il mondo? Cosa significa femminilità in questo caso?
È stato difficile entrare in questo mondo?
Ho trovato la mia protagonista sul web, in un forum, e l'ho avvicinata con un account falso. Poi ci siamo incontrate e abbiamo subito stabilito un grande legame l'una con l'altra. Ci conosciamo da dieci anni ormai. Il mondo delle bodybuilder è davvero accogliente. Mi hanno accolto e ho trovato amicizie vere. Sicuramente vivono in una bolla perché la loro vita è molto dura. Non hanno il tempo di occuparsi di altre cose al di fuori del loro corpo. Non hanno molti amici perché sono in palestra tutto il giorno. Quando hanno del tempo libero, devono riposare. È una comunicazione continua con il proprio corpo. È una ricerca della perfezione.
La sessualità è uno dei grandi temi che affronta il film. Come ha lavorato con la sua attrice non professionista per rappresentarla?
La sessualità è un'espressione del corpo e Jacqueline, che interpreta Mona, lavora sul suo corpo. Non è stato quindi difficile lavorare con lei sul corpo. Poiché ci conoscevamo già bene, sapevamo come comunicare. Non abbiamo lavorato sulla tecnica, ma sulla parte umana, sulla parte psicologica. Questo va in entrambe le direzioni. Io lavoro con lei, ma lei lavora con me e mi ispira emotivamente. E di sicuro, intorno a lei c'erano anche attori professionisti che hanno lavorato molto con lei. Jacqueline ha messo molto di sé nel ruolo. Anche se la storia è totalmente inventata, il dialogo con il corpo è molto reale.
Viene dalla Svizzera, giusto?
Sì, è svizzera, di Zurigo, e ci siamo incontrati la prima volta a Roma per il cortometraggio che ho fatto alla scuola di cinema. Una parte del film è stata girata in Italia e un'altra a Zurigo.
Perché avete deciso che doveva essere in inglese?
Volevamo creare un mondo astratto. Un mondo non riconoscibile geograficamente. Abbiamo ricostruito una comunità con diverse etnie e diversi accenti, per esempio, per creare una sorta di microcosmo, una specie di acquario di corpi. E la lingua inglese, in qualche modo, è una lingua artificiale. È un primo passo nella decontestualizzazione del film.
Lei ha creato una sua propria mitologia. Cosa l'ha ispirata?
L'aspetto del corpo di un culturista richiama il mondo ellenico. Da lì deriva la nostra idea di bellezza. Nel suo mondo, Mona non è un fenomeno da baraccone. Ma è bellezza, è perfezione, è una specie di dea. L'aspetto legato alla sessualità è che tutti vogliono Mona. È l'oggetto del desiderio. È su questo che abbiamo sviluppato un mondo mitologico. E poi l'idea di trasformazione è una metafora che troviamo anche nella mitologia classica.
Può dirmi qualcosa di più sul sound design?
Insieme al mio compositore volevamo ricreare i suoni che esistono all'interno del corpo. Volevamo creare la voce del corpo. Nell'ultima parte, quando inizia il delirio, il corpo diventa più forte di lei. Abbiamo cercato di elaborare il suono e questi lamenti, questi gemiti dall'interno del corpo. Abbiamo cercato di ricostruire il paesaggio del corpo. Abbiamo immaginato un territorio vulcanico che erutta.
(Tradotto dall'inglese)
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