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BLACK NIGHTS 2023 Concorso Opere prime

Eeva Mägi • Regista di Mo Mamma

“Andare al cinema è come avere le farfalle nello stomaco; è una sensazione che vorrei suscitare con i miei film”

di 

- Voce nuova e intrigante del cinema estone, la regista rivela alcuni dei segreti dietro i suoi film profondamente toccanti e personali

Eeva Mägi  • Regista di Mo Mamma
(© Virge Viertek)

Abbiamo parlato con Eeva Mägi, che ha appena presentato due film in contemporanea al Festival Black Nights di Tallin: l'ibrido e semi-autobiografico Mo Mamma [+leggi anche:
recensione
intervista: Eeva Mägi
scheda film
]
, che si è aggiudicato uno dei due Premi speciali della giuria assegnati nel Concorso opere prime (leggi la news), e lo straziante documentario Who Am I Smiling For?, concepito come una lettera a una bambina da parte della madre morente, e presentato in anteprima baltica. Abbiamo chiesto a Mägi di parlare del suo approccio generale al cinema e di fornirci dettagli sui suoi lavori più recenti, nonché sul suo prossimo progetto di lungometraggio. 

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Cineuropa: Nei suoi cortometraggi, ma anche nei suoi lungometraggi, tocca alcuni temi delicati: l'alcolismo, la custodia dei figli, i traumi, la perdita di persone care. Cosa la spinge a scavare in questi argomenti?
Eeva Mägi: Me lo sono chiesto anch’io. Non è che voglia necessariamente affrontarli quando inizio a fare un film, ma le cose mi capitano e mi colpiscono, quindi sviluppo un sentimento, soprattutto nei confronti delle persone coinvolte. A volte si tratta di storie molto personali, come nel mio cortometraggio The Weight of All the Beauty, con mio padre e i miei zii che si sono ubriacati fino alla morte. Non che volessi trattare il tema dell'alcolismo; è il contrario. Volevo capire meglio quello che era successo loro e alla fine ho trovato la bellezza. Cerco sempre di trovare la poesia e gli elementi di incanto in questi temi.

Mo Mamma è una storia semi-autobiografica, che tratta di un rapporto madre-figlia e coinvolge filmati privati amatoriali. Perché ha scelto il genere ibrido?
Quando ho frequentato la scuola di cinema, in realtà volevo fare fiction, ma quell'anno era disponibile solo il programma documentari. E in qualche modo è successo che ora ho questo stile strano: metto molto in scena le cose e modifico tutti i fatti senza volerlo. Mo Mamma è ispirato a fatti realmente accaduti e, più precisamente, a una notte isterica che ho passato con mia madre dopo aver visto mia nonna in ospedale. Tuttavia, ho deciso di inserire i filmati d'archivio di famiglia affidando i ruoli miei e di mia madre ad attrici professioniste, perché solo il 30% circa della storia si basa su eventi veri; il resto è pura finzione. All'inizio non avevamo la sceneggiatura completa pronta. Avevo solo la scena del litigio, quindi ogni mattina scrivevo l'episodio che avremmo girato nel pomeriggio. L'impatto delle attrici sul set è stato enorme, perché la macchina da presa stava girando e alcune scene sono semplicemente accadute. Inoltre, mi fido pienamente del mio direttore della fotografia, Sten-Johan Lill, che ha un grande talento. Dal punto di vista visivo, ho cercato di esprimere la sensazione di un fantasma che aleggia.

Mo Mamma parla anche di dolore, e Who Am I Smiling For? si spinge oltre nella dissezione di questo sentimento. Com'è stato stare vicino a questa famiglia in un momento così delicato e critico?
La madre mi ha contattato perché voleva lasciare una testimonianza poetica alla figlia, che aveva solo tre anni quando è morta. Era la prima volta che realizzavo un film su richiesta di un personaggio. Sapevamo che dovevamo iniziare subito a girare perché Mari non aveva molto tempo. E mentre giravamo, stavo ancora cercando la forma, come costruire il film. Volevo evitare l'approccio giornalistico, quindi ho cercato un approccio più saggistico. E poi, per evitare di mettere la morte al centro, mi sono concentrata sui tentativi della madre di spiegare al figlio maggiore che, anche quando morirà, lei sarà ancora presente. Questo film conserva frammenti della sua presenza. Alla fine, i nonni hanno ammesso che il processo è stato come una terapia per loro.

Sembra che lei preferisca location remote o ambienti intimi, piuttosto che ambienti affollati o trafficati. Si tratta di una decisione concettuale o forse di budget ridotti?
Nel caso di Mo Mamma, avevamo la location prenotata per una settimana per un altro progetto che non ha ottenuto finanziamenti, e sentivo che dovevo comunque fare un film. Ho quindi scritto una sceneggiatura adatta a questa location e così è nato il film. Tuttavia, a prescindere dal budget o dall'ambientazione, ciò che è importante per me è suscitare nello spettatore una sensazione molto forte, paragonabile a quella che ho provato quando sono andata al cinema per la prima volta da bambina. Per me guardare il cinema è come avere le farfalle nello stomaco: è una sensazione che vorrei suscitare con i miei film.

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(Tradotto dall'inglese)

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