Elina Psykou • Regista di Stray Bodies
"Dovremmo capire se certi processi riflettono le nostre reali intenzioni o se siamo spinti dal capitalismo"
- La regista greca spiega i problemi che ha voluto affrontare nel suo coraggioso documentario sul turismo medico nelle sue varie forme
![Elina Psykou • Regista di Stray Bodies](imgCache/2024/03/18/1710761409178_0620x0413_0x0x0x0_1710761510290.jpg)
Al Festival internazionale del documentario di Salonicco, abbiamo incontrato Elina Psykou, che ha presentato il suo atteso film Stray Bodies [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Elina Psykou
scheda film], su una varietà di argomenti controversi. Il film ha ricevuto la Menzione speciale della giuria nel Concorso internazionale (leggi l’articolo). Psykou ci racconta come è nata l'idea del film e le sue opinioni personali sui temi controversi trattati nel documentario, opinioni che però non ha cercato di imporre sullo schermo.
Cineuropa: Com'è nata l'idea di esplorare il trend del "turismo medico" in Europa?
Elina Psykou: L'idea iniziale del film mi è venuta 13 anni fa. All'epoca ero sorpresa dal fatto che l'aborto fosse completamente vietato a Malta e che le donne dovessero quindi cercare altrove un’assistenza medica legale. In Grecia la cremazione non era consentita dalla Chiesa ortodossa e pertanto molti defunti venivano trasportati in Bulgaria, nei forni crematori di Sofia. Così, nella mia mente ho collegato queste due situazioni e mi è venuta l'idea di avvicinarmi a questa sorta di turismo surreale per i problemi inerenti la vita e la morte. Fortunatamente, cinque anni fa, la cremazione è stata finalmente autorizzata in Grecia, quindi la linea narrativa bulgara della storia è stata abbandonata, anche se abbiamo continuato a collaborare con il nostro co-produttore lì, Red Carpet. Quindi mi sono concentrata sull'aborto, sulle procedure in vitro e sull'eutanasia come opportunità per parlare della nascita, della morte e di tutti i viaggi che avvengono intorno ad esse - e di ciò che agli esseri umani è permesso e non è permesso fare. Anche la posizione delle istituzioni religiose è stata importante in tutto questo. Ciò che mi ha sorpreso è che, ad esempio, la cremazione non era consentita nella Grecia ortodossa, ma lo era nella Bulgaria ortodossa.
Questo perché il comunismo ha trasformato la Bulgaria in un Paese prevalentemente laico e la Chiesa è piuttosto liberale su molti argomenti.
Sì, la religione va sempre a braccetto con la politica. Per me era importante anche parlare della posizione dell'Unione europea. Perché vorrei che fossimo più uniti, e non solo per motivi economici. Sono felice che ora, con l'aiuto dell'UE, in Grecia abbiamo una legge che finalmente approva il matrimonio gay. È una buona cosa e vorrei che nell'Unione ci fosse una legislazione più universale che sostenga i diritti umani.
Ma il film dà spazio anche a opinioni controverse, come quella dell'uomo che vede principi eugenetici nella procedura in vitro, e questo fa riflettere. Non temeva di essere attaccata sia dalla destra che dalla sinistra?
Il concetto di eugenetica, ovviamente, è qualcosa di discutibile e mi è stato consigliato di eliminare quella parte. Tuttavia mi è stato chiaro fin dal primo momento che non volevo fare un film attivista, ma far luce anche su diverse prospettive trascurate. Nonostante le preoccupazioni e l'opposizione dei miei collaboratori, sono rimasta ferma nella mia decisione. Il film dimostra anche come il linguaggio e le argomentazioni della sinistra siano state cooptate dalle narrazioni dei conservatori e dell'estrema destra, causando confusione nella società e confondendo le posizioni ideologiche.
D'altra parte, procedure come quella in vitro, ad esempio, aprono un grande e redditizio mercato. Sebbene sia convinta che il nostro corpo sia solo nostro e che possiamo farne ciò che vogliamo, dovremmo riflettere attentamente se una certa procedura è un nostro desiderio autentico o se è, piuttosto, ciò che il capitalismo vuole da noi. Questa è certamente una domanda che vorrei porre con il mio film. Per esempio, una delle mie due protagoniste che volevano concepire in vitro ci è riuscita dopo molte procedure dolorose, ma l'altra ha rinunciato, perché era troppo per lei.
Come avete fatto a trovare i sooggetti e a convincerli a partecipare, data la delicatezza degli argomenti?
Nel corso degli anni abbiamo condotto ricerche approfondite in diversi Paesi, mentre io ovviamente lavoravo ad altri film. È stato molto difficile, ma siamo stati anche fortunati. Come nel caso della donna francese che chiedeva il suicidio assistito. È venuta fuori inaspettatamente e ha arricchito il film con questa storia personale e commovente. L'episodio dei suoi ultimi minuti, girato con il consenso anche dei figli, è forse la parte più forte del film.
I suoi protagonisti hanno trovato pace dopo aver realizzato i loro desideri?
Penso di sì, non solo per i risultati ottenuti, ma anche per aver partecipato al documentario, perché in questo modo hanno condiviso le loro esperienze con più persone, aiutandole a elaborare il loro trauma. Sono anche coinvolti attivamente nella presentazione del film al pubblico.
(Tradotto dall'inglese)
Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.