Christina Friedrich • Regista di Zone
"Tutte le scene del mio film sono state girate in una sola ripresa, senza prove"
- La cineasta tedesca ci fornisce dettagli sul suo ultimo film, sull'improvvisazione dei suoi attori, sulla libertà creativa e sul primato delle emozioni sul significato letterale delle sue immagini
Il German Film Fest. Madrid ha portato nella capitale spagnola il secondo lungometraggio della cineasta, sceneggiatrice e scrittrice Christina Friedrich, intitolato Zone [+leggi anche:
recensione
intervista: Christina Friedrich
scheda film], un titolo non adatto a tutti i palati - né alla pazienza di tutti - che ha tuttavia suscitato la curiosità di parte del pubblico presente alle proiezioni. Dopo una di queste, abbiamo incontrato la regista per conoscere i dettagli del film, che aveva esordito nella sezione Harbour dell'IFFR.
Cineuropa: Il film è nato dall'esigenza di approfondire i temi trattati nel romanzo da cui è tratto, Keller, che lei stessa ha scritto?
Christina Friedrich: Il libro ha un testo molto forte. Ho parlato con diverse case editrici per pubblicarlo, ma mi hanno detto che era troppo cupo... Ma la storia tedesca è cupa! Così ho deciso di farne un film e, proprio quando ho iniziato le riprese, una casa editrice si è interessata al mio libro.
Sia libro che film scavano nella stessa ferita: come il popolo tedesco non abbia fermato la barbarie, come una cosa così bestiale sia stata normalizzata. Questo ha provocato critiche da parte di qualche gruppo sociale nel suo Paese?
Il film non è ancora uscito nel mio Paese: uscirà il 3 ottobre a Berlino, anche se è stato presentato in anteprima al festival di Rotterdam. Non ha ricevuto quasi nessun finanziamento: solo in Turingia, lo stato federale in cui si svolge l'azione. Quando ho fatto richiesta di sovvenzioni, il libro esisteva già e si poteva capire dove il mio lavoro andava a parare e qual fosse il senso del film, ma eravamo nel bel mezzo della pandemia e mi hanno detto che non avevano bisogno di altri thriller tedeschi. Non c'era alcun interesse a sovvenzionarlo e quando l'ho presentato a un festival tedesco mi hanno detto che non volevano proiettarlo, quindi sono estremamente grata a questo festival di Madrid che lo ha accettato.
Perché un film con così tanti segmenti? È un puzzle, una poesia...?
Non l'ho inteso in questo modo. È come quando si dipinge un quadro o si compone una sinfonia, alcuni elementi entrano in gioco. Lo definirei una preghiera, un esercizio di memoria: il requiem di una ragazza che piange per la scomparsa di un Paese.
Zone ha molti elementi performativi, con coreografie e musica. È anche un po' come un quadro vivente, con una messa in scena in stile pittorico, ma in movimento.
Naturalmente, sono i media nei quali mi muovo. Vengo dal teatro, lavoro con i corpi umani, con spazi vuoti e grandi.
Durante la realizzazione di Zone c'era uno schema di sceneggiatura precedente o ci sono stati elementi di improvvisazione?
Ho buttato via gran parte della sceneggiatura che avevo scritto, anche per ragioni di costi, visto che il film è finanziato da me, ma i luoghi in cui si svolge erano predefiniti e tutte le scene sono state girate in un'unica ripresa, senza ripetizioni. Gli attori erano completamente liberi di lavorare d'improvvisazione.
Ci sono molte scene. Quanto sono durate le riprese?
Circa venti giorni, in estate. Non c'erano assistenti o catering, ho cucinato per tutta la troupe. Ma il montaggio ha richiesto molto tempo.
Quando ha presentato il film oggi qui a Madrid, ha raccomandato al pubblico di immergersi nel film come in un fiume: significa che dà più importanza all'emozione e a ciò che le immagini provocano che non alla ricerca del loro significato?
Penso che Zone possa essere letto con il corpo: è necessaria una certa cecità o sordità per apprezzarlo. Non bisogna cercare di capirlo nella sua interezza, ma lasciarsi andare con fiducia, entrando nella vita di questa ragazza, partendo dal presupposto che non capiamo tutto, ma possiamo sentire molte cose. Il cinema è questo: un mezzo che trasmette emozioni, non dobbiamo cercare di capirlo con l'intelletto, ma con un po' di confusione, senza parole, e sorprendendoci.
Ma per fare un film così particolare bisogna essere militanti di un’indipendenza intransigente. La libertà assoluta è la sua ricompensa?
Non ho mai voluto barriere o impegni per fare Zone, volevo la libertà assoluta di costruirlo. Il prezzo è ovviamente alto, ma è venuto fuori come volevo. Non ho voluto negoziare nulla.
Ha qualche progetto futuro di questo tipo?
Ho appena terminato un film in stile David Lynch, con dei bambini che fanno un lunghissimo viaggio di notte, intitolato The Night Is Dark and Brighter than the Day. E ne ho in cantiere un altro, Ach Europa, che è mostruoso, politico e selvaggio, con tanta follia e corpo.
In collaborazione con
(Tradotto dallo spagnolo)
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