Saulė Bliuvaitė • Regista di Toxic
“A 13 anni non hai ancora detto addio ai tuoi giocattoli: giochi con le Barbie, anche se fumi già le sigarette”
- La regista lituana, vincitrice del Pardo d'Oro, ci parla del suo film in cui due ragazze cercano di costruirsi una vita migliore iscrivendosi a una scuola per modelle

La regista lituana Saulė Bliuvaitė ha vinto il Pardo d'Oro con il suo primo lungometraggio, Toxic [+leggi anche:
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intervista: Saulė Bliuvaitė
scheda film], solo un paio di giorni dopo la premiere del film, in concorso al Festival di Locarno (leggi la notizia). All'indomani della vittoria, la regista ha parlato con Cineuropa di questa storia di due tredicenni - Marija (Vesta Matulytė) e Kristina (Ieva Rupeikaitė) - che cercano di costruirsi una vita migliore iscrivendosi a una scuola per modelle.
Cineuropa: L'ambientazione post-industriale è molto evidente in Toxic. Dove avete girato?
Saulė Bliuvaitė: Abbiamo girato nella mia città natale, Kaunas. Abbiamo usato molte location di quell'area. È la seconda città più grande della Lituania, ma durante l'occupazione sovietica era un importante centro industriale. Oggi ci sono molti edifici abbandonati. Il mio approccio al location scouting è stato quello di tornare a casa [ride].
Il film, per certi versi, avrebbe potuto essere ambientato ovunque, ma è anche importante che le sue due protagoniste adolescenti si trovino ad affrontare le cose proprio in quel momento.
Sì, e trovo offensiva l'etichetta di "pornografia della povertà" che è stata messa in giro. Molte persone vivono ancora in queste condizioni, quei luoghi esistono e le adolescenti crescono con la voglia di essere altrove. Sì, ora che facciamo parte dell'Unione Europea stiamo bene, e nel mondo ci sono posti in cui le condizioni sono molto peggiori. Quanto peggiore è la situazione per te, tanto maggiore è il dolore che puoi sopportare prima di partire per raggiungere qualcosa di meglio.
Incuriosisce questa particolare età, i 13 anni, a cavallo tra l'infanzia e l’essere adulte. Quanto è stato importante per lei inserire le scene in cui le ragazze fanno sport in un vicolo, accanto ai corsi di modella che frequentano e che le trattano come adulte?
Come dice lei, a 13 anni non si è ancora detto addio ai giocattoli, si gioca con le Barbie, anche se si fumano le sigarette. È un momento davvero particolare. Era importante per me includere i giochi perché quello era il loro luogo felice, non il corso di modelle. Tutto nasce da un senso di responsabilità: quando i ragazzini crescono in una situazione difficile, iniziano a sentire che devono provvedere a se stessi, alla loro famiglia, molto presto. Per loro questo è lavoro.
C'è anche un forte contrasto con le sequenze di danza. Può dirci qualcosa di più sulla rappresentazione dei corpi in queste danze?
Sono le mie parti preferite del film! Volevo davvero dei movimenti particolari perché il film è legato al corpo. Volevo che le persone in Toxic si muovessero sempre in modo strano, e questo è particolarmente visibile nelle danze. Ho chiesto specificamente al coreografo una danza che non sembrasse femminile; è uno stereotipo che volevo evitare, quello delle ragazze giovani che sembrano sexy o performativamente femminili. La sessualità non è la parte più importante dell'essere adolescente. Per questi personaggi in particolare non lo è, ed è per questo che hanno paura di essere trascinate in situazioni intime.
Può parlare del rapporto tra Marija e Kristina? All'inizio è un po' brusco, ma non sono mai in competizione l'una con l'altra. C'è amicizia, sorellanza, amore...
All'inizio non avevo un'idea precisa, si è sviluppata strada facendo. Volevo creare un rapporto che passasse dalla semplice amicizia a una sorta di legame romantico, senza enfatizzarne la sessualità. Quindi rimaniamo in questa zona che è impossibile etichettare, ma è comunque profonda.
Pensa che le sue giovani attori si sentissero più vulnerabili o più forti perché appartengono a una generazione diversa dalla nostra?
È stato una esperienza molto interessante per me, perché all'inizio volevo ambientare il film nel passato e renderlo più legato alla mia storia personale. Ma quando abbiamo iniziato il casting e ho parlato con le ragazze, ho capito che volevo usare anche le loro storie. Di conseguenza, Toxic è diventato un ibrido, in cui si vedono vecchi edifici e persone che usano gli smartphone. In realtà, solo dopo due anni di casting e di lavorazione del film ho compreso l'atmosfera di quella generazione. All'inizio, tutto quello che c'era nella sceneggiatura era legato alle mie esperienze passate, e alcune di quelle cose coincidevano. Alcune cose sono cambiate, ma altre sono rimaste invariate. Pensavo che i tempi fossero cambiati definitivamente, ma ascoltando le storie che le ragazze più giovani mi raccontavano, ho riconosciuto molti degli stessi traumi. Altre volte, invece, mi ha colpito il loro coraggio nel recitare.
(Tradotto dall'inglese)
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