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NAMUR 2024

David Oelhoffen • Regista di Le Quatrième Mur

“L'arte ci permette di fare luce sul peggio della realtà”

di 

- Intervista con il regista francese, il cui adattamento del romanzo di Sorj Chaladon è una riflessione sul ruolo dell'arte di fronte ai conflitti, con drammatiche risonanze contemporanee

David Oelhoffen  • Regista di Le Quatrième Mur
(© Valentin Louvrier/FIFF)

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, adattamento del romanzo di Sorj Chalandon, che segue il fragile progetto di ricreare l'Antigone di Anouilh nel Libano dei primi anni Ottanta, presentato in concorso al Festival internazionale del cinema francofono di Namur.

Cineuropa: Come si è imbattuto nel testo?
David Oelhoffen:
Sorj Chalandon è uno scrittore che ammiro. Avevo letto La quarta parete, senza avere necessariamente in mente un adattamento, soprattutto perché le difficoltà legate alla rappresentazione della guerra libanese degli anni Ottanta sembravano difficili da superare. Mentre pensavo ad altri suoi testi, che trattavano della guerra civile in Irlanda, ho ricevuto una telefonata dalla produttrice Christine Rouxel, che aveva appena acquistato i diritti di La quarta parete e che mi ha proposto di adattarlo e dirigerlo. Dato che c'era una produttrice abbastanza coraggiosa da fare il grande passo, ho accettato.

Il libro mi ha davvero toccato per le domande che solleva, per il potere trasformativo dell'arte, per le domande che ci poniamo quando facciamo film. C'è sicuramente qualcosa di orgoglioso, megalomane e vanitoso nel pensare di poter trasformare il mondo facendo arte. A un certo punto del film, questo si trasforma in una sorta di fallimento, o comunque in un progetto fatale per Georges. E allo stesso tempo, il mondo si trasforma grazie a queste magnifiche sconfitte, che certamente non fermano le guerre, ma fanno luce sugli angoli bui della nostra umanità e smuovono alcune linee.

Il film racconta la collisione di epoche, mostra un'opera teatrale immaginata nell'antichità, ricreata nel 1945 e rappresentata nel 1982. E risuona terribilmente con l'attualità.
L'attualità ci raggiunge sempre, e questo era già il caso quando abbiamo girato il film due anni fa, e lo è ancora di più oggi. Il film è incentrato sul personaggio di Antigone, un personaggio immortale che sarà sempre contemporaneo. È una tragedia senza fine, con domande continue. Quando abbiamo girato il film, alla fine del 2022, c'era già una porosità tra il passato e il presente. Stavamo rappresentando una guerra che ha avuto luogo nel 1982, ma abbiamo dovuto usare pochissimi effetti speciali per trasmettere la natura storica della storia. Le cicatrici di quella guerra sono ancora lì. Il passato è ancora con noi. Per noi e per i libanesi. E oggi i razzi tornano a cadere sul Libano meridionale e gli ospedali vengono bombardati. Dal 7 ottobre, ho l'impressione di vedere le immagini del film in televisione.

La quarta parete è la porosità tra l'illusione teatrale e la realtà, la tragedia della guerra. Il personaggio di Georges sfonda la quarta parete. All'inizio è dalla parte della realtà e gradualmente si trasforma in Antigone. Entra nella tragedia per cecità, un po' come Edipo. Georges dovrebbe dire no, fermare questo progetto teatrale, arrendersi alla realtà. Ma come Antigone, rifiuta di mentire ed è pronto a morire per questo.

Il film sceglie di mostrare la paura piuttosto che il terrore.
L'intero film è incentrato sul modo in cui la guerra arriva a Georges, entra dentro di lui. La visita al campo di Sabra e Shatila è un punto di svolta. Da quel momento non riuscirà più a liberarsi della guerra. Il film non è un resoconto oggettivo della guerra in Libano, ma una condivisione del punto di vista soggettivo di Georges. Per Sorj, che ha visitato i campi come giornalista, scrivere il romanzo è stato un modo per liberarsi dalla guerra. Georges non trova questa via di fuga.

Qual è il cuore del film per lei?
È duplice. Mostrare la guerra per quello che è, qualcosa di orribile e corruttore, anche delle anime più pure. Per questo abbiamo accettato di girare scene quasi insopportabili, per non rendere la guerra uno spettacolo piacevole da guardare. Il film si interroga anche sul ruolo dell'arte di fronte alla guerra. L'arte ci permette di fare luce sul peggio della realtà.

(Tradotto dal francese)

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