Nadia Cortellessa • Programmatrice, NaNo Film Festival
“La questione resta scottante: come possiamo davvero adattarci ai bisogni delle nuove generazioni?”
- La programmatrice del festival napoletano è stata una delle partecipanti al workshop sulle “festival identity” organizzato al Festival di Ji.hlava
Al Ji.hlava International Documentary Film Festival, abbiamo intervistato Nadia Cortellessa, una delle programmatrici che ha partecipato al workshop sulla “festival identity” organizzato dal festival ceco il 29 ottobre. Cortellessa ha parlato del suo lavoro per il NaNo Film Festival di Napoli, i principali argomenti affrontati durante il workshop e le difficoltà di intercettare il pubblico più giovane.
Cineuropa: Come ha incominciato a lavorare per il NaNo Film Festival? Oltre all’organizzazione della rassegna, di quali altre attività vi occupate?
Nadia Cortellessa: Come tanti colleghi del nostro settore, ho iniziato studiando fotografia e cinema, ma ho scoperto cosa significa poter lavorare nell'industria cinematografica solo qualche anno più tardi. Dalla mia passione per la macchina da presa sono nate tante connessioni ed una delle più importanti è sicuramente la collaborazione nata con NaNo Film. Da collaboratrice saltuaria sono entrata pian piano all'interno di un piccolo team fatto di stacanovisti che sognano in grande e NaNo Film è diventata un "contenitore" di più realtà: da semplici filmmaker siamo diventati una casa di produzione, abbiamo dato vita al NaNo Film Festival e oggi ci occupiamo anche di formazione, podcast ed altri media digitali con NaNo Film+. NaNo Film Festival nasce da una provocazione: "Possiamo essere uno dei festival migliori sul territorio?". Non saprei dire se ci siamo già riusciti, ma ora che stiamo preparano la nostra sesta edizione sono convinta che il festival, nato come rassegna di cortometraggi, stia diventando sempre più internazionale. Oltre alle proiezioni dei corti selezionati, riserviamo una particolare attenzione ai lungometraggi documentari con dei Q&A dedicati con gli autori; organizziamo masterclass e tavole rotonde con esperti del settore cinematografico e festivaliero del panorama Italiano ed internazionale e, contemporaneamente, rendiamo lo spazio di NaNo Film Festival un luogo di interesse culturale con mostre, concerti, podcast dal vivo, slam poetry e presentazioni di libri.
Chi ha condotto il workshop? Quali sono stati i principali argomenti affrontati?
A Jihlava ho avuto l'occasione di partecipare al workshop sulla “festival identity” tenuto da Paul Rieth, un esperto di audience design. Il workshop è rivolto principalmente a noi programmatori e direttori artistici di festival internazionali. Attraverso diverse case study, abbiamo potuto riflettere sulle attività svolte durante i nostri eventi per analizzare i diversi segmenti di pubblico e capire come e chi coinvolgere nelle edizioni successive.
Durante il workshop abbiamo analizzato i punti di forza e le problematiche dei nostri festival uno ad uno, ponendo l'accento sin da subito su dei possibili aspetti da migliorare legati alla presenza e alla rappresentatività. Quasi tutti siamo stati d'accordo sulla difficoltà di coinvolgere il pubblico giovane della Generazione Z o ancor più giovane, in quanto la loro fruizione dei media cambia continuamente e in maniera rapidissima. Molti dei colleghi con cui mi sono confrontata reagiscono al problema dedicando delle attività a dei bambini di diverse fasce di età, per "abituare" anche le nuove generazioni a un certo tipo di prodotto audiovisivo. Ma la questione resta scottante: come possiamo davvero adattarci ai bisogni delle nuove generazioni? In che misura possiamo farlo senza snaturare le nostre identità in quanto festival di un determinato settore? Sfortunatamente il tempo destinato al workshop non è stato particolarmente a nostro favore poiché siamo riusciti ad entrare nel vivo della discussione a più di metà della sessione. In ogni caso, è stato stimolante concludere con un punto interrogativo, il quale a sua volta ha dato via ad altre riflessioni che sono continuate in privato o in sedi separate.
Che cosa ha imparato?
È difficile sintetizzare cosa io abbia davvero appreso da questo workshop. Come in altre situazioni, sono rimaste ancora tante domande per capire come ottimizzare gli sforzi per arrivare ad un certo tipo di pubblico, ma forse il punto è proprio questo. Credo che il senso della “festival identity” stia proprio nel confronto con gli altri: per un festival giovane come il nostro, imparare e prendere spunto da ciò che altri festival europei fanno già da anni è una grande opportunità. Credo che valga anche per realtà più storiche e consolidate. A volte, confrontarsi con festival agli inizi può offrire spunti o chiavi di lettura inedite.
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