Eric Lamhène e Rae Lyn Lee • Regista e sceneggiatrice-direttrice della fotografia di Hors d'haleine
“Se aiuterà a cambiare in meglio anche una sola vita, questo film avrà raggiunto il suo scopo”
- I due cineasti ci parlano di cosa c'è dietro il loro film, che segue il percorso di una donna vittima di violenza domestica mentre tenta di rifarsi una vita

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intervista: Eric Lamhène e Rae Lyn Lee
scheda film], una coproduzione lussemburghese-belga che segue il percorso di una donna in fuga dalla violenza domestica che cerca di trovare una nuova vita sotto la protezione di un rifugio per donne e la sua rete, ha vinto il Premio Cineuropa e il Premio Speciale della Giuria al Festival del cinema europeo di Lecce (leggi la news). Cineuropa ha parlato con lo sceneggiatore-regista Eric Lamhène e la sceneggiatrice-direttrice della fotografia Rae Lyn Lee della genesi del progetto e della loro collaborazione.
Cineuropa: Cosa vi ha ispirato ad affrontare un argomento così delicato e come avete affrontato la rappresentazione delle sfumature del percorso di Emma con autenticità?
Eric Lamhène: In tutta franchezza, tutto è iniziato quando io e la mia partner creativa stavamo facendo ricerche per un film completamente diverso che stavamo scrivendo, con un personaggio che aveva subito violenza domestica nel suo passato. Come molte persone che non sapevano molto sull'argomento, oltre a ciò che già si era visto al cinema e in televisione, avevamo un'idea preconcetta di cosa fosse la violenza domestica e che le case d’accoglienza fossero un oscuro e triste nascondiglio per donne picchiate. Ci è stato gentilmente concesso l'accesso a uno di questi rifugi e, mentre ci veniva mostrato, abbiamo scoperto un mondo completamente diverso. Il rifugio era un luogo pieno di donne e bambini provenienti da molti paesi, etnie diverse, giovani e anziani. C'era così tanta vita, amore e forza in questa casa e, man mano che approfondivamo, realizzavamo che questa era una storia che doveva essere raccontata.
Non c'è molto che si possa fare in fase di scrittura per creare il progetto o una guida per il viaggio di Emma. La magnifica Carla Juri ha dato molto a questo ruolo. Ci sono state molte discussioni profonde sulla rappresentazione di Emma. Carla e io ci siamo confrontati spesso, e insieme a Rae Lyn, che era anche la direttrice della fotografia del film, abbiamo creato uno spazio sicuro per gli attori e abbiamo dato loro la libertà di portare le loro interpretazioni al di là di ciò che era scritto sulla pagina. È stato un mix di fiducia reciproca, flessibilità, onestà e profonda empatia per quello che stavamo facendo che, credo, ci ha permesso di trovare le sfumature.
In che modo la collaborazione con Rae Lyn Lee ha plasmato la narrazione?
E.L.: Collaboriamo da quando ci siamo incontrati alla London Film School più di dieci anni fa. Nel corso degli anni, ci siamo resi conto di avere competenze e sensibilità molto complementari quando si tratta di film e di cinema. E poi c'è la fiducia. Avendo scritto questo film insieme, abbiamo messo in discussione le reciproche prospettive e ciò che significa essere un uomo o una donna in questo mondo. Le sue esperienze personali di violenza hanno influenzato la scrittura dei personaggi. È importante dire che non si trattava di una discussione binaria tra uomo e donna. Ma piuttosto una profonda esplorazione emotiva e psicologica di come viviamo il mondo. Insieme al fatto che eravamo entrambi presenti quando abbiamo parlato con le molte donne che hanno gentilmente condiviso con noi le loro storie personali, abbiamo lavorato attentamente per mettere insieme i fili e scrivere una narrazione che fosse empatica e fedele alle esperienze delle donne. Nel film c'è un delicato gioco tra la narrazione maschile e quella femminile, ma è chiaro che questo è il viaggio di Emma, quindi lo vediamo attraverso i suoi occhi.
Il linguaggio visivo in una storia come questa è fondamentale per catturare sia il trauma che la resilienza. Come avete usato la fotografia per riflettere la trasformazione di Emma, dalla sua reticenza iniziale alla sua definitiva emancipazione?
Rae Lyn Lee: Questo film è sempre stato incentrato sull'esperienza del viaggio di Emma, quindi la fotografia è stata molto organica. Siamo spesso molto vicini ai personaggi, soprattutto a Emma, tanto da poterne sentire il respiro. Quasi tutte le inquadrature sono a mano e io e il primo assistente abbiamo lavorato a volte con uno stile quasi documentaristico, per cui a volte guardavamo e reagivamo agli attori in modo spontaneo. E quando eravamo statici, cercavamo di ottenere una poesia visiva, per trasmettere emozioni e narrazioni che non erano presenti nei dialoghi. Alcune emozioni profonde non potevano essere raccontate, ma solo percepite sottilmente con l'immagine. L'illuminazione fa da contrappunto all'oscurità e al dolore dell'esperienza di Emma. In questo film, dove c'è il buio, abbiamo la luce. È una sottile dichiarazione di forza, che segue Emma per tutto il film.
Qual è stato il vostro approccio alla creazione del linguaggio visivo della storia e come si è intrecciato con la regia di Eric?
R.L.L.: Il nostro approccio al linguaggio visivo del film si è basato su empatia, verità e rispetto. Fin dall'inizio, Eric e io ci siamo impegnati a garantire che né la macchina da presa né il suono giudicassero o sfruttassero i soggetti della storia. Abbiamo collaborato a stretto contatto con tutti i reparti visivi e tecnici per creare con cura il mondo del film. Ogni elemento – oggetti di scena, costumi, capelli, trucco e illuminazione – è stato progettato con cura per creare i colori, i toni e le texture giusti. Molti degli oggetti che si vedono nel rifugio sono stati presi in prestito da rifugi reali in Lussemburgo, portando con sé una storia e una vita propria.
Questi dettagli autentici sono diventati la tela che gli attori hanno abitato, arricchendo la narrazione. Allineando personaggi, spazi e oggetti all'interno dell'inquadratura, siamo riusciti a trasmettere una narrazione più profonda attraverso un'unica inquadratura, dove anche una texture o un oggetto potevano avere un significato. Questo approccio collaborativo ha reso il nostro lavoro di regista e direttrice della fotografia molto più semplice e ci ha permesso di creare un film più stratificato e risonante.
Hors d’haleine esplora i temi della solidarietà e della guarigione all'interno di una casa d’accoglienza per donne. Quale messaggio speravate di trasmettere sul potere della comunità e della resilienza, e in che modo ritenete che il film risuoni con le attuali questioni sociali relative alla violenza domestica?
E.L.: Purtroppo, i diritti delle donne e le questioni relative alla violenza domestica continuano ad affrontare sfide significative in tutto il mondo. Nonostante i progressi compiuti in alcune aree, barriere sistemiche come le strutture patriarcali e la politica spesso ostacolano un cambiamento importante. Si perpetrano dinamiche di potere dannose, che normalizzano il controllo e la violenza contro le donne, emarginando la loro voce. Allo stesso tempo, le agende politiche spesso mettono in secondo piano i diritti delle donne, dando loro una priorità minore o minando attivamente la legislazione progettata per proteggere e conferire potere alle donne.
R.L.L.: Tutto ciò è aggravato dallo stigma sociale, dalla mancanza di risorse e da un'insufficiente educazione all'uguaglianza di genere, creando un circolo vizioso che intrappola le sopravvissute alla violenza domestica e ritarda la lotta per la parità di diritti. Affrontare questi problemi richiede uno sforzo collettivo – sia a livello governativo/legislativo che di base – e un'incessante azione di sensibilizzazione per educare e sfidare i sistemi che sostengono l'ingiustizia. Fondamentalmente, se anche una sola persona guardando questo film si renderà conto di trovarsi in una situazione di violenza – soprattutto quando è difficile riconoscere la violenza psicologica o sessuale nel momento stesso in cui si verifica – o se aiuterà a cambiare in meglio anche una sola vita, allora questo film avrà raggiunto il suo scopo. Con Hors d’haleine, il nostro messaggio è semplice: vi vediamo e non siete sole.
(Tradotto dall'inglese)
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