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TORINOFILMLAB 2024

Alec Von Bargen • Head of Studies, TFL Comedy Lab

“L’attore, se è generoso, si appropria in modo così forte del personaggio che tu come scrittore scopri delle cose che non avevi nemmeno visto”

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- Il responsabile del nuovo programma del TorinoFilmLab dedicato allo sviluppo di commedie ci spiega come funziona e ci parla dei quattro progetti sviluppati quest’anno

Alec Von Bargen • Head of Studies, TFL Comedy Lab

Quest’anno, una ventata di freschezza ha soffiato sul 17mo Meeting Event del TorinoFilmLab con i pitch, a cui hanno partecipato anche quattro performer, dei quattro progetti selezionati per il nuovissimo programma ComedyLab, dedicato allo sviluppo di commedie. Ne abbiamo parlato con il suo Head of Studies, Alec Von Bargen, attore, regista, scrittore e produttore dalla risata contagiosa.

Cineuropa: ComedyLab è il primo laboratorio di questo tipo in Europa. Come è sbarcato al TFL?
Alec Von Bargen:
ComedyLab è nato da un bisogno evidente già da tempo. In Inghilterra, Stati Uniti, Australia lavorare sulla commedia come genere a sé è considerato fondamentale e logico, la commedia deve avere il suo luogo. TFL aveva già provato a inserire alcuni progetti di commedia nei suoi laboratori, ma alla fine la commedia è un qualcosa di così complesso che ogni progetto deve essere lavorato su misura. C’è questa idea globale che la commedia non varchi i confini di un paese: non è vero. Bisogna lavorare sull’universalità dell’emotività dei personaggi, della struttura. Così l’anno scorso abbiamo deciso che era ora di presentare un lab esclusivo per lo sviluppo di progetti di commedia di diversi tipi, dalla più leggera alla commedia intellettuale. Dopo quattro anni dei più difficili a livello mondiale, era il momento perfetto.

La particolarità di questo lab è la collaborazione con un gruppo di performer.
C’era bisogno di creare una cosa completamente diversa. Io ho cominciato la mia carriera come attore e conosco il mondo della performance, so cosa ti può dare un attore, se è generoso e studia: si appropria in modo così forte del personaggio che tu come scrittore scopri delle cose che non avevi nemmeno visto. L’idea di portare gli attori era per alleggerire tutto il processo ma anche per mettere davanti ai filmmaker la verità di quello che stavano scrivendo, attraverso esercizi di improvvisazione e recitazione. Così il regista ha veramente la possibilità di sentire il battito del cuore del personaggio, mentre seduto a un tavolo con qualcun altro te lo puoi solo immaginare. Il ritmo con cui si sviluppano le cose qui è diverso rispetto ad altri workshop che conosciamo: è più frenetico, con più possibilità di cambiare cose all’istante. I quattro progetti hanno lavorato sia insieme che individualmente, è stato un lavoro collettivo dove tutti facevamo tutto per poter spingere la creatività del regista fino al prodotto finale.

Come avete selezionato i progetti?
Anche la selezione l’abbiamo fatta tutti insieme. Volevamo quattro tipi di commedia diversi, che fossero una sfida sia per loro che per noi. Dalla più leggera e universale, Honeyjoon di Lilian T. Mehrel, in cui una madre e una figlia vanno su un’isola per ricordare il marito/padre morto da poco e si innesca tutta una dinamica tra loro due che non si sopportano. Dopo il pitch che abbiamo preparato insieme, la regista ha ricevuto il grant di un milione di dollari dal Tribeca e sta già girando nelle Azzorre: già un ottimo risultato, direi. Poi c’è la commedia egiziana Bootleg di Reem Morsi, molto più inaspettata, che parla di insoddisfazione sessuale delle donne nella cultura della protagonista, la quale decide di importare illegalmente sex toys al Cairo e cominciare a venderli sotto banco per far scoprire alle donne del luogo cos’è la soddisfazione: un film super comico e allo stesso tempo profondo e politico. C’è poi una commedia italiana super fine con una voce molto particolare, The Last Queen di Stefano La Rosa e Luca Ranucci, una bellissima storia di una donna che ha messo da parte tutti i suoi sogni per dedicarsi alla famiglia. Un giorno, a una festa del popolo, una vecchia contessa che vive su un’isoletta di Venezia la vede e le dice: tu sei la reincarnazione di Maria Antonietta. La donna decide di diventarlo davvero e va vivere con la contessa su questa isoletta, dandosi il permesso di sognare: una commedia molto profonda in cui sorridi tutto il tempo, e in cui c’è un delicato studio del personaggio. Infine una commedia ucraina, Midlife di Oleksil Sobolev, su un uomo che vorrebbe uscire dall’Ucraina per andare a trovare suo figlio e tutti gli ostacoli che incontra, una commedia “slava” complessa ma raccontata in modo molto umano.

Quanto si ride in un laboratorio come il ComedyLab?
Abbiamo riso come i matti, ma la commedia è una cosa molto seria e ti rendi subito conto che fare una commedia bella non è un gioco, perché quello che a me fa ridere per qualcun altro può essere offensivo. La cosa bella di questo workshop è che veniamo tutti da parti diverse del mondo, lavori al tuo progetto con un pubblico internazionale che immediatamente reagisce alla battuta che tiri fuori, capisci subito cosa funziona e cosa no. Puoi aggiustare qualcosa, ma resta quello che sentono gli autori: il progetto alla fine è il loro. Il successo di questo workshop era arrivare alla fine dei dieci mesi con i registi soddisfatti di quello che avevano fatto, con progetti validi da presentare all’industria e che rispecchiassero quello che vogliono loro, non quello che fa ridere gli esperti. E ci siamo riusciti. La prossima call per ComedyLab è aperta fino al 13 dicembre.

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