Jean-Claude Barny, Alexandre Bouyer • Regista e attore di Fanon
“L'aspetto interessante per noi è riportarlo nel mondo dei vivi e non in quello di un'icona postuma”
di Olivia Popp
- Il regista e l'attore parlano di come hanno realizzato il loro ritratto dell'intellettuale martinicano Frantz Fanon e di come si sono collegati ad altre persone che risuonano con la sua storia

Il regista Jean-Claude Barny e il protagonista Alexandre Bouyer affrontano nel nuovo film di Barny, Fanon [+leggi anche:
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scheda film], la vita audace e rivoluzionaria - in più di un senso - dello scrittore, intellettuale, psichiatra e attivista anticoloniale Frantz Fanon. Cineuropa ha incontrato entrambi al 21mo Festival di Marrakech per parlare del film, presentato in anteprima mondiale nell'ambito delle Special Screenings. Durante la conversazione, Barny ha anche condiviso con orgoglio l’opinione sul film inviatagli dalla regista statunitense Ava Duvernay , che ha lodato il regista per aver "catturato lo spirito, le complessità e il fuoco incrollabile che hanno plasmato il viaggio" di Fanon.
Cineuropa: Il materiale audiovisivo su Frantz Fanon è piuttosto limitato. Senza tanti riferimenti, come ha coltivato il personaggio in scrittura e poi nella sua rappresentazione?
Jean-Claude Barny: Per me Fanon è stato colui che mi ha permesso di avere una visione diversa su come integrare i personaggi di origine africana nel cinema in generale, e di costruire personaggi totalmente sinceri, autentici e privi di qualsiasi servitù nei confronti dell'industria. Avevamo l'impressione di creare qualcuno che avesse un forte senso di umanità e che fosse riconoscibile come una persona con una sorta di totale autenticità. È un personaggio fuori dall'ordinario e al di sopra dell'ordinario. Ma non possiamo trasformarlo in un'icona intoccabile, un'icona fuori dalla realtà. Per noi era interessante riportarlo nel mondo dei vivi e non in quello di un'icona postuma. Abbiamo dovuto prima renderlo tangibile, reale. Abbiamo dovuto costruire e decostruire. Abbiamo dovuto costruire un essere umano, e questo essere umano ha un destino straordinario.
Alexandre Bouyer: Il primo lavoro per me è stato quello di leggere tutti i suoi libri. Ho dovuto creare tutto, come il modo in cui parla, il modo in cui si muove, il modo in cui il suo viso si muove, il modo in discute, il modo in cui cammina. Ho usato tre foto che ho trovato su internet perché non ho trovato nessun video o audio di lui. In realtà ho trovato un pezzo di audio, ma non volevo copiare la sua voce. Volevo davvero creare e portare qualcosa di me in questo personaggio. Poi c'è stato l'aspetto fisico. Per il ruolo ho perso circa 12 chili in un mese. Dormivo e pensavo a Fanon, mangiavo e pensavo a Fanon, camminavo e pensavo a Fanon. Quando abbiamo iniziato le riprese, ho chiesto alla troupe di non chiamarmi Alexandre, ma di chiamarmi Frantz o Fanon per due settimane, in modo da essere sicuro di rimanere nel personaggio.
Com’è stato il suo stile di lavoro?
A.B.: Mi sono trovato molto a mio agio grazie a Jean-Claude, che si è fidato di me e mi ha fatto fare tutto quello che volevo. Dovete capire che ha lavorato molto duramente per questo film. Voleva fare questo film da dieci anni. Non poteva permettere a nessuno di toccare il suo lavoro, e capisco perché. Vuole che la gente capisca quello che voleva fare; vuole che la gente capisca chi era Fanon. Io sono il primo di cui si poteva fidare per questo film. Sapeva che lavoravo sodo e questo per me era tutto.
J.C.B.: È vero. Faccio un cinema che è molto personale per me e, prima di incontrare Alexandre, ho sempre cercato di controllare tutto. Alexandre è stata la prima persona a cui ho demandato una responsabilità. Gli ho dato la responsabilità di portare il film dove pensava di poterlo portare. Gli ho detto: "Ora sta a te portare Fanon sulle tue spalle". È l'unico che può e far aderire le persone alle tesi e ai principi di Frantz. Per questo l'ho lasciato solo con Fanon.
Il film si apre con una scena molto particolare in cui un giovane Fanon viene morso ferocemente da un granchio. Può spiegarci meglio?
J.C.B.: È un modo per spiegare agli spettatori che stiamo per offrire loro un progetto in cui c'è un universo completamente "diverso". Se si propone una prima immagine che si svolge in una città come New York, una megalopoli, è comodo perché conosciamo quell'ambiente. Ma se si invia lo spettatore a una prima immagine in cui si inscena una situazione che non conosce, dirà: "Devo prestare attenzione a tutto ciò che vedo".
(Tradotto dall'inglese)
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