Hélène Cattet & Bruno Forzani • Registi di Reflet dans un diamant mort
“Abbiamo pensato alla storia come a un diamante, costruendola con diverse sfaccettature”
- Incontro con il duo di registi ispirato a proposito del loro ultimo film, una rivisitazione frenetica e psichedelica del mito dell'eroe

Il duo registico composto da Hélène Cattet e Bruno Forzani è tornato con Reflection in a Dead Diamond [+leggi anche:
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intervista: Hélène Cattet & Bruno Forz…
scheda film], una rilettura frenetica e psichedelica del mito dell'Eroe, presentato in concorso alla Berlinale e ora al Luxembourg City Film Festival.
Cineuropa: Il film ci vede viaggiare indietro nel tempo attraverso i ricordi di un uomo anziano, la cui memoria però lo sta abbandonando. È tutt'altro che un'esperienza lineare.
Bruno Forzani: Abbiamo approcciato la storia come se fosse un diamante, donandole diversi livelli tematici e narrativi. Quando guardi un diamante, vedi che ha molteplici sfaccettature. Volevamo che il film fosse lo stesso, che le persone potessero vederlo in modi diversi.
Hélène Cattet: Ci siamo rivolti anche all'op art, che è l'arte dell'illusione ottica, e questa è stata l'ispirazione dietro la scenografia e i costumi.
È un'estetica frammentata, come la memoria di quest'uomo anziano che sta cercando di rimettere insieme i pezzi del puzzle?
H.C.: È esattamente così, la memoria frammentata del protagonista, che si perde nei ricordi mentre la sua vita gli scorre davanti agli occhi.
B.F.: Mentre preparavamo il film, abbiamo visto The Father [+leggi anche:
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intervista: Florian Zeller
scheda film] con Anthony Hopkins. Ci ha fatto riflettere sul nostro approccio, stranamente, anche se volevamo realizzare un film di intrattenimento, con scene d'azione e inseguimenti.
La storia del cinema ha sempre osservato gli aspetti fuori campo del film. Potreste parlarci dei vostri riferimenti cinematografici?
B.F.: Il nostro riferimento principale è stato il genere EuroSpy degli anni '60, le parodie in stile James Bond che sono state girate in Italia, Francia e Spagna. Volevamo mescolare quell'universo fortemente pop e psichedelico con Morte a Venezia di Visconti per vedere cosa sarebbe venuto fuori. C'è stato anche Viale del tramonto quando si trattava di giocare con il lato della mise en abîme, e i fumetti: i fumetti italiani come Diabolik che raffigurano i cattivi che in realtà sono gli eroi della storia. Ci è piaciuto molto il modo in cui le storie di James Bond e dei supereroi sono state rivisitate dalla cultura italiana. Siamo in una zona grigia dove non c'è battaglia tra il bene e il male, come si potrebbe trovare nei blockbuster americani. È tutto molto meno manicheo.
Il film mostra l'imminente morte del vostro eroe, ma anche dell'Eroe più in generale. C'è una sorta di canto del cigno.
B.F.: La storia parla di un eroe che non è riuscito a salvare il mondo e che si ritrova di fronte al risultato di tutte le missioni che ha svolto, che in realtà hanno contribuito alla distruzione del pianeta. Gli eroi in stile James Bond che ci hanno deliziato durante la nostra infanzia hanno fallito.
H.C.: Abbiamo bisogno di una nuova immagine per gli eroi, e anche per le eroine!
Il film offre un'esperienza viscerale, in cui corpi e materiali hanno un ruolo significativo.
H.C.: Abbiamo cercato di sviluppare il film in modo fisico, piuttosto che cerebrale, per fornire un'esperienza sensoriale. Il suono gioca un ruolo enorme. Abbiamo lavorato su ciascuno dei suoni in modo molto specifico con il nostro sound designer Dan Bruylant, in modo che potesse entrare dentro i corpi. Abbiamo girato senza suono dal vivo e lo abbiamo poi rielaborato con il nostro foley artist, Olivier Theys. L'illuminazione di Manu Dacosse, il montaggio di Bertrand Beets, la scenografia di Laurie Colson... tutto gioca un ruolo in questa esperienza sensoriale: i vestiti, le texture, la luce.
Qual è stata la cosa che più vi stava a cuore riguardo a questo progetto?
H.C.: Ci piace quando gli spettatori sono in grado di interagire con un film. Non guidiamo il pubblico con dialoghi esplicativi o diciamo loro cosa devono capire. Vogliamo che siano attivi. Non importa se faticano a trovare la loro strada attraverso il labirinto, vogliamo che si divertano a perdersi in esso e che il film continui a vivere nelle loro menti. Il nostro sogno è che il film abbia una lunga vita, non è un film per un consumo rapido.
B.F.: Per quanto mi riguarda è una dichiarazione d'amore per il cinema. Oggi ci riferiamo ai film come "content", contenuti: li guardiamo sui nostri portatili, e non è più la stessa esperienza di prima. Ciò che mi ha fatto venire voglia di fare il lavoro che facciamo è stato il cinema. Questo è il cuore pulsante di questo progetto.
(Tradotto dal francese)
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