email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Francia / Spagna

Jaime Rosales • Regista di Morlaix

“Il protagonista del film è lo spettatore”

di 

- Il cineasta catalano parla del suo ultimo lungometraggio, che ruota attorno a temi come il destino, la morte, la finzione cinematografica e le decisioni che cambiano per sempre la nostra esistenza

Jaime Rosales • Regista di Morlaix
(© Quim Vives)

Il nuovo film di Jaime Rosales, Morlaix [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jaime Rosales
scheda film
]
, presentato all'ultimo IFFR, arriva nelle sale spagnole venerdì 14 marzo con A Contracorriente Films. Ne abbiamo parlato con il regista catalano.

Cineuropa: Nel suo nuovo film, i giovani tornano a essere protagonisti, come nel suo lungometraggio precedente, Hermosa juventud [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jaime Rosales
scheda film
]
. Ha un interesse particolare per questa fase della vita?
Jaime Rosales:
Sì, è la fase in cui iniziamo a prendere le due decisioni più importanti della nostra vita: quale professione scegliere e con chi vogliamo formare una famiglia. È un momento di angoscia e incertezza, ma anche di grande intensità emotiva. È il momento in cui un numero infinito di possibilità prendono forma. Non è qualcosa che accade in un giorno, ci vogliono diversi anni. Va dai 18 ai 30 anni, ma inizia nell'ultimo anno di scuola.

In Morlaix utilizza vari formati e stili di fotografia. Qual era la sua intenzione?
Mentre riflettevo sulla struttura filmica, sull'estetica del film e sull'insieme di regole che regolavano ciò che mi sarei concesso o proibito di fare, ero indeciso tra due possibilità: il bianco e nero in 35 mm Cinemascope e il colore in 16 mm in formato Academy. Mi piacevano entrambi e un mese sceglievo l'uno e quello dopo l'altro. Alla fine, in un esercizio di libertà, ho optato per entrambe le cose. Poiché mi piacevano entrambi, sono riusciti entrambi a trovare il loro posto nel film.

Questo è il suo primo film interamente parlato in francese. Si è sentito a suo agio a lavorare nella lingua dei suoi vicini?
La lingua non è stato un problema, dato che ho studiato al Liceo Francese di Barcellona. Penso che se avessi girato in una lingua che non conoscevo, come ad esempio il giapponese, sarei comunque riuscito a comunicare. Il linguaggio del cinema è quello delle immagini, la lingua parlata non è un problema. La cultura di un paese e le sue sfumature sociologiche sono un’altra cosa. Se avessi voluto fare un film sociologico, con molta precisione socioculturale, avrei avuto problemi. Essendo più allegorico, metalinguistico e filosofico, non era tanto schiavo della precisione sociologica.

I giovani protagonisti riflettono sulla morte, tema che domina la narrazione. Il lutto è uno degli stati d'animo più dolorosi, quello che ci fa sentire più impotenti?
Penso che la morte sia il grande tabù della nostra epoca, così come lo è stato per un certo periodo il sesso per i nostri genitori o nonni. La morte è dolorosa, certo, ma è anche la bussola vitale che dà senso alla nostra vita. È proprio perché moriamo che la nostra vita acquista valore e intensità. Dobbiamo porre la morte al suo giusto posto, al centro della vita, affinché le nostre decisioni abbiano il significato che meritano.

Parla anche dei percorsi e delle decisioni che prendiamo nella vita. È nostalgia di ciò che avrebbe potuto essere?
Decidere significa ricevere i frutti della nostra decisione, ma anche perdere tutto il resto. È auspicabile prendere decisioni dopo una lunga meditazione e vari tentativi. Io stesso ho esitato molto prima di decidere per il cinema, ho provato a fare il dirigente d’azienda, ho provato con la pittura e il canto lirico... Lo stesso vale per la mia compagna: prima di sposarmi, ho avuto altre relazioni. Tutto questo fa parte dell'apprendimento della vita, come il personaggio di Hugo dice a Jean-Luc in Morlaix. Questo non mi rende nostalgico, perché ora che sono un regista e un padre, mi godo tutto ciò che la vita mi offre. Non penso a cosa sarebbe potuto essere, mi concentro su ciò che devo continuare a essere.

Il film mostra come ci riflettiamo nei film che vediamo. Il cinema è uno specchio di ciò che eravamo, siamo o avremmo potuto essere?
La finzione cinematografica, come ogni finzione, è allo stesso tempo uno specchio e un telescopio. La finzione rende la vita comprensibile. Abbiamo bisogno della finzione per capire cosa ci accade, per riflettere sulla nostra esistenza. Ciò avviene fin da quando i greci inventarono il teatro, o addirittura prima, fin dalle prime storie orali raccontate dai nostri antenati.

Morlaix è un film triste, vitalista o pieno di speranza?
Vorrei che fosse un lungometraggio allo stesso tempo emozionante e riflessivo.

Con quali aspettative lo spettatore dovrebbe (o non dovrebbe) andare a vederlo? Si tratta di un invito alla filosofia, a lasciarsi trasportare da ciò che propone, oppure ci sono altre intenzioni da parte sua? 
Il mio intento è quello di emozionare e stimolare l'intelligenza del pubblico. Il protagonista di questo film è lo spettatore.

(Tradotto dallo spagnolo)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy