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BIF&ST 2025

Silvio Soldini • Regista di Le assaggiatrici

“Questo tipo di violenza e di oppressione non appartiene al passato, lo stiamo vedendo ogni giorno, fa paura”

di 

- Abbiamo parlato con il regista del suo nuovo film, ispirato alla storia dell’ultima assaggiatrice di Hitler, e del fatto che potrebbe essere ambientato in un futuro prossimo

Silvio Soldini • Regista di Le assaggiatrici
(© Bif&st)

Tratto all’omonimo best-seller di Rosella Postorino, venduto in 46 paesi del mondo, il nuovo film di Silvio Soldini, Le assaggiatrici [+leggi anche:
recensione
intervista: Silvio Soldini
scheda film
]
, racconta la storia dell’ultima assaggiatrice di Hitler e delle altre giovani donne tedesche che, durante la guerra, per un anno dovettero testare che i cibi cucinati per il Führer non fossero avvelenati, rischiando di perdere la vita ogni giorno come in una roulette russa. Il film, che arriverà nella sale italiane il 27 marzo con Vision Distribution, ha aperto in anteprima mondiale la 16ma edizione del Bif&st - Bari International Film&Tv Festival, dove abbiamo incontrato il regista.

Cineuropa: “Questa è una grande storia che devi dipingere con un piccolo pennello”. È il suggerimento che le aveva dato la produttrice Antonella Viscardi, scomparsa di recente, a cui dedica il film. Come lo ha messo in pratica?
Silvio Soldini:
L'ho messo in pratica a mio modo, stando molto attento ai particolari, chiudendo il film il più possibile in un microcosmo, facendo sentire la guerra senza farla vedere e concentrandomi su queste donne e sulle loro reazioni, sulle loro emozioni, sui loro sentimenti, su tutto ciò che accade internamente e fra di loro. Questo film deve molto agli attori, il gruppo di giovani donne è stato fondamentale per dare corpo al cuore del film, che è il luogo dell’assaggio e il cortile dove devono aspettare; è lì che escono frammenti di vita da ognuna di loro.

Questo, che è il suo dodicesimo lungometraggio di finzione, è anche il suo primo film d’epoca. Come ha affrontato questa nuova sfida?
Avevo molto timore di fare un film in costume, perché ricreare un mondo che non hai vissuto è più problematico, più dispendioso e poi a volte, da spettatore, quando vedo un film in costume c’è qualcosa che mi suona un po’ falso, può essere la recitazione, qualche dialogo o il trucco che si vede troppo. Sono stato attento da questo punto di vista, volevo che il film fosse recepito come un film molto vero. Da un lato con una recitazione realistica, di modo che si potesse essere con i personaggi e capire le loro motivazioni, e dall’altro con una messa in scena rigorosa e inquadrature molto precise. Volevo far sentire la violenza nell'aria, il fatto di come queste donne fossero tenute quasi prigioniere in questo luogo a fare questo mestiere (perché venivano anche pagate), un mestiere a cui però non potevano dire di no.

Il racconto oscilla tra paura, istinto di sopravvivenza e sensualità.
Questo film parla di bisogni primari e di quelli secondari che sono imposti dalla società, dalla situazione, dalla cultura. In questo è centrale la storia d'amore tra Rosa e il tenente Ziegler, che nell'intimità viene chiamato Albert, come se si spogliasse del suo ruolo e diventasse di nuovo una persona giovane, che ha bisogno di amore tanto quanto lei, un qualcosa che non è previsto all’interno della gerarchia e della società nazista, la sensibilità è rinnegata in questo tipo di dittatura. Mi piaceva che loro due tornassero a essere due giovani che giocano e si rotolano mezzi nudi nel fieno, di nascosto da tutti. Anche il tema dell’amicizia è molto forte, soprattutto nell’ultima parte del film: l’amicizia tra Rosa ed Elfriede, che diventa voglia di proteggere qualcuno, cura dell’altro.

Oggi si guarda un film sulla Seconda guerra mondiale con occhi diversi rispetto a poco tempo fa, è un qualcosa che non sembra più così lontano, sepolto nel passato. Le assaggiatrici è stato già venduto in 50 paesi del mondo, quindi girerà molto. Cosa vorrebbe che il pubblico portasse con sé di questo film?
Io credo che la cosa importante è che un film ti lasci dentro qualcosa. Già questa è una vittoria, perché alcuni film non ti lasciano veramente niente. Credo che questo film abbia tante emozioni che possono diventare riflessioni sia rispetto a ciò che sta accadendo adesso a livello politico nel mondo, sia anche rispetto agli istinti, a che cosa farei io nelle loro condizioni, al tipo di complessità di cui ognuno di noi è fatto: magari non faresti mai una cosa del genere, poi ti capita che facendola ti senti vivo, come fa Rosa quando accetta di scendere, dopo che Ziegler è andato tre volte davanti alla sua finestra, di notte. Ti chiedi perché lo faccia, ha paura ma è come se avesse bisogno di ascoltare le sue emozioni. Quando lo ha visto, Rosella Postorino mi ha detto che sembra un film distopico, soprattutto la prima parte. In effetti potrebbe essere ambientato in un'epoca non passata ma futura, purtroppo, per come sta andando il mondo. Basta cambiare il colore delle divise, i mezzi di locomozione che vengono utilizzati, il colore dei muri e qualcos’altro. E questo fa pensare: questo tipo di violenza e di oppressione non appartiene al passato, lo stiamo vedendo ogni giorno, fa paura.

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