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Italia

Francesco Giai Via • Head of Industry, Bellaria Film Festival

“In uno spazio come Bellaria vadano preparati dei panel che costituiscano davvero un momento di scambio di buone o cattive pratiche”

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- Il responsabile della sezione industry ci ha parlato della selezione dei progetti per (In)Emergenza, dell’atelier Itineranze Doc e del programma di panel di quest’anno

Francesco Giai Via • Head of Industry, Bellaria Film Festival

Abbiamo raggiunto telefonicamente Francesco Giai Via, Head of Industry del Bellaria Film Festival (BFF), in programma dal 7 all’11 maggio. Gli eventi industry della rassegna romagnola si terranno dall’8 al 10 maggio e vedranno la partecipazione di oltre 120 professionisti dell’audiovisivo italiano. Durante la nostra conversazione, Giai Via ha illustrato le principali novità di questa edizione.

Cineuropa: Potrebbe introdurre ai nostri lettori la mission di BFF Industry e l’iniziativa (In)Emergenza?
Francesco Giai Via:
Il BFF è storicamente legato al cosiddetto cinema indipendente italiano. La nozione di “indipendente” è diventata sempre più complessa e difficile da definire nel panorama della produzione odierna — mondiale, europea ed italiana. Detto ciò, siamo spinti dalla voglia, in qualche modo, di dare maggiore visibilità a quel cinema che negli anni si è identificato con il percorso di Bellaria, per creare uno spazio di scambio e opportunità. In questo compito è sicuramente fondamentale il sostegno di Cinecittà, che ha fatto da stimolo per la nascita di (In)Emergenza, il nostro programma a metà strada tra mentoring, work-in-progress e financing. Per (In)Emergenza, Cinecittà mette a disposizione un riconoscimento importante: una post-produzione completa del valore di €20.000 e un premio in denaro di €5.000.

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Noi abbiamo lanciato un bando e selezionato un gruppo di sei progetti che si trovano in quello stadio in cui sembra mancare poco al completamento — in realtà, non così poco, soprattutto se parliamo di produzioni indipendenti e non di autoproduzioni. Questi progetti sono molto diversi fra loro: tre lungometraggi documentari, due lungometraggi di finzione e un cortometraggio di finzione. C’è anche una bella diversità geografica e di “taglia” delle società: ad esempio, ci sono realtà più consolidate come Zalab, ma anche una società giovane e intraprendente lucana, coinvolta in un progetto di coproduzione minoritaria con la Polonia e che ha già partecipato a diversi lab in giro per l'Europa. Un elemento non scontato da evidenziare...

Quanti progetti avete ricevuto?
Direi poco più di una trentina, ma c’è un criterio stringente da rispettare: avere un budget sotto i €400.000. Si tratta di un aspetto sul quale occorre riflettere, specialmente per i film di finzione italiani che non siano improbabili autoproduzioni. Devono essere dei veri indie; vanno un po’ cercati con il lanternino, ma li abbiamo trovati...

Ospiterete anche Itineranze Doc.
Sì, ospiteremo il primo dei laboratori di sviluppo di Itineranze Doc, un’iniziativa che coinvolge un gruppo di festival fra cui anche Bellaria. Questa prima tappa segnerà l'inizio dei lavori di Itineranze e consisterà principalmente in una breve presentazione dei profili dei partecipanti.

Soffermandoci sui panel, quali sono gli argomenti principali che verranno affrontati?
Da partecipante a molti eventi industry, i panel che mi piacciono di più sono quelli da cui, al termine, porto a casa qualcosa: un’idea, uno stimolo, un’esperienza. Credo che in uno spazio come Bellaria vadano preparati dei panel che costituiscano davvero un momento di scambio di buone o cattive pratiche, in grado di affrontare temi che reputo centrali quando si pensa al cinema del nostro Paese e del futuro.

Una parola chiave è sicuramente “sviluppo,” una fase fragile ma determinante, spesso sottovalutata. Se ben strutturata, può incidere fortemente sulla riuscita di un film. Per il panel dedicato allo sviluppo abbiamo invitato i rappresentanti della Emilia-Romagna Film Commission e la Film Commission Torino-Piemonte, una delle prime realtà a investire sullo sviluppo grazie al Doc Fund, avviato quando Paolo Manera non era ancora direttore, e che ha sostenuto una generazione di documentaristi. Inoltre, ho invitato tre produttrici di una nuova generazione, competenti e consapevoli dell’importanza dello sviluppo per la riuscita dei progetti.

Un buon processo di sviluppo può davvero aiutare a far emergere storie forti e significative — e ci chiediamo spesso, infatti, quali sono quelle che dovremmo raccontare. Al panel dedicato alle storie parteciperanno Mauro Delpero, Valia Santella e Annamaria Granatello del Premio Solinas. Sono tre figure che, in modi diversi, hanno un ruolo attivo nel trovare, scrivere e sviluppare storie, per sé e per altri. Sono certo che sarà un incontro molto stimolante.

Un altro tema fondamentale riguarda il lavoro dei distributori e degli esercenti. Dopo fasi alterne in cui si è detto che il cinema era morto, poi ripartito alla grande, poi di nuovo in crisi, oggi forse stiamo trovando un nuovo equilibrio. È un movimento sinusoidale continuo. Per questo ho deciso di invitare persone che, secondo me, sono state protagoniste in positivo di questi processi, con casi concreti di storie di successo. L’obiettivo è confrontarsi per capire se questi elementi positivi possano diventare sistema e se si possano trasformare in una sorta di “formula”.

Il panel vedrà coinvolti nomi importanti come Gian Luca Farinelli, che racconterà l’esperienza del Modernissimo, e Andrea Occhipinti, che ha fatto ripartire la stagione con Wenders, Miyazaki ed alcune opere prime e seconde, cominciando a muoversi anche nella produzione. Ci sarà Anastasia Plazzotta di Wanted: con No Other Land [+leggi anche:
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trailer
intervista: Basel Adra, Yuval Abraham
scheda film
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ha dimostrato che anche un documentario può fare numeri importanti. Ci sarà anche Dario Bonazelli di I Wonder, tra i primi a comprendere l’importanza di un certo approccio al marketing. Insomma, si tratta di un menù ricco di figure che, messe insieme, possono davvero far emergere buone idee per il futuro.

Quali sono gli obiettivi di lungo termine della sezione industry? Ha intenzione di mantenerla in questo formato o prevede di espanderla?
Quest’anno sono riuscito a mettere in campo un programma come lo immaginavo io, ma anche come lo immaginavano le persone che sostengono il festival e le istituzioni che vi partecipano. Ho cercato di dare senso a ogni scelta, facendo un lavoro di razionalizzazione e semplificazione. L’obiettivo è proporre un numero equilibrato di contenuti, che richieda un giusto livello di attenzione e possa essere assorbito con facilità da chi partecipa.

Quanto alle possibili evoluzioni future, tutto dipenderà dalle scelte che verranno fatte dal festival e dagli enti che lo sostengono. Personalmente, penso che il programma di quest’anno sia in linea con l’identità attuale del BFF, che già si è aperto a una dimensione globale con la recente introduzione del concorso internazionale. Un tema interessante su cui riflettere in futuro sarà proprio l’internazionalizzazione, che però va gestita mantenendo un’identità chiara. Oggi tutti i festival hanno una sezione industry. Ma quelli dove vale la pena andare sono quelli dove c’è una dinamica precisa, progetti ben definiti, un’identità forte... Ecco, quest’anno credo che Bellaria abbia trovato una sua identità riconoscibile: è da qui che si può partire per costruire il futuro, al di là delle dimensioni.

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