Tarik Saleh • Regista di Eagles of the Republic
“Alcuni pensano che il mio film sia una satira, ma non lo è affatto, è un intero enorme sistema che nessuno ferma”
- CANNES 2025: Il regista svedese di origine egiziana racconta il suo avvincente film noir, terza parte della sua trilogia del Cairo

Presentato in concorso al 78mo Festival di Cannes, Eagles of the Republic [+leggi anche:
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scheda film] è il terzo capitolo della trilogia ambientata al Cairo di Tarik Saleh, dopo The Nile Hilton Incident [+leggi anche:
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scheda film] (Gran Premio della giuria al Sundance 2017) e La cospirazione del Cairo [+leggi anche:
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scheda film] (premio per la sceneggiatura a Cannes 2022). Nel corso di una roundtable, il regista svedese di origine egiziana ha ripercorso la genesi e la filosofia del suo film, che ruota attorno al personaggio di George Fahmy, una star del cinema nazionale coinvolta in un film controllato dallo Stato e che glorifica il presidente in carica, che George è chiamato a interpretare.
Questo personaggio è una vittima o un collaboratore? Secondo Tarik Saleh, "George rappresenta tutti noi. È un film su un uomo che si piega fino al punto di rompersi. Siamo tutti attori, recitiamo tutti un ruolo nella nostra vita e se qualcuno ci smaschera è molto doloroso e ci sentiamo esposti. Ma probabilmente farei la stessa cosa di George nel film. È quello con cui mi identifico di più, ma c'è anche il personaggio del dottor Mansour, che in realtà è il regista del film all'interno del film e l'adulto nella stanza, quello che a volte deve fare cose spiacevoli affinché le cose funzionino, per mantenere la stabilità. Il ruolo più crudele è quello del regista ufficiale, a cui non è permesso svolgere il suo lavoro senza impedimenti. Ho avuto il piacere e il dolore di lavorare a Los Angeles, dove i registi sono visti come tigri di carta e dove pochissimi di loro hanno lo stesso potere degli attori principali".
Riguardo alla ricostruzione del Cairo, il regista ha sottolineato che "la magia del cinema sta nel riuscire a replicare l'anima di un luogo particolare. Il Cairo è una città molto speciale; non la si può conquistare, è la città che ti spezza. Ma è un rito di passaggio per tutti gli artisti ambiziosi del Medio Oriente e del Nord Africa. Per catturare lo spirito del Cairo, ho girato due film a Istanbul, che è anch'essa il cuore di un impero, come Roma, Parigi e New York. L'ultima volta che sono andato in Egitto è stato nel 2015 e il film è una ricostruzione della mia realtà, non di quella egiziana. Ovviamente, sono in stretto contatto con molti egiziani e sono ossessionato dal tenermi aggiornato su ciò che accade nell'esercito e nell'industria cinematografica locale. La parata militare nel film, ad esempio, è una cosa reale. Non si tiene in pubblico dall'assassinio di Sadat nel 1981, ma è stata girata all'interno dell'Accademia militare, e ora io sono uno specialista in materia".
Per quanto riguarda l'immersione del suo film nell'industria cinematografica egiziana a livello di finzione, Tarik Saleh ci ha ricordato che il settore "ha un'eredità straordinaria. È stato creato da vere icone e ha alimentato i sogni e le speranze di un miliardo di spettatori. Ma quando al-Sisi è salito al potere, l'esercito si è intromesso e ha preso il controllo dell'intera economia, compresa l'industria cinematografica. Hanno prodotto principalmente una serie tv ad altissimo budget sull'ascesa al potere di al-Sisi. Quando l'ho vista, ho pensato che fosse assurda, ma mi sono chiesto come sarebbe stato lavorare a quella serie. Forse se avessi vissuto in Egitto, sarei stato costretto a lavorare a quella produzione. Ho iniziato a pensarci, ed è così che ho scritto la sceneggiatura. Alcuni pensano che il mio film sia una satira, ma in realtà non lo è. È un sistema enorme che nessuno ferma. Per fare un esempio, ho dovuto girare una parte del film in Egitto, e la reazione dei servizi di sicurezza nazionale quando vedranno il film non sarà quella di chiedersi come abbiamo fatto ma perché non sono stati pagati e chi alla fine è stato pagato. Questo è il problema di questo sistema, che pensa solo alla propria fetta di torta".
Riguardo a come questo terzo film concluda la sua trilogia del Cairo, e a proposito di cinema di genere, il regista ha spiegato che "i tre film sono collegati, ma si svolgono in ambiti diversi. Il primo e il terzo sono puri esempi di film noir, che considero la vetta più difficile da scalare, in generale, nel mondo del cinema di genere, mentre il secondo capitolo era un thriller di spionaggio. Eagles of the Republic è particolarmente puro nei suoi riferimenti al cinema noir, sulla falsariga di Viale del tramonto di Billy Wilder. Mi sono ispirato a quella tradizione di registi europei che avevano assistito agli orrori del fascismo nel Vecchio Continente e che poi emigrarono negli Stati Uniti per realizzare questi film. Potrebbero esserci anche elementi di Topaz di Alfred Hitchcock nel mio film. Ma non faccio film così direttamente referenziali come quelli che amo dei fratelli Coen, per esempio. E ora cambierò direzione per concentrarmi su personaggi ispiratori che cambiano le cose".
(Tradotto dal francese)
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