Giacomo Gatti • Regista di Livio Garzanti, il Gran Viziato. La morale nascosta di un editore formidabile
“Abbiamo ricostruito la storia di un genio narcisista che nascondeva una generosità smisurata”
- Il regista italiano allievo di Ermanno Olmi ci racconta come ha raccolto le ultime testimonianze sull’editore milanese che ha scoperto Pier Paolo Pasolini, al quale era legato da una profonda amicizia

Livio Garzanti fu l’editore milanese geniale e coltissimo che scoprì Pier Palo Pasolini, Carlo Emilio Gadda e Goffredo Parisi. Poco tempo prima di essere ucciso, nel novembre dl 1975, Pasolini incontrò Garzanti, che in seguito ricordò di quell’ultima serata il saluto finale, l’abbraccio strettissimo e silenzioso del poeta e regista. Garzanti aveva pubblicato vent’anni prima il suo romanzo di esordio, Ragazzi di vita. Con questo episodio si apre il documentario Livio Garzanti, il gran viziato, diretto da Giacomo Gatti, in cui Toni Servillo racconta i due universi, quello editoriale e quello privato, di un editore amato e temuto, di formidabile fiuto, un intellettuale che odiava la retorica. Il doc è stato presentato in anteprima al Biografilm di Bologna.
Cineuropa: Che idea si è fatto di quest’uomo nel preparare il documentario, incontrando le persone che lo hanno conosciuto e leggendo i documenti a disposizione?
Giacomo Gatti: Per me è stata una grandissima scoperta, perché era un uomo dalle molte facce, anche se ne mostrava solo alcune. Ma conoscevo già il finale di questa storia: il suo lascito. Durante la sua vita appariva come un principe, a volte capriccioso, che poteva decideva sulle sorti letterarie di un autore e non aveva remore nel trattar male le persone. Quando è morto nel 2015, ha lasciato 90 milioni di euro alla sua fondazione, la Vidad, per aiutare gli anziani soli, i malati di Alzheimer. Si scopre inoltre che in modo assolutamente segreto lui ha sostenuto per anni realtà come Emergency, che offre cure medico-chirurgiche alle vittime delle guerre; Libera, impegnata contro le mafie, e il Naga, un'associazione di Milano che offre assistenza sociale e legale agli immigrati irregolari e rifugiati e si batte contro le discriminazioni. Parliamo degli anni Ottanta e Novanta. Sviluppando il doc cronologicamente, vedevo la civetteria, l’egoismo apparente e il suo narcisismo alla luce di questa attività parallela segreta rivolta agli ultimi della società.
Come avete organizzato il materiale a disposizione?
C’era tanto materiale di repertorio, arrivato al momento del montaggio, che 3D Produzione è riuscita a trovare in modo formidabile perché non facile da reperire. La mia ricerca invece è partita con la ricostruzione della storia della famiglia e dei principali avvenimenti, perché non esiste una biografia su Garzanti. L’ho fatto con l’aiuto del figlio di Garzanti, Eduardo. Siamo partiti da carteggi, interviste pubblicate su quotidiani. Questo lavoro ha permesso di creare una cronologia molto strutturata, e in questo percorso abbiamo scoperto che il padre di Livio, Aldo Garzanti, era riuscito a salvare dalla precarietà molti scrittori milanesi di religione ebraica che cercavano di sfuggire alle deportazioni e che lavoravano clandestinamente per lui sulle prime enciclopedie che poi saranno la base sulla quale Livio costruirà la sua architettura editoriale. Volevamo incontrare e intervistare tanta gente che lo ha conosciuto anche perché uno degli obiettivi era raccogliere le testimonianze degli ultimi sopravvissuti, cercando di creare un ricco archivio della memoria che rimarrà alla fondazione, oltre al film, e potrà essere materiale di studio.
Garzanti è stato accanto a Pasolini dopo l’accusa di oscenità rivolta al suo primo libro, Ragazzi di vita.
Pasolini da regista ha cambiato tanti produttori nella sua vita, subendo censure e problemi distributivi, ma Garzanti è stato l’unico editore delle sue opere letterarie, con l’eccezione degli ultimi mesi, quando sono subentrati stanchezza e contrasti. Ma senza dimenticare quell’abbraccio che abbiamo ricostruito e che faceva parte di una serie di suggestioni che avrei voluto inserire nel film. Erano quasi coetanei ma si sono dati del lei tutta la vita. In alcune interviste Garzanti ne dà una descrizione formidabile, credo che nessuno abbiamo mai analizzato Pasolini in modo così lucido e chiaro, da una parte con il riconoscimento di una magistrale capacità letteraria, e dall’altra mettendo a fuoco i suoi difetti, i suoi limiti, la sua umanità. Garzanti ha cercato di “alleggerire” e ripulire la prima versione di Ragazzi di vita e questo costò tantissimo a Pasolini. Garzanti lo difende a spada tratta nel processo che si conclude con l’assoluzione.
Come è stata l’esperienza di dirigere Toni Servillo come “narratore”?
Esperienza bellissima, senza nessuna riserva. Avrei voluto creare una maggiore immedesimazione tra Servillo e Garzanti – si somigliano molto tra l’altro – ma siamo andato più nella direzione di un docu-film. Siamo riusciti comunque ad avere questo grande attore, che è stato di una umanità, di una sensibilità e disponibilità che mi hanno colpito.
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