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LOCARNO 2025 Cineasti del presente

Margherita Spampinato • Regista di Gioia mia

“Il mio film esprime il bisogno che abbiamo di ascoltarci, stare insieme, essere connessi”

di 

- La regista italiana esordiente ci parla dell’incontro-scontro tra due generazioni nel suo film ambientato in Sicilia

Margherita Spampinato • Regista di Gioia mia
(© Locarno Film Festival/Ti-Press)

Un bambino vivace e iperconnesso passa l’estate in Sicilia con l’anziana e scorbutica zia che vive fuori dal tempo, in un mondo dominato da un senso magico della religione. Da questo scontro tra modernità e passato, tra ragione e religione, nascerà un legame profondo, espresso con ironia e stupore da Gioia mia [+leggi anche:
recensione
intervista: Margherita Spampinato
scheda film
]
, selezionato in Cineasti del Presente a Locarno, dove ha ricevuto il Pardo per la migliore interpretazione (Aurora Quattrocchi) e il Premio Speciale della Giuria CINÉ+ (leggi la notizia). Ne abbiamo parlato con la regista Margherita Spampinato.

Cineuropa: Gioia mia sembra attingere a situazioni vissute realmente. Come è nato?
Margherita Spampinato:
Il film è tutto ispirato ai miei ricordi d'infanzia. Ogni estate i miei mi mandavano in vacanza in Sicilia dalle mie due zie nubili e loro erano molto affettuose con me, a differenza della zia Gela del film. Venivo da una famiglia laica, senza regole, mia madre super femminista, mentre le mie zie mi portavano in chiesa, mi costringevano a fare il pisolino, c’era un gioco fatto di rituali nel quale io mi trasformavo e per me era bellissimo, unica bambina in mezzo a tutte queste donne, le miei zie e le amiche, che mi cucivano persino i vestiti a mano. Per me è un ricordo dolcissimo.

Perché ha deciso che il protagonista dovesse essere un maschio?
All’inizio era una bambina. Ma mi sembrava di perdere il potenziale comico che derivava dal confronto tra un bambino e queste donne anziane del sud. Il personaggio in realtà è stato creato partendo da mio figlio e i suoi amici, che mi fanno veramente morire dalle risate quando li ascolto parlare dell’amore, della religione e qualsiasi altro argomento. Mi piaceva l'idea di un bambino maschio così razionale che viene spedito in questo modo magico, dove le cose si “sentono”, gli spiriti esistono. Mi sembrava affascinante la formazione del bambino con queste donne che gli fanno scoprire un linguaggio magico. Ho giocato con queste credenze e simbologie legate alla morte, alla separazione e al lutto, che rappresentano il passato “segreto” della zia Gela e i timori del bambino per la separazione dalla sua tata.

Ha ottenuto una grande naturalezza sia da una veterana come Aurora Quattrocchi che dal piccolo Marco Fiore.
Aurora è meravigliosa, una grande attrice. Già in scrittura avevo in mente lei. Dopo averle mandato la sceneggiatura sono andata a casa sua e casualmente era proprio il giorno del suo compleanno e ho cenato con tutta la sua famiglia. Aurora è simpaticissima, è completamente diversa dal personaggio del film e alla prima lettura della sceneggiatura si è subito trasformata. Anche lei aveva avuto delle zie “zitelle”, era  subito evidente che lei conosceva perfettamente quel personaggio, ce l'aveva dentro. Riguardo a Marco Fiore, ho una lunga esperienza di casting e quando l’ho incontrato ho capito subito che Nico era lui. Il personaggio gli apparteneva e quando un bambino è portato per la recitazione entra all’improvviso in quel mondo magico delle “circostanze immaginarie” di cui parlava Sanford Meisner e ci si muove come se fosse reale.

Oltre a scriverlo e girarlo ha anche montato il film. Perché questa scelta?
Ho scritto la sceneggiatura da sola e ho montato io il film solo per una questione di budget. Amavo molto questo progetto, per cui mi sono avventurata. Sul set abbiamo usato la sceneggiatura come se fosse una bibbia, e al montaggio non ho avuto molte sorprese, ho tagliato giusto qualche scena di troppo. Ma il grande aiuto, sia in scrittura che al montaggio, l’ho avuto dal direttore della fotografia Claudio Cofrancesco, che è mio marito. Claudio ha girato più di 150 film, ha un’esperienza enorme. Ho avuto così la fortuna di avere la sua guida e quella di Gianluca Arcopinto, produttore geniale e con una enorme passione, che ha mostrato grande rispetto per il mio progetto. 

Il film è già stato venduto in alcuni territori, come Belgio, Olanda, Argentina, Brasile. Che tipo di pubblico si aspetta?
L’essenza del film è il bisogno che abbiamo di ascoltarci, di stare insieme, di essere connessi. È un concetto universale. A Locarno il pubblico, che non era solo italiano, si divertiva molto. Spero che venga colto anche il suo tocco ironico.   

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