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TORONTO 2025 Special Presentations

Alejandro Amenábar • Regista di El cautivo

“È il primo film, in una carriera trentennale, in cui affronto l'identità sessuale, in particolare l'omosessualità”

di 

- Il regista spagnolo discute alcuni aspetti della sua nuova megaproduzione, un dramma storico in cui offre una nuova immagine del celebre scrittore Miguel de Cervantes

Alejandro Amenábar • Regista di El cautivo
(© Lucia Faraig)

Il Festival di Toronto ospita, nella sezione Special Presentations, l'anteprima mondiale dell'attesissimo nuovo film di Alejandro Amenábar, un regista che trasforma in successo al botteghino quasi tutti i suoi progetti. L'ultimo, scritto da lui, si intitola El cautivo [+leggi anche:
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intervista: Alejandro Amenábar
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(Il prigioniero), è una coproduzione in costume tra Spagna e Italia, e racconta i mesi in cui un giovane Miguel de Cervantes fu prigioniero ad Algeri. Per questo motivo, e prima dell'uscita spagnola della pellicola il 12 settembre, con Buena Vista International, abbiamo parlato con il vincitore dell'Oscar al miglior film internazionale nel 2005 per Mare dentro [+leggi anche:
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Cineuropa: Siamo di fronte a uno dei suoi progetti che più la toccano personalmente?
Alejandro Amenábar:
Beh, è la storia di qualcuno che è entusiasta di raccontare storie. E che cerca la libertà a qualunque prezzo, e in particolare attraverso l'immaginazione. Se a questo aggiungi un conflitto con il suo orientamento sessuale, è difficile che questo progetto non finisse per catturarmi e perfino ossessionarmi.

La fantasia, la narrazione e i racconti (scritti, audiovisivi...) ci salvano dalla realtà?
Senz'altro, credo praticamente in tutte le culture e a tutti i livelli. Abbiamo bisogno di reinventare la realtà, a volte per darle un senso e capirci, altre semplicemente per sfuggire alla noia o completare le nostre vite. Il cinema mi ha catturato nell'adolescenza ed è diventato il mio compagno di viaggio. Sono un cineasta, ma sopra ogni cosa uno spettatore. Adoro che mi raccontino una bella storia.

Si sente a suo agio, a questo punto della sua carriera, a girare film in costume, con scenografie spettacolari e con molti figuranti?
A volte le storie ti portano a esplorare spazi piccoli come una bara o mastodontici come Roma di 2000 anni fa. Mi muovo con agio in progetti molto diversi, anche se è vero che ho esplorato parecchio il cinema storico. Cerco di non perdere mai la dimensione intima: la storia, con la minuscola, dei personaggi.

Il cinema può riscrivere la storia come la conoscevamo o invita a rileggerla?
Il cinema possiede un enorme potere divulgativo, amplia la nostra visione di cose che davamo per scontate, smuove le coscienze... e inoltre ha la capacità di farlo attraverso l'intrattenimento e la connessione emotiva. Cos'altro si può chiedere?

Secondo lei, El cautivo è un film carcerario, romantico o favolistico, o tutto insieme... e qualcosa in più?
È in quella congiunzione di temi e stili che mi è sembrato potessimo realizzare un film molto speciale. È anche il primo film, dopo trent'anni di carriera, in cui affronto l'identità sessuale, nello specifico l'omosessualità, sia attraverso qualche personaggio sia restituendo l'insolito omoerotismo che impregnava la città di Algeri nel XVI secolo. E tutto grazie a Cervantes, chi l'avrebbe mai detto?

Quanto c'è di realtà – basata su fatti veri – e di invenzione nella sua trama?
Una finzione è sempre questo, una finzione, e in quanto tale è costellata di licenze drammatiche. Anche nell'approccio a un documentario entrano in gioco la narrazione e il punto di vista. Detto ciò, credo che il film contenga molti più elementi reali o plausibili di quanto il pubblico possa immaginare, data l'esperienza così insolita che visse Cervantes. Come annunciamo nello slogan pubblicitario: "L'autore del Don Chisciotte ha lasciato una storia incredibile non raccontata: la sua".

Come si aspetta che reagisca il pubblico davanti alla nuova visione che il film offre di una figura sacra come quella di Miguel de Cervantes?
Francamente, spero che li emozioni scoprire, oltre a un grande narratore, un essere "umano", qualcuno empatico, coraggioso, con carisma, con una luce propria e con senso dell'umorismo, capace di sedurre il suo stesso carceriere. Credo fermamente che dovesse essere così il prigioniero che tentò di evadere dalla sua prigione quattro volte, riuscendo a coinvolgere molti dei suoi compagni, e che salvò la propria vita e quella di tutti loro.

Pensa che alcuni spettatori torneranno alla letteratura (e a leggere Don Chisciotte della Mancia di Cervantes) dopo la visione del suo film?
Non ho realizzato il film con questa intenzione. Come ho detto, ciò che mi ha catturato del progetto è stata la possibilità di esplorare la persona, più che il mito letterario. Ma se questo film servirà a far leggere più persone e ad avvicinarle alla sua opera, tanto meglio.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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