email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

VENEZIA 2025 Orizzonti

Laura Samani • Regista di Un anno di scuola

“Uomini e donne non parlano la stessa lingua”

di 

- VENEZIA 2025: La regista triestina ci parla del suo nuovo film, che racconta di una diciottenne svedese che si ritrova ad essere l'unica ragazza in una classe di soli maschi

Laura Samani • Regista di Un anno di scuola

Selezionato nel concorso della sezione Orizzonti all’82ma Mostra di Venezia, Un anno di scuola [+leggi anche:
recensione
intervista: Laura Samani
scheda film
]
di Laura Samani racconta di una diciottenne svedese, Fred (Stella Wendick) che arriva a Trieste nel 2007 per frequentare l’ultimo anno di un Istituto Tecnico e si ritrova ad essere l'unica ragazza in una classe di soli maschi. Il suo arrivo sconvolge in particolare un terzetto di compagni, mettendo a dura prova la loro amicizia. Samani aveva esordito con Piccolo corpo [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Laura Samani
scheda film
]
alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes nel 2021, ottenendo oltre 40 premi in tutto il mondo. Cineuropa l’ha incontrata in occasione di un round-table con la stampa italiana al Lido.

Nelle note di regia Laura Samani ha parlato di un aspetto autobiografico del film. “Più che autobiografica, la dinamica di questo racconto è metanarrativa”, sottolinea Samani. “Perché il film è tratto molto liberamente dal romano omonimo di Gianni Stuparich, che è ambientato al liceo Dante di Trieste, che io ho frequentato. Proprio tra quei banchi ho letto il libro quando avevo l’età dei protagonisti. Ho avuto occasione di rileggerlo durante il primo lockdown, perché ero a casa dei miei genitori e avevo i libri del liceo. Ho pensato: non abbiamo neanche finito di girare Piccolo corpo e ho già capito che voglio fare un altro film!”

Piccolo corpo e Un anno di scuola sono film molto diversi ma c’è un filo che li lega, quello dell’identificazione di una giovane donna, che trova la sua identità in una società difficile. Samani pensa di essere “ancora completamente dentro al processo e non mi sono ancora sufficientemente interrogata su questo. Dopo Piccolo corpo - un film molto importante per me ma che è stato molto doloroso realizzare - avevo bisogno di levità. Il modo migliore è stato lavorare con degli adolescenti, dei giovani uomini e una giovane donna, divertirci insieme, E probabilmente interrogandoci su cose che non avevano ancora trovato risposta su Piccolo corpo. C’è sicuramente solitudine in una parte del film e una domanda identitaria”.

Samani è riuscita a creare un’atmosfera di grande complicità e spontaneità tra i giovani attori protagonisti del film. “Mi piace lavorare con persone che mi piacciono. Sembra una tautologia ma tante volte si lavora con qualcuno che è bravo. A me interessa innanzitutto che siano persone a me affini. Con Davide Zurlo, il direttore di casting, e il suo assistente Alejandro Bonn, che poi è diventato l’acting coach dei ragazzi, abbiamo fatto in modo che diventassero fuori dal set una vera squadra. Loro sono veramente amici nella realtà, si spalleggiano a vicenda perché è il loro primo film. Abbiamo lavorato prima con il trio di ragazzi, avvicinandoci gradualmente al set e interrogandoci sui temi del film. La lettura della sceneggiatura c’è stata dopo. Stella è stata inserita dopo, quando il trio era già abbastanza compatto e anche per creare una memoria collettiva da portare sul set”.

Ci sono scelte diverse rispetto al libro da cui è tratto il film e anche dalla miniserie tv del 1977 girata da Franco Giraldi, a cominciare dall’ambientazione nel 2008 e dalla protagonista svedese, che crea una barriera linguistica. “è ambientato nel 2007 perché è l’anno in cui mi sono diplomata, quindi i miei 19 anni sono collocati in quel periodo. Poi con la co-sceneggiatrice Elisa Dondi ci siamo rese conto che si trattava dell’ultimo anno prima dell’arrivo dei social in Italia, l’ingresso della Slovenia in Schengen, quando avevamo dei sogni luminosi su un’Europa forse un po’ diversa da oggi. Nel racconto di Stuparich, la protagonista Edda è detta “la viennese”, ma la sua unica differenza consiste nel genere. E’ una donna che vuole studiare. Nel nostro film, abbiamo scelto una ragazza svedese innanzitutto perché c’è un fascino esotico nel dire ad un gruppo di maschi: sta arrivando la svedese. Riguardo alla lingua, direi che uomini e donne non parlano la stessa lingua e mettere in scena questa barriera è stato immediato, quasi banale. E poi nel film la lingua viene usata come recinto, come arma di potere sull'altro”.

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy