SAN SEBASTIAN 2025 New Directors
Emilie Thalund • Regista di Weightless
“Volevo davvero prendere sul serio questa ragazza e renderla una persona complessa come tutti noi”
- La regista danese ci parla del suo primo lungometraggio, una storia di formazione su una ragazza che trascorre la sua prima estate lontano da casa in un campo sanitario

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intervista: Emilie Thalund
scheda film] è un esordio notevole della regista danese Emile Thalund, un racconto in parte basato sulle sue esperienze che colpisce nel profondo e offre il bellissimo ritratto di una giovane donna che sta attraversando un periodo molto difficile. Cineuropa ha colto l’occasione per parlare con lei al Festival di San Sebastian, dove il film è in concorso nella sezione New Directors.
Cineuropa: Questo è il suo primo lungometraggio. Perché ha scelto di raccontare questa storia?
Emile Thalund: Ho sempre voluto concentrarmi su questa età, su cosa significhi essere una ragazza in un’età in cui si comincia a imbattersi nei giudizi che arrivano da ogni parte del mondo sul proprio aspetto e sul proprio comportamento. E anche se sono passati molti anni da quando avevo 15 anni, sento che è ancora un luogo a cui mi è molto facile accedere. La storia non è in alcun modo autobiografica, ma si basa su alcune delle mie esperienze e su quelle dei miei collaboratori.
Lei propone un ritratto straordinariamente complesso e profondo di un’adolescente. Era importante per lei non essere paternalista o semplicistica nello sviluppo di questo personaggio?
Parliamo molto delle ragazze o dei giovani in generale, di come sono e di come si comportano, e non sempre li prendiamo sul serio. Ma volevo davvero prendere sul serio questa giovane donna in ogni aspetto, farne una persona completa e non parlare solo del suo corpo o della sua età o del suo genere, ma renderla davvero una persona complessa, come lo siamo tutti.
Ha collocato questa giovane donna nell’ambientazione molto specifica di un campo di dimagrimento. In un’epoca in cui l’immagine corporea è così importante, i social network sembrano esercitare una fortissima pressione sul modo in cui percepiamo i nostri corpi, soprattutto sui giovani. Cosa l’ha spinta a esplorare questo tema?
Penso che per me sia sempre stato importante che la nostra protagonista avesse un corpo che non assomigliasse a quelli che si vedono di solito al cinema. Io stessa sono cresciuta con un corpo più grande, e anche mia sorella; interpreta la madre del personaggio principale ed è stata anche lei coinvolta creativamente nello sviluppo del film. Quando ci si trova in quell’età fragile, se ti dicono che sbagli o che dovresti sistemarti, questo può davvero lasciarti il segno. E volevo mostrare al mondo - perché il mondo in cui viviamo è molto grassofobico - che questa è una persona reale, che è molto più del suo corpo, che dovremmo rispettarlo, e che dovremmo onestamente lasciare che ognuno sia ciò che è. Soprattutto le adolescenti, che in questo senso subiscono una pressione enorme.
Quindi è sua sorella a interpretare la madre nella scena d’apertura, quando manda l’adolescente al campo. È un momento bellissimo che dice molto in pochissimo tempo. Che cosa può dirmi a riguardo?
Penso che sia molto conflittuale, perché una madre vuole sempre fare ciò che è meglio per sua figlia. Non credo che si nasca odiando se stessi, lo si impara dalla società. Probabilmente la mamma ha avuto a sua volta delle esperienze difficili e vuole proteggere sua figlia nel miglior modo possibile. E la società sente il bisogno di commentare. Forse la sua famiglia e i suoi amici hanno commentato. Quindi penso che la madre stia semplicemente facendo del suo meglio per aiutare la figlia. E credo che anche la figlia voglia andare, perché non si odiava all’inizio ma ora sta cominciando a capire che la società la vede come qualcosa che deve essere corretta.
Un altro aspetto meraviglioso del film è il modo in cui ritrae le molte relazioni complesse che Lea stringe al campo, soprattutto quella con Sasha, che ha i suoi alti e bassi ma risulta sempre reale e riconoscibile. Come ha sviluppato questo aspetto del film?
Credo che siano entrambe esseri umani complessi, perché lo siamo tutti. E siamo buoni, e siamo cattivi, e siamo ingiusti e diamo troppo di noi stessi... E entrambe lo mostrano in modi diversi. Penso che sia molto comune a quell’età non essere ancora abbastanza maturi per prendersi cura dell’amicizia, o non aver ancora davvero imparato a essere una buona amica perché si è così autocentrati da riuscire quasi solo a vedere se stessi, e quindi non ci si rende conto di quanto si possano ferire gli altri. E spesso - il che è triste nelle relazioni femminili a quell’età – questi conflitti coinvolgono un ragazzo o un uomo o qualcosa che ha fatto qualcun altro, che non ha nemmeno nulla a che fare con loro.
(Tradotto dall'inglese)
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