Andrea Segre • Regista di Berlinguer. La grande ambizione
"Non volevamo fare un film su Enrico Berlinguer, ma con Enrico Berlinguer"
- Il regista ci parla del suo film, che ripercorre l'innovativo progetto del politico italiano Enrico Berlinguer, principale esponente di un comunismo profondamente democratico

Esce questo mercoledì nelle sale cinematografiche francesi e belghe (rispettivamente con Nour Films e Brightfish), il nuovo film di Andrea Segre, Berlinguer. La grande ambizione [+leggi anche:
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intervista: Andrea Segre
scheda film], che ha riscosso un grande successo di pubblico in Italia e che ripercorre l'innovativo progetto del politico italiano Enrico Berlinguer, principale esponente di un comunismo profondamente democratico.
Cineuropa: Come spiegherebbe cosa rappresenta Enrico Berlinguer in Italia?
Andrea Segre: Fu un politico molto importante che lasciò un segno nella storia italiana, ma la cui memoria fu in qualche modo cancellata dopo gli attentati delle Brigate Rosse. Questo ci fornisce una chiave di lettura per comprendere il funzionamento della memoria storica e politica, in particolare per quanto riguarda la storia del comunismo in Italia, oggi associata al comunismo terrorista delle Brigate Rosse, a scapito del comunismo democratico di Berlinguer, che sognava una società socialista libera e democratica. Berlinguer era una personalità unica, segretario generale di un partito con due milioni di iscritti. Aveva un modo molto particolare di rivolgersi al popolo, senza usare slogan vistosi o enfasi calcolate per provocare emozioni, lontano dalle forme di demagogia politica a cui possiamo essere abituati. Credo che sia stato questo a costruire il rapporto molto forte tra lui e gli italiani. Nelle famiglie italiane lo ricordiamo; tutti abbiamo parenti più anziani che hanno una storia legata a Berlinguer da raccontare.
Le parole di Berlinguer sono al centro del film. Come avete scelto di usarle nel film?
Questa è stata una domanda molto importante per noi. È stato un gioco di equilibri per preservare la specificità del linguaggio di Berlinguer, trovando al contempo un ritmo forse più contemporaneo. Abbiamo selezionato e tagliato i suoi discorsi per rispettare il ritmo del cinema odierno. Ma tutte le parole sono sue; non abbiamo aggiunto nulla.
Le parole sono anche veicoli di ideologie. C'è la parola "eurocomunismo", ad esempio, che racchiude molti significati.
Nei suoi discorsi, Berlinguer dimostra una grande capacità di analisi; vede le trasformazioni e le tendenze della società con vera preveggenza, o chiaroveggenza. Ad esempio, quando parla del rapporto tra austerità e capitalismo, della necessità di limitare il consumismo per creare giustizia ed equilibrio economico. Lo stesso vale per la necessità di andare oltre la Guerra Fredda e raggiungere un mondo senza tensioni militari tra le grandi potenze. Questo lo rese un politico molto aperto rispetto ad altri leader comunisti dell'epoca, bloccati nel loro dogmatismo.
Per lui, le parole e il linguaggio sono anche uno strumento di dialogo. E il dialogo rappresenta anche la possibilità del compromesso, cosa che oggi risuona con particolare forza.
Aveva capito che la chiave della giustizia risiedeva nella capacità di trovare compromessi. Ma questo funziona solo se si ha un'idea chiara di ciò che si vuole dalla società. Se non si ha un ideale, il compromesso diventa semplicemente una tecnica per mantenere il potere. La storica proposta di compromesso che fece ad Aldo Moro è molto moderna in questo senso perché entra nella verità, nella sostanza profonda della democrazia, che è un lavoro quotidiano di confronto tra idee diverse per arrivare a proposte, a soluzioni utili al bene comune.
Come ha scelto il periodo della vita di Berlinguer da raccontare?
Abbiamo scelto di concentrarci sul periodo della sua vita che corrisponde alla Grande Ambizione, quando sembra che il senso della sua esistenza sia legato a un obiettivo collettivo. È molto interessante drammaturgicamente studiare le scelte che è portato a fare, nella sua vita personale e professionale, a volte nell'interesse del partito. È qualcosa che risuona fortemente ancora oggi, quando sembra quasi impossibile trovare un'ambizione collettiva in una società iper individualista. Credo che il grande successo del film in Italia sia legato anche a questo, al fatto che è anche un film sulla crisi della democrazia.
Quindi, questi archivi sono per lei come un linguaggio poetico che dà sostanza al racconto. E un altro modo per incarnare il racconto è, naturalmente, trovare l’attore giusto, Elio Germano.
Elio è stata la prima persona con cui ho parlato di ciò che volevo fare; ho sempre pensato che avrebbe potuto trovare un modo per entrare nei pensieri di Berlinguer, per incarnare la sua umanità. Quello che volevamo non era fare un film su Berlinguer, ma con Berlinguer. Sulla condizione umana in senso lato e sul fatto di avere una grande ambizione, un sogno collettivo. Non volevamo imitare, ma immergerci.
(Tradotto dal francese)
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