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DISTRIBUTORE DEL MESE

Anastasia Plazzotta • Distributrice, Wanted Cinema

“Vorremmo che il pubblico riconoscesse Wanted come un marchio di cinema che intrattiene ma lascia sempre uno spunto di riflessione”

di 

- La distributrice italiana ci ha parlato della storia e del presente della sua società, per la quale il cinema è uno strumento capace di scardinare pregiudizi e far emergere verità scomode

Anastasia Plazzotta • Distributrice, Wanted Cinema

Nella nostra intervista di dicembre per la rubrica Distributore del mese, siamo tornati in Italia per parlare con Anastasia Plazzotta, CEO di Wanted Cinema. Durante la nostra conversazione abbiamo affrontato l'impegno socio-politico che contraddistingue Wanted, le campagne di successo di Dreams [+leggi anche:
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e No Other Land [+leggi anche:
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e le più recenti tendenze di mercato.

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Cineuropa: Com’è nata la società e come si è evoluta la vostra mission?
Anastasia Plazzotta:
Wanted è nata nel 2014 con un obiettivo idealista di cui sono ancora fiera: portare in Italia un cinema capace di aumentare consapevolezza, scardinare pregiudizi e illuminare aree scomode della realtà. Il nome richiama qualcosa di curato ma anche borderline, perché vogliamo fare politica nel senso più ampio attraverso i film. Per non perderci, abbiamo persino stilato un manifesto: vorremmo che il pubblico riconoscesse Wanted come un marchio di cinema che intrattiene ma lascia sempre uno spunto di riflessione.

Su quali titoli avete lavorato quest'anno?
È stato un anno speciale. Sono appena tornata da una convention di Europa Distribution, dove abbiamo riflettuto su cosa significhi essere distributori: siamo treasure hunters, gamblers e dreamers perché dobbiamo sognare di cambiare un po’ le cose: e col cinema si può! Il 2025 è iniziato con l’Oscar a No Other Land e, poco prima, il Tiger Award a Fiume o morte! [+leggi anche:
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Tutti film “long runners”: crescono piano, ma con grande longevità. No Other Land, partito con 20–30 copie, ha superato il milione al box office, diventando il documentario più visto. È andato in onda il 15 novembre con oltre 780.000 spettatori in lingua originale e sottotitolato. Con Rai Play supereremo il milione. L’impatto è stato enorme: etico, politico, sociale. Poi l’Orso d’Oro con Dreams, acquisito molto prima dell’annuncio a Berlino. A Venezia abbiamo fatto un’acquisizione last minute e abbiamo vinto la Coppa Volpi con La grazia [+leggi anche:
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. Ora siamo in sala con Toni, mio padre [+leggi anche:
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Quanti titoli gestite l’anno?
Circa 20–22, mediamente un film di finzione e un documentario al mese.

E sullo sfruttamento?
Seguiamo tutto il percorso: sala, SVOD, TVOD e TV. Lavoriamo molto con MUBI, MyMovies e la Rai; con Sky meno rispetto al passato. Intercettare gli interessi delle piattaforme è sempre più complesso.

Com’è organizzato il team?
Siamo 13–14 persone tra dipendenti e consulenti, da sempre in smart working. Il marketing è a Milano, il ramo commerciale a Roma, l’amministrazione a Padova. Poi localizzazione, doppiaggi e il team del Wanted Club, la nostra sala. Siamo quasi tutte donne e molto giovani: io e un collega siamo i più “anziani”.

Quali segmenti di pubblico state ampliando?
Studiamo costantemente il pubblico, che oggi è molto cambiato. Vogliamo rischiare di più, portare film che sembrano non avere pubblico ma che potrebbero trovarla in forme nuove. Puntiamo a un pubblico più giovane, anche grazie a un team altrettanto giovane che influenza gusto e line-up. Spesso manteniamo i titoli originali: il pubblico globale li riconosce da festival ed ecosistemi come Letterboxd.

Una campagna recente di successo?
No Other Land è l’esempio più forte. Abbiamo seminato per un anno intero: eventi, festival, social, tag mirati, coinvolgimento di giornalisti, attori e associazioni. Quando siamo usciti a gennaio avevamo moltissimi eventi già pronti e la situazione politica rendeva il film ancora più urgente. Abbiamo realizzato vox populi, coinvolto ambassador, creato gadget, partecipato a manifestazioni, organizzato una proiezione al Senato e un grande evento a Milano. Poi l’evento con 28.000 studenti collegati da oltre 100 cinema tramite Unisona: potentissimo. Infine la messa in onda su Rai dopo un anno di sala e la finestra su MUBI. Siamo fieri anche della trilogia norvegese Sex, Love, Dreams: tre film in tre mesi, identità grafica unitaria, e buoni risultati in sala, su MUBI e presto in TV.

Festival e mercati: quanto contano?
Molto: soprattutto Berlino e Cannes, da cui proviene circa il 60% della nostra line-up. I festival aiutano a lanciare, ma solo se generano attenzione. I premi maggiori spostano il pubblico; quelli minori contano più per noi che per gli spettatori. Nei festival italiani dipende dalla copertura stampa: senza articoli, anche un premio importante non porta spettatori.

Rapporto con gli esercenti, in un settore instabile anche politicamente?
La relazione è cruciale, ma l’affollamento dei titoli complica tutto. I distributori legati a circuiti hanno un accesso più semplice; noi, indipendenti, dobbiamo convincere sala per sala. La vera difficoltà è la mancanza di pianificazione: scopriamo il lunedì quante sale avremo il giovedì, il che rende impossibile investire sul territorio. Servirebbe più autonomia alle sale e programmazione più prevedibile.

Spero molto nell’arrivo di Cineville in Italia: la card mensile che in Olanda, Belgio, Germania e Austria sta funzionando benissimo. È uno strumento potentissimo per riportare i giovani al cinema: rischiano di più e scoprono film arthouse che non avrebbero scelto pagando il singolo biglietto. Lo vedo con mia figlia in Olanda: va al cinema continuamente e scopre titoli straordinari.

 

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