Emmanuel Carrère • Sceneggiatore
"Non avere altre armi che le parole dei personaggi"
di Arnaud Longatte - La Gazette des Scénaristes
Emmanuel Carrère è scrittore, sceneggiatore di cinema e televisione. Dopo un documentario atipico, Retour à Kotelnitch, ha realizzato il suo primo film, La Moustache. E' l'autore del libro dal quale è tratto il film, cosceneggiatore e regista. Aveva già lavorato all'adattamento per il cinema dei propri romanzi, come con L'avversario, diretto da Nicole Garcia, e La Classe de neige, realizzato da Claude Miller.
Come mai realizzare un film da un suo romanzo?
Avevo girato il documentario Retour à Kotelnitch che aveva un lato singolare, non conoscevo il soggetto, l'ho costruito senza sapere dove sarei andato a parare. Abbiamo sempre saputo che avremmo scoperto il film al montaggio. La lavorazione è durata due anni, in economia e con poche persone. Un reportage mi aveva portato a fare un documentario e un documentario mi ha portato a fare un film. Non ho mai pensato a questo, fare un film mi sembrava davvero fuori dalla mia portata. Kotelnitch è un documento fedele al caso, al rischio. Ho adorato farlo e mi piace il risultato, questo mi ha dato la voglia di ricominciare. Mi è venuta voglia di fare una esperienza all'opposto, quindi un film di finzione.
Che difficoltà ha avuto nell'adattamento?
Trovare il modo di rendere alcune idee senza ricorrere a una voce. Sapere fino a che punto spingere, fino a quando le persone capiscono. Dirsi sempre: "cosa capirà lo spettatore?". E là, siamo andati a tentoni. A volte ci dicevamo: "bisogna essere più espliciti" e in altri momenti: "no, così diventiamo pesanti". Molti elementi ci sembravano indispensabili per far seguire con interesse la storia. Poi, al montaggio abbiamo capito che si poteva tagliare e che tutto funzionava meglio da un punto di vista emotivo e non razionale. In ogni passaggio del film ero ossessionato dalla scrittura oltre che dalle riprese, dall'idea che si sapesse cosa pensa un personaggio e cosa l'altro, soprattutto nella relazione di coppia che è al centro del film. Il mio lavoro con gli attori consisteva nel dire loro: "vi sentite così, tu pensi questo, lei quello". Credo che non avremmo potuto fare il film in economia.
Che differenza c'è tra il romanzo e il film che ha realizzato su di esso?
Il film parla di una coppia, mentre il romanzo racconta quel che capita a una persona davanti agli occhi della moglie. Il film è interessante per questo. I due attori non hanno la stessa presenza nel film. Vincent Lindon c'è in ogni scena, mentre Emmanuel Devos nei due terzi del film, ma nell'insieme hanno lo stesso peso, la stessa importanza, è davvero la storia di entrambi. E' questa la grande differenza con il libro. E anche se è forte la problematica della follia, di una crepa nella realtà, tutto questo serve a raccontare qualcosa della coppia. Cosa, non lo so esattamente, ma qualcosa. A veicolare le emozioni nel film sono i dialoghi della coppia, la confidenza, la distanza, la vicinanza. Un'altra piccola differenza: ho scritto il libro a circa trent'anni e il personaggio aveva più o meno quell'età. Nel film ne ha una quarantina. C'è anche un dettaglio, che ha la sua importanza: il libro è stato scritto quando ancora non esistevano i cellulari. Il personaggio però utilizza moltissimo il telefono. Abbiamo dovuto adattare il film al mondo di oggi e restando dell'idea di preservare le caratteristiche del personaggio. Abbiamo dovuto trovare delle soluzioni per girare delle scene al telefono e per creare una diversa intensità. E' molto stimolante questo tipo di costrizioni, soprattutto nel caso di registi debuttanti come me. La parola d'ordine per me, in termini di regia, è che trattandosi di una storia abbastanza contorta, bisognava raccontarla nella maniera più semplice e diretta possibile, mai scivolare nel fantastico e restare sempre coi piedi per terra. Non volevo fare un film alla Lynch o alla Cronenberg. Ma la storia è abbastanza viziosa da giustificare uno stile alla Sautet ad esempio. Il film è molto classico, non ci sono troppi movimenti di macchina e sono poche le inquadrature.
L'intervista completa con Emmanuel Carrère è stata pubblicata in francese su La Gazette des Scénaristes.