Thierry Spicher • Produttore
L’arte della co-produzione
di Françoise Deriaz, Mathieu Loewer
- Arrivato al cinema con Mon frère se marie, Thierry Spicher ha prodotto questo suo primo lungometraggio di fiction con la Francia, dove uscirà il 31 gennaio
Venuto dal teatro e dalla danza, Thierry Spicher ha fondato nel 2004 Box Productions con Elena Tatti. Desideroso di "mettere l’attore al centro del processo produttivo”, ha fatto le sue prime esperienze nella video-arte e il DVD con Le génie helvétique, documentario di Jean-Stéphane Bron. L’incontro con il regista lo ha spinto poi a produrre Mon frère se marie [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jean-Stéphane Bron
intervista: Thierry Spicher
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Come ha messo insieme i finanziamenti per questa co-produzione?
Thierry Spicher: Avevamo il 70 % dei finanziamenti assicurato, e volevamo restare produttori di maggioranza, e bisognava quindi trovare un co-produttore con un progetto poco rischioso come primo film, vendibile alle televisioni e con una sceneggiatura depositata al CNC (Centre National de la Cinématographie) che fosse "eurocompatibile". Il film era in sviluppo quando una serie di articoli sulla produzione sono comparsi sulla stampa francese. Allora abbiamo scritto a una decina di produttori che avevano detto cose interessanti sul tema. Philippe Martin di Films Pelléas ha detto ‘presente’. Mon frère se marie si adattava perfettamente a una casa che produce film d’autore e di attori. Penso in effetti che non bisognerebbe co-produrre sulla base della reciprocità tra i film, ma domandandosi qual è il miglior partner possibile per un progetto.
Cosa ha convinto Philippe Martin?
Prima di tutto il lavoro di Stéphane Bron, perché l’abbiamo contattato quando Le génie helvétique stava uscendo in Francia con una grande copertura della stampa e una enorme visibilità dopo la presentazione al Festival du Réel a Parigi. Successivamente, la sceneggiatura, il casting e senza dubbio il profilo atipico del nostro gruppo “autore-produttore”: la nostra giovane età, l’ingenuità dovuta alla nostra inesperienza ma anche la nostra abilità a imparare velocemente. Il vantaggio della Svizzera, è che i registi hanno l’abitudine di fare “bricolage” per costruire i loro budget, di trovare accordi con la televisione etc.
Perché non ha cercato altri co-produttori?
Con due paesi prioritari e un rivenditore internazionale (Films Distribution), non ne avevamo bisogno. Se avessimo cercato un partner belga, avremmo dovuto ridimensionare la co-produzione. Eravamo pronti e volevo che il budget— che alla fine è stato di 2.15 milioni di euro— fosse chiuso prima di iniziare a girare. Non sono un grande giocatore di poker. Attualmente, con la complessità della normativa sulla co-produzione sovvenzionata in Europa, non credo sia ancora lo stile vincente. Tutti i progetti comportano rischi, bisogna però sapere come prenderli.
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